Fatacarabina

Fatacarabina

venerdì 31 dicembre 2010

Questo post è senza link ma va ben lo stesso

Finisce un altro anno, quello in cui sono diventata un pochino splendida. Io avevo paura, lo ammetto, che tutto questo splendore in realtà fosse solo un enorme, comunque benefico, auto-pat pat.
E invece aveva ragione chi dello splendidume ha fatto un marchio di fabbrica. C'ha sempre ragione, ecco... Lo ammetto.
Anche io posso dire che lo splendore ora c'è, magari non si vede ma c'è perché sono io a sentirlo.
Finisce un anno di ricrescita, di passioni, di amori, di baci. E di abbracci, che sono stati tanti, perché come ha detto un ingegnere, tra blogger ci si tocca tanto e per mia fortuna, mi capita anche con i non blogger.
Finisce un anno in cui ho fatto un sacco di cose, davvero tante se ci penso. Alcune le sanno solo poche persone ma va bene così.
Finisce un  anno in cui ho ascoltato tanto, ho parlato poco, forse, ma ho agito.
D'istinto, spesso.
E ho tentato di non lasciar ammuffire il cuore in questa cassa toracica ampia.
Non mi è andata bene ma il fatto di aver tentato, giustifica questa sensazione di pienezza che non mi appesantisce lo stomaco.
Insomma, c'ho fame :) E spero di aver tanti banchetti a cui partecipare e facce contente di vedermi e sogni da rincorrere e mani da stringere e perché no, anche delle labbra da baciare.
Ai miei amici di sempre se devo far un augurio,  è quello di star sereni, guardarmi bene negli occhi, così magari imparano a convivere con questa persona che adesso conoscono poco.
Ai miei nuovi amici, dico che magari mi vedranno diversa ma sarà bello camminare assieme.
A quelli che amici invece non si sentono, ricordo che la mia porta è sempre aperta, sia in entrata che in uscita.




mercoledì 29 dicembre 2010

Oroscopi

Volevo ringraziare il signore, scusi non ricordo il nome, che su Radiodue, durante la trasmissione delle "brave ragazze" ha detto che noi leonesse avremo un 2011 fantastico. Saremo bellissime e la gente avrà voglia di baciarci, anche per strada.
Io non ci credo mica agli oroscopi, ma al pensiero di sconosciuti che mi fermano per baciarmi, ho sorriso tantissimo, mentre guidavo. Quindi grazie.

martedì 28 dicembre 2010

Carta

(foto presa da qui http://www.giladorigami.com/PG_Raccoons.html grazie a Ziomau)

Oggi ho voglia di essere tascabile, poter star dentro un taschino, caldo, magari con un dito che mi solletica ogni tanto la testa per sapere se ci sono e se sto bene, là al calduccio. E che non si preoccupa se non parlo o non faccio, perché magari sto solo pensando e va bene così.
Non mi sto manco a chiedere in quale taschino stare, una idea me l'ero fatta, ma io c'ho le idee che talvolta vanno a peripatetiche. E mentre aspetto che tornino dal viale, imparo a piegarmi bene, per ridurmi, non per modificarmi. Che sempre carta si è alla fine.

venerdì 24 dicembre 2010

Pensierosa

Questa festa ha senso, alla fine, solo se stai con le persone a cui vuoi bene e se non ci stai fisicamente, almeno ci sei col pensiero vicino a loro.
Quindi, io stanotte avrò tanti pensieri per la testa.

martedì 21 dicembre 2010

Sassolini

Io vivo in un posto che non è quella bomboniera perfetta che è Venezia ma che è la stessa città, solo in riva alla laguna. E da qui guardo al mondo che mi sta attorno. Si avvicina Natale e da qui, dalla mia finestra fronte tangenziale, lo so che non ho manco l'attenuante di dire che vivo nella perfezione di Venezia, per non accorgermi dei sassolini che mi porto dietro, nelle tasche e nelle scarpe.
Ho un bel lavoro, un buon stipendio, una casa (anche se la sto ancora pagando). Di che mi dovrei preoccupare?
Io guardo dalla finestra e lo so.
Sto diventando intollerante, sono stanca di occhi spenti, di sorrisi finti. Preferisco mi si mandi a fare in culo, piuttosto di circondarmi di finte attenzioni. E' Natale, io sono cattiva.
Lo so che i miei amici del bar a volte non si pagano manco lo stipendio perché a fine mese i conti son stretti; lo so che il mio migliore amico lavora un giorno sì e tre no e lo pagano  con fatture che sono sempre saldate oltre scadenza; lo so che a 45 anni senza un lavoro certo ci si sente un fallito. Lo so che  altri miei amici, felici genitori, han paura di non farcela. Non faccio i conti in tasca a nessuno, ma lo so.
Lo so che a Porto Marghera, ci sono operai che da giorni stanno a 150 metri d'altezza sulle torri del Petrolchimico, perché vogliono salvare la loro fabbrica. O meglio, siamo chiari, loro vogliono un lavoro. Sfornassero pane e non prodotti chimici, sarebbe uguale. A loro serve la certezza di un lavoro. E li capisco perché lavorare non solo nobilita ma garantisce dignità.
E senza lavoro, a 30 come a 45 anni, non hai dignità.
Nel posto dove vivo ci sono signore che vagano per strada, vestite benissimo, e chiedono un euro o una sigaretta ai passanti. Fino ad un anno fa non ce n'era nessuna in strada.
Nel posto dove vivo ci sono immigrati che partecipano alla vita della città, finanziano progetti, entrano nelle delegazioni di quartiere, ma poi a casa si chiedono chi sono loro, adesso. Né carne, né pesce, in una città che il più delle volte fa finta di non vederli.
Continuo a guardare fuori, da questo vetro, che si appanna, e lo sento tutto il freddo di vivere in una
nazione che si è dimenticata in questi anni dell'importanza dell'industria, che significa economia, quindi profitto, e lavoro. Un paese che non tutela il suo principale patrimonio, l'arte e la cultura. Un paese che non investe in ricerca e istruzione. Un paese dove una professione come quella del  politico garantisce dopo poco più di 3 anni una pensione mentre ci sono ragazzi che crescono, ossessionati dal precariato. E ci sono pensionati che passano la paghetta ai figli quarantenni. Un paese dove un lavoro serio come il mio è diventato sinonimo di puttana di corte.
Vivo in un paese dove c'è stata una notte da golpe dittatoriale, che ce ne dovremmo vergognare a vita, di quella notte, in una nazione dove le stragi sono ancora segreti, dove si spaccia per progresso un sole inventato, dove si concede a qualcuno il diritto di dire  che manifestare il dissenso significa essere un potenziale assassino e ci vorrebbe l'arresto preventivo. Ma nelle carceri non c'è posto e se ci sei dentro, capita che ne esci con il cartellino al piede.
Vivo in un paese in cui il potere e la furberia sono stati esaltati a fondamento dei rapporti sociali.
Potrei andar avanti ore e invece mi fermo e guardo la scritta sul vetro appannato.

"Fottetevi".
Io questo Natale sono cattiva.  Lo so che dico cose già dette, ma i sassolini o si tolgono o si fa finta che non ci siano. Io in questo Natale di insoddisfazione dilagante, in cui vedo facce, alienate dalla paura del domani, aggirarsi con carrelli carichi di merce di quart'ordine spacciata per leccornia, i miei sassolini me li tolgo, levo pure i calzini e sto a piedi nudi.

Cattiva.

lunedì 20 dicembre 2010

Piaceri personali

Ultimamente ho imparato che se dico mi piace, non è detto che piaccia.
Anzi, è successo che no, non piace che a me piace.
E ho imparato anche a dire no, questo non mi piace. E non è detto che anche questo piaccia.

venerdì 17 dicembre 2010

E' come star in spiaggia a guardare il mare (post con dedica)

Chiara ho già dedicato tempo fa un racconto qui e il titolo mica l'avevo scelto a caso.
Linfa.
Ecco io penso a Chiara e mi viene in mente una linfa, che scorre, lieve e leggera, e porta nutrimento.
Non è solo perché a casa degli splendidi, notoriamente, la dieta è fatta di pane, amore e baccalà alla vicentina.
La Chiara con il suo sguardo rasserena, accoglie, sa abbracciare.
Ha due figli bellissimi e sereni. Il suo uomo, lo Splendido, è bellissimo e sereno.
Molto, credo, sia merito di questa biondina. Che sa sorridere e abbracciare, che non dice mai una parola di troppo, anzi, se ne tiene tante dentro e non le dice, secondo me.
Starci assieme è come essere in spiaggia a guardar  il mare.

Buon compleanno Chiara :)

mercoledì 15 dicembre 2010

sabato 11 dicembre 2010

Chi? Tu, sì.

Io è da un pezzo oramai che mi diverto e rilasso raccontando storie qui.
E' uno spazio di racconti, non un blog personale. Eppure...eppure capita che qualcuno legge e mi chiede se è autobiografia. Oppure commenta come se parlasse a me, direttamente.
Ecco, volevo solo dire che quando racconti non è sempre che racconti di te. Racconti il più delle volte di altri, anche di semplici gesti sì, che li vedi, te li segni in testa e poi li mimi e ti parte il cervello, e arrivi a raccontare qualcuno che magari fisicamente manco ce lo hai presente, manco esiste. Forse.
Forse c'è. O forse no.
Ecco, volevo solo dire che quando racconto storie, non faccio autobiografia. No.
Il più delle volte, almeno. 
E' tutt'altra faccenda e tutta personale invece il mio finire col voler bene alle donne che immagino.
Anche se non sono proprio me.

Tanto per chiarire.

venerdì 10 dicembre 2010

Mi sposto

Io c'ho sto problema, che quando vado in giro, per lavoro o per i fatti miei, io la gente la ascolto,  anche se non parla a me. Impicciona? Bah, preferisco il termine curiosa, più elegante e creativo. Sì, su questo anche io c'ho le mie punte, non doppie, di snobismo. Io ascolto i discorsi, specie quelli che possono sembrare poco importanti. E allora ieri sera, rientrata a casa, con tante voci nella testa, mi sono messa a pensare se c'era una frase che accomunava tutti. E c'è. "Niente cambia" ha detto un mio amico, il panettiere, il barista all'amica, un tipo al bar un pochino tristo che la moglie lo ha cacciato di casa.
 Ecco "niente cambia" è il segno che siamo un pochino tutti giù, che Natale  è vicino, e mi sa che tanti vogliono dentro al pacco, più che altro, una vera novità, di quelle che ti spostano di sette, dieci metri la prospettiva con cui vedi la vita.
C'è chi lo spera, chi ci pensa ma ne  ha anche paura, perché spostarsi implica il mettere i piedi su terreni non strabattuti. E magari star anche soli, talvolta.
Poi ho visto anche 5R. e lui non mi ha detto che "niente cambia", mi ha sorriso e detto ciao. Ha un sorriso bellissimo, roba che è più bravo di me.
Ci sono cose che non so di lui che se parla io non capisco niente. Mi han detto che è già preoccupato del suo futuro scolastico. Ecco, cosa c'è dentro il mio pacco di Natale. Spostare di sette, dieci metri, la prospettiva con cui 5R. vede la sua vita, che lui lo pensa già che "niente cambia", lo so.

E invece io lo frego.
 :)

lunedì 6 dicembre 2010

la faccia


DSC07850
Inserito originariamente da aperol.spritz
La Syla con la macchina della Sidgi, oltre alla Sidgi, è l'unica capace di farmi foto in cui sembro decente :)

domenica 5 dicembre 2010

Dello star seduti a mangiarsi le unghie

Mi capita, anche se da anni mi dicono che no, non si fa. Non si sta seduti a mangiarsi le unghie, si tengono i piedi a posto e non li si lascia andar dove vogliono, non ci si infila le dita su per il naso. D'accordo ma che c'entra la maleducazione del dito su per il naso, con l'atto tutto nervoso, del mangiarsi le unghie? Niente.
Quindi , siamo a posto. Che poi io non mi mangio le unghie ma le pellicine, che a me non piace mangiarmi l'unghia ma la pellicina attorno sì, e lì ci sfogo un pochino del nervoso che mi viene in giorni apatici come questi, in cui vorrei far tutt'altro che star qui a mangiarmi le unghie, ops, per la precisione le pellicine, e invece c'è attorno a me questa situazione ferma, statica, fastidiosamente bloccata.  Che non succede nulla di inatteso e che se provi ad accendere un fuoco, c'è subito qualcuno dietro pronto a spegnerlo, con una risata beffarda. E io ci giro attorno a questo monolite, ci posso ballare anche il tip-tap, ma non cambia niente. Tutto resta statico e freddo. E io ho paura, che se continuo a ballarci attorno divento fredda anche io e allora mi fermo e mi metto a mangiarmi le pellicine, un pochino per nervoso , e un pochino perché così mi tengo d'occhio la temperatura delle mani, che le voglio calde. Ci siamo capiti?

mercoledì 1 dicembre 2010

Grazie

Sì, sto parlando a te.
Ce lo siamo sempre detti, grazie, non è una parola oscura per noi.
Mi viene da ridirtelo oggi, che pensavo che c'era un tempo che io saltellavo e adesso ogni tanto inciampo, quando cammino.
Mi capita ancora di pensarti, certo.
Non si può cancellare il bello. Anche se sarebbe facile, perché dimenticare anestetizza.
Il fatto è che in questi giorni cupi, che la pioggia pare non finire mai e sembra che il fango sia una entità viva, in continua formazione, e viviamo lontani, ora più che mai, ma con i piedi ben saldi su questa terra che ha perso la speranza e pure la voglia di mandarli affanculo, come ci dicevamo noi, quelli che si credono forti perché hanno i loro cinque minuti di notorietà, e gli basta, fanno i furbi per passar avanti, e gli basta, non sanno commuoversi davanti alla scelta, piccola e definitiva, di chi sa dire basta io adesso me ne vado, e non gli basta il silenzio ma gli serve la polemica che puzza di piscio vecchio,
e potrei andare avanti ore,
ecco, io,
proprio in questi giorni grigi, penso al bello che ci siamo dati e sorrido.
E allora grazie, anche se non ci sei.
Anche se io adesso ogni tanto perdo il passo, e mi pare di cadere, ma lo so che torno a saltellare.
Anche per avermi insegnato che amare significa, talvolta, lasciare che quella porta si chiuda, in silenzio.

Prese di posizione

Tremo al solo pensiero, ma mi sono veramente stancata.
Arrivederci

martedì 30 novembre 2010

Basta poco - 2

E poi la femmina, entrando in ufficio, ha trovato ad aspettarla cinque rose rosse, dal gambo lunghissimo. Ed è rimasta là, con il bigliettino in mano, a fissarle.
Che tra le foglie e le spine, c'è un mondo.

Basta poco

Come oggi che la femmina bussava e piangeva che mi ero messa i gambaletti neri e lunghissimi, sopra il ginocchio. E dopo tanto piangere, che l'ho lasciata lì un pezzo mentre mi truccavo, li ho tolti e ho messo le autoreggenti, sotto i pantaloni di velluto. A lei basta poco.

domenica 28 novembre 2010

The power of love


Dell'amicizia

Quando si è con gli amici, tutto viene più facile. Anche l'emozione, se condivisa, diventa affrontabile. Quindi, questo è per lo splendido quarantenne che ieri sera ha diviso il palco con me per leggere per le schegge di liberazione nella Venezia serenissima, il "sogno del partigiano Saetta". lo ero io, lui era il partigiano. Ci siamo preparati con tanta cura che siamo andati sul palchetto senza manco aver letto una volta assieme tutto il testo. Siamo dei professionisti, noi.
"E se ci viene da ridere", mi ha chiesto prima. "Si ride, poi ripartiamo", gli ho detto. "E se non ci fermiamo?", ha ribattuto. Ecco, non abbiamo riso ma abbiamo saldato la nostra amicizia, su quel palchetto.

mercoledì 24 novembre 2010

Duri i banchi

Allora, io oggi pomeriggio, visto che sono nel mio giorno libero, vado a leggere due cose prese da qui nel mio vecchio quartiere che c'è una iniziativa di donne per la giornata contro la violenza sulle donne.

Poi venerdì alle 18 alla libreria Feltrinelli (eh, sì) del centro Le Barche di Mestre festeggiamo l'uscita di
Mestre per le strade, ventuno racconti su Mestre. Uno l'ho scritto io, che ho avuto questo colpo di fortuna che l'ho scritto e mi hanno pure detto di sì.

Poi sabato, se trovo coraggio, vado a leggere per la Venezia serissima in campiello delle Erbe a San Polo, che sarà una cosa figa perché ci sono quelli che vengono citati da Benigni e i barabbisti con il Many, quello a cui un giorno ho detto che per leggere ci doveva avere un blog e allora lui ha tirato su un casino pazzesco.
Insomma, io scaldo l'ugola e intanto mi ripeto, come un mantra, duri i banchi. Che serve sempre.

martedì 23 novembre 2010

Piccole soddisfazioni

La dottoressa che mi apre la porta dello studio e mi ringrazia a voce alta. "Che bello veder entrare qualcuno qui dentro con un bel sorriso stampato sulla faccia. Grazie! Se ne è accorta che la gente non sorride più?".

Non poteva che esser lei, la mia dottoressa.

domenica 21 novembre 2010

Rabdomanzia

C'è 'sta cosa della noia, che a me viene quando non posso fare quel che voglio. E può capitare per tanti motivi. Ma quando arriva la noia io son là stupita a veder come reagisco, che la noia io la immagino come una gabbia e io se ci finisco dentro beh divento una tigre imbestialita, che scavo il solco da quanto vado avanti e indietro. E mi piace quando sono così perché mi vedo io che non sono una che si è annoiata così tanto da farci l'abitudine a quella sensazione lì. Che non è la malinconia, che è cosa bella alla fine anche se fa star male.
E allora, dicevo, io quando sono nella gabbia della noia mi immagino tutte le vie di fuga possibili e trovo sempre qualcosa da fare così la gabbia sparisce, io torno gatta dentro e il mondo si riequilibra attorno al mio semicerchio (*). E' quando ho il cuore annoiato che va peggio, che a lui piacciono le emozioni e se finisce che si sente solo un muscolo si mette a far la gara con la pancia, che però è molto più intelligente di lui. Che il cuore è uno per bene, si sa, ma la pancia è la rabdomante che sa sempre dove andare.

Non ci credete? Provate a farvi venire la gastrite a frequentar gente dimmerda e poi ne riparliamo.

* che chi ha letto mai questo blog forse faticherà a capire...ma non importa.

mercoledì 17 novembre 2010

Che a me riflettere non fa poi tanto bene ma ho la fortuna che poi mi passa

Riflettevo oggi che tutti gli uomini che ho amato e che mi hanno, spero, non so, non ne sono certa, amato, in un determinato momento, di solito dentro il letto, mi hanno detto che io sono una tutta matta.
Io a queste cose non ci penso mai, poi stamattina una persona me lo ha detto, che sono matta,  ed è stato un flash, come quando le caselle del domino cadono una dietro l'altra,  e io me ne sto rannicchiata su una seggiola per non toccar niente, non interrompere la caduta e vederlo 'sto disegno che vien fuori dopo la caduta delle caselle.
E io ho pensato che a me, il disegno sarebbe una scritta a ghirigoro: sei tutta matta.
Poi prima un commento me lo ha ricordato di nuovo e il ghirigoro mi è tornato in mente, che poi quel pensiero io me l'ero dimenticato e nel silenzio in cui sono stata così bene si era perso.
E non sono neanche stata a chiedermelo se è bene o male. E'.

venerdì 12 novembre 2010

Fai merenda con...

La morale è sempre quella, paraponziponzipò
Ogni volta che agisco di slancio, senza star là a farmi le pare, mi schianto su una vetrata.
Vado a far merenda. :)

giovedì 11 novembre 2010

Cose belle successe oggi

Segnarle serve, diceva mia nonna. Che è quella che diceva anche che è verissimo che chi ama resta giovane perché far l'amore è l'unica cosa che ferma il tempo e fotte quello che sta lassù (mia nonna lo diceva in dialetto)

La lista di oggi:

1)  Mutande nuove!!!

2)  Nebbia scomparsa e sostituita da un pallido sole ( sempre meglio che niente se sei meteoropatica)

3)  Arrivata al lavoro, trovato plico portato dal postino. Con all'interno libro, con dedica del mio poeta preferito. Ululata di ringraziamento (spero si sia sentita fin lì)

4) messaggio ironico perché sclero ma resto simpatica, evidentemente ( e son felice).

5) inatteso complimento, roba forte.

( continua...)

Onirica

Stanotte non ho fatto altro che sognare baci. Roba seria, non sbaciuk finti.
Stamattina sul tavolo, in cucina, ho trovato un biglietto di Arturo.
Vuole il divorzio.
( solo a me poteva toccare un pupazzo geloso)

mercoledì 10 novembre 2010

Tutta colpa della pioggia

Piove di nuovo, cazzarola, e per una meteoropatica non è il massimo. Solo una cosa serve quando piove.

E allora stavo prendendo appunti e il cervello si è messo a fissare la pioggia e  ho finito con il segnare sul foglio i miei difetti.
E poi ho riletto e mi sono messa a ridere.


"Io sono
curiosa
puntigliosa
alla ricerca continua di stimoli
e complimenti
e sorrisi
Io sono
fastidiosa
umorale
sperimentatrice
strafottente
Io sono fragile.
Una che nasconde benissimo
che ha paura
che ha eccessiva forza
che mostra solo se vuole
Io sono ormone".


Il no è perfetto

Lui: ti posso baciare?
Lei: ok. Bon, bacio della buonanotte. Ecco la guancia.
Lui: no lì. Posso scegliere?
Lei: hmmmm
Lui: sulla bocca
Lei: no
Lui: perché?
Lei: perché no.
Lui: ah beh...
Lei: no.
Lui: hmmmmm
Lei: bon, notte

lunedì 8 novembre 2010

Aguasso

A me piacciono le parole veneziane, che sono così piene di s e di r che mentre le pronunci ti pare di star lì a scriverle, su un enorme foglio bianco, con la bella calligrafia. Quella che io non so fare. Talvolta sogno di scrivere con una bella calligrafia, poi mi sveglio.
Talvolta sogno che mi sveglio e Venezia è un'isola dei Caraibi, mi ricordo che una volta avevo visto una bellissima pubblicità di piazza San Marco, che al posto dei colombi, ci avevano messo centinaia, che dico, migliaia di pappagalli colorati. E insomma, io talvolta sogno che Venezia  è un'isola, che già lo è, tutta, e che si trova ai Caraibi.  Poi mi sveglio.
E c'è l'aguasso. Che è una condizione dell'animo, mi pare, soprattutto. Perché siccome alle parole i veneziani alla fin fine ci danno il sentimento che vogliono loro, l'aguasso che vorrebbe dire la rugiada, il che presuppone che ci sia già freddo, lo usi anche quando c'è vento di scirocco e ti pare di star ai Caraibi e invece vivi nell'umido dell'aria e dell'acqua, che son giorni che non smette di piovere qua, e se smette c'è scirocco e umido, e dopo la pioggia dall'alto, c'è quella dal basso, l'acqua alta e sei sempre in mezzo all'aguasso, alla fine. Se sei meteoropatico a Venezia, non importa se di qua o di là dal ponte, c'hai l'aguasso dentro.

venerdì 5 novembre 2010

Dolci risvegli

Stamattina mi sono svegliata sorridente, sono andata in bagno, mi sono seduta là dove arriva il primo pensierino del mattino, e ho cacciato un urlo. Che avevo una cimice che mi passeggiava addosso e mi mollava addosso le scoreggine. Ho cominciato a correre per casa per toglierla, che mi pareva di averne non una ma dieci addosso, tutte lì, intente a mollar scoreggine sui miei pensieri mattutini. Poi nell'atto di liberarmi ho urtato un piatto sulla credenza della cucina e quello è caduto a terra e ho cominciato a saltellare, che ero a piedi nudi, e avevo paura di farmi male con le schegge della ceramica, che ovviamente erano finite ovunque, e saltellando, mi è tornato il male alla gamba, che l'altra sera, nell'irruenza della pallacesto, son volata coi piedi dentro la sacca dei palloni, e ho fatto una scivolata sulla schiena che manco nelle migliori comiche. Saltellavo e avevo male, ma ero libera dalla cimice, che era una, puzzona, non dieci.

mercoledì 3 novembre 2010

Di pisciate e radar

Partiamo dall'inizio, dall'odore della carta. Datemi della pazza nostalgica ma la prima cosa che ho fatto è stata annusarlo. Poi l'ho toccato, dopo sono andata a vedere a che pagina ero.
Ma per prima cosa l'ho annusato.
Poi l'ho toccato. Bello: è fatto di carta buona. Sì. Poi mi sono letta ed è stato come leggermi per la prima volta. Poi mi sono messa le mutande nuove, che mi sono pisciata addosso.

Poi sono andata a vedermi tutti i nomi, 21. Un collettivo, insomma. Anche se ognuno ha lavorato da casa sua con il tramite, unico, di Massimiliano Nuzzolo. Che mi sopporta, ed è già un gran merito questo.
Che è uno che sgobba e con i lavori di gruppo e no-profit ci ha preso pure gusto. Perché mentre faticava su questo, lavorava anche a questo

Anche questo ve lo consiglio, che c'è gente davvero brava che sa scrivere e poi la musica è un gran bel fare. E' un radar, appunto.
E adesso torno a far pipì. Cià


 

Ritratti di famiglia



 F. Corcos "ritratto delle signore Caterina Grassi e Bianca Bignami" ( grazie Domiziano . tramitehttp://friendfeed.com/ilfeedd...)


lunedì 1 novembre 2010

E questo lo scrivo io, e questa è casa mia

Non scriverò che sono figa, che sennò ho amici che pensano che lo scrivo perché in realtà non lo penso. Non scriverò neanche che non lo sono, figa, che sennò ho amici che pensano che uso la mia autoironia solo perché lo penso che non lo sono.
Ho appena letto un bel post della Lindalov e mi sorprendo sempre a pensare come ci si possa sentire in sintonia con una persona che mai si è vista in faccia. La faccia è importante, dice un sacco di cose. Anche se la bocca sta muta. E' questo il bello di tante persone, che hanno facce che dicono. Anche se han la bocca muta. Ma non c'entra niente, adesso questo discorso qua. O si...
Sono partita da lì, dalle sensazioni che mi ha dato quel post, che c'è un libro, dentro, che amo, e parole che accompagnano chi legge e una voglia d'amore che si ferma e cioccolata e cinema.
Io ci ho visto soprattutto la voglia di farsi bene. Che è lì, dove sta lei, e pure qui dove sto io. A chilometri di distanza. In questo posto, che è casa mia, senza muri. O in un sms che viaggia, improvviso, per dire "Ti voglio bene".
Io qui sono rimasta muta per giorni. Zitta. Me lo sono imposta. Perché quelli come me a volte rischiano di dire troppo, specie quando si fanno male da soli, e le parole io le rispetto e se suonano come un troppo, io sto male. E' che quando amo e mi accorgo che lo faccio da sola, poi l'atto finale lo posso scrivere solo io.
Per settimane sono stata dentro una cascata che mi sono dovuta lavare via da sola, annegando per tutta l'acqua che mi sono tirata addosso e mi sono pure screpolata la pelle.
Sono ancora tutta bagnata ma so respirare da sola.  
E adesso vado a farmi una cioccolata con panna.

venerdì 29 ottobre 2010

Il mare di Blanca


di Lia Bianco 



Accade a volte che le giornate comincino con una strana ironia, che si insinua negli sguardi e nelle strade e che accompagnino il con-tatto con le cose e le persone.
Accade a volte che il sole fra gli alberi sia solo per Noi e ci si sente Bene tra gli alberi.
Accade a volte che il profumo dei ricordi si senta con gli Occhi e con le Mani, perchè tutto e tutti intorno indicano la Vita nella sua essenza.
Accade a volte che una coperta buttata sul prato sia più elegante del più elegante dei ristoranti e se ci si ciba o meno poco ha importanza, perchè è l'Anima ad autoalimentarsi di sé e del suo Benessere.
Accade a volte che l'acqua che scorre sia Suono, Musica e ...forse Poesia [e non fa più Paura].
Accade a volte che le voci dei bimbi si mescolino all'acqua, agli alberi, ai lupi blu e i sorrisi si moltiplicano perchè tutto questo è espressione di una Vita che è vera.
E le fantasie che colorano la realtà accompagnano le risate orgogliose degli adulti che di fantasia e di colori hanno bisogno.
Allora tutto ti attraversa...fino all'Anima. Tutta la Luce è Tua!
E l'ironia del mattino si trasforma, gli sguardi si sono arricchiti di quel con-tatto cercato e insinuato.
Accade a volte che un grosso torrente diventi...il mare di Blanca..

martedì 26 ottobre 2010

Il limite e la passione


di Marco Dal Pozzo

Il Limite e' l'imposizione della Materia, la Passione e' invece un fuoco che brucia dentro e che alimenta la Materia di cui siamo fatti. Un po' e' come se la Passione allontanasse il Limite piu' in la'.
Anzi, adesso che ci penso, e' proprio cosi'.
Purche' la si maneggi con cura [la Passione intendo!], la si sappia assecondare con la consapevolezza che quel Limite, piu' in la' di tanto, non e' che ci puo' andare.
Il Limite e', quindi, la Realta' di cui siamo fatti ed in cui viviamo. La Passione, autentica e sentita, ci puo' aiutare a rendere la realta' piu' vera e piu' degna di essere vissuta perche' sa tradursi in emozioni forti, coinvolgenti, nette.
Qualche giorno fa ho visto la Passione. Qualche giorno fa qualcuno mi ha sbattuto in faccia il vero: il Limite esiste! La Passione era in un allievo 50enne [Giorgio] di un corso che ho tenuto; il Limite e' cio' di cui parlava Gherardo Colombo ospite in un Convegno nel mio bel paesello.
Ho conosciuto due personaggi. Anzi no, ho conosciuto due Persone alle quali, stringendo tra i denti una sigaretta, allentata la tensione, ho saputo [viso contro viso] dire grazie.


(se volete scrivere anche voi un post per la fata, scrivete qui: aitimch@gmail.com)

lunedì 25 ottobre 2010

Emozioni



Non la uso spesso quella parola. Neppure al singolare. E già non troppi anni fa, quando non era inflazionata, la impiegavo di rado. Quasi che utilizzarla equivalesse a mostrare il fianco, un lato del proprio intimo e delle proprie debolezze. Un modo di ragionare da medioevo, d'accordo, ma che aveva rispetto per la parola. Se uno la pronunciava, si capiva che stava dicendo qualcosa di importante, da prestarci attenzione. E allora si ascoltava.
Poi i media (in particolare i talent show e le trasmissioni del primo pomeriggio) iniziarono ad abusarne. L'omonima canzone di Lucio Battisti era proposta fino alla nausea. Un vero bombardamento, con conseguente inflazione e perdita di valore. I maligni riuscirono nel loro oscuro intento. Oramai mi basta sentire quelle otto lettere perché l'intero discorso che le contiene cada e perda di valore, salvo eccezioni. E sì, non c'è un sinonimo egualmente efficace. “Sentimenti” è qualcosa di differente, ha altre implicazioni.
Questo però non significa che non provi mai nulla e che non abbia nulla da dire in merito. Farlo bene, parlarne come si dovrebbe, però, non è facile. Né si può sempre essere in vena per farlo. Ma se ci tolgono pure le parole, che ci resta?




domenica 24 ottobre 2010

Prime delusioni

di Raffa 


Quand’ero molto piccola ero convinta che certe persone avessero un duplicato. Non un sosia o un gemello, proprio un doppio, che fossero due. Ne ero particolarmente sicura per un parente e un amico di famiglia, collega di mio padre. Pensavo che per ognuno di loro ce ne fossero in realtà due, solo che non si presentavano mai insieme, sempre uno alla volta, e ogni volta non sapevo chi stessi vedendo dei due. Era come una cosa magica; ancora non conoscevo l’accezione negativa del termine “doppiezza”, ma non c’entrava assolutamente nulla. Mi incuriosiva osservare la persona ogni volta e lasciarmi stuzzicare dal mistero della dualità. Dov’era l’altro in quel momento? Che cosa stava facendo? Perché i doppi non si mostravano mai insieme?
Non ricordo come scoprii che i doppi erano in realtà singoli, ma ricordo che rimasi molto delusa per il fatto che ogni volta avevo sempre visto la stessa persona.

Un’altra cosa di cui ero convinta era che le corriere fossero gentili. Gentili perché quando vedevano una persona per strada, si fermavano e aprivano le porte per farla salire. Oppure se avevano dentro di sé una persona che voleva scendere, si fermavano, aprivano le porte e la facevano scendere. Dovevano essere anche molto intelligenti, perché sapevano sempre aprire le porte al momento giusto. Infatti per strada c’erano tantissime persone, ma mica tutte volevano essere trasportate. Alcune volevano solo camminare, altre attraversare la strada o tornare alla loro auto parcheggiata, eppure le corriere riconoscevano quelle che volevano salire, si fermavano proprio davanti a loro e aprivano le porte. Era il momento che mi piaceva di più, vedere le porte delle corriere aprirsi e chiudersi da sole.
Ricordo che fu mia madre a spiegarmi che non erano le corriere ad aprire le porte, ma il conducente, spostando una leva. E per rendere più chiara la spiegazione usava una mia paletta giocattolo per simulare la leva. Rimasi molto delusa per il fatto che le corriere non solo non erano gentili, ma neanche potevano pensare.

sabato 23 ottobre 2010

Incontri bis

di PDE 





Avrei potuto presentarmi con un bouquet di calle odorose, il sorriso accogliente delle rughe d’espressione, la giacca nell’incavo del gomito, come se venissi a prenderti per portarti a passeggiare nel bosco.
Avrei potuto entrare col passo deciso dell’uomo d’esperienza, e con nonchalance sfiorare la seta sui tuoi fianchi, come se non avessi bisogno di sentire che hai gradito l’intenzionalità della carezza.
Posare distrattamente la cartella marrone sulla sedia dove hai forse dimenticato una sottoveste di raso bianco, e slacciare qualche bottone della camicia fingendo che sia il caldo ad arrossarmi le guance non rasate.
Tutto questo, ed anche di più, avrei potuto, se io non fossi l’esattore delle tasse e tu quella che non mi paga, manco morto… Anche fingere che l’odore di bruciato venga dalla pentola che hai sul fuoco, e non dalla foto di un momento che non succederà.
Ma ora vado… e sono seduto alla mia scrivania, dopo l’ormai consueto passaggio all’ufficio postale. La luce al neon proietta un’ombra fredda sulle carte, il modulo ciclostilato recita “La ringraziamo per aver regolarizzato la sua posizione”. Lo firmo distrattamente ed annoto la cifra sul mio sgualcito quadernino con la sua anonima copertina marrone. E’ già la terza volta, questo mese.
La Vecchina Dai Capelli Blu con l’Alzheimer, Truciolo (il falegname strozzato dagli usurai), e la Donna Con I Ricci.  Etica, Compassione e… e?
Dal quadernino risulta che per questo mese, del mio stipendio, tolte tutte le spese, è rimasto quanto basta per annegare quell’ “e” in un paio di birre irlandesi.
Carmen mi guarda dal bancone, e da dietro il velo di apatia che annacqua i suoi occhi nerissimi, sembra avermi riconosciuto: un fuori posto, come lei del resto, cameriera siciliana in un pub irlandese a Roma. Non sorride, no, due fuori posto si sommano, non si annullano e non si sorridono.
Accarezzo il bordo del boccale, e penso che magari non pagherai nemmeno il prossimo anno… “tanto ci provano una volta, mandano qui uno sfigato e poi lasciano perdere”, avrai detto alle tue amiche. Io spero. Che non pagherai, dico… così magari l’anno prossimo mi lascerai entrare, ed io non mi troverò a bere una Guinness calda in un pub irlandetneo, mimando il gesto di attorcigliare i tuoi ricci con le dita.

(Paolo dice che l'ha ispirato il mio post sull'esattore in Incontri)  

venerdì 22 ottobre 2010

Gli schivi

di Chiaratiz

In questi giorni mi viene da pensare alle persone schive. Sarà perché mi è capitato di incontrarne una o due, e mi è rimasto questo pensiero dentro che ogni tanto si mette in movimento e mi costringe a rimetterlo in circolo.
Le persone schive tra loro si riconoscono ed è per quello che io le riconosco. Una persona schiva che ho incontrato non sapeva che io ero più schiva di lei e si è ritirata come un riccio per paura che le facessi un complimento. Le persone schive non amano i complimenti: non sanno farli e non sanno riceverli. Cioè li amano, come tutti, ma solo da lontano. Magari per iscritto. Magari di sguincio. Magari non in pubblico. Ma i complimenti diretti le persone schive le mettono in un imbarazzo tale che piuttosto meglio pensare di non essere apprezzate per niente. Almeno ci si sente al sicuro. Almeno non bisogna cercare le parole per dire un grazie che spesso non arriva. Le persone schive spesso passano per maleducate.
Gli estroversi le persone schive non le capiscono mica tanto. Certe volte pensano che siano gente che se la tira, che si fa desiderare, che non è capace di stare al mondo.
 Ecco, magari su questo ultimo punto hanno un po' ragione: stare al mondo per le persone schive può essere difficilissimo

Fatelo voi (del resto è un hotel questo)

In questo periodo non ho molta voglia di scrivere, qua dentro, che sono trasparente al punto che se batto sui tasti non c'è la giusta pressione, ma un pochino mi spiace che questo posto resti così sospeso. E allora se avete voglia di scrivere qualcosa voi, qui dentro, mandate alla mia mail: aitimch@gmail.com.
Così è come quando sei nudo, hai freddo e qualcuno ti presta un maglione, no?
Bon, fate voi.

mercoledì 20 ottobre 2010

Punto e a capo

Aver voglia di baciare e  non farlo.
Essere curiosa e non farlo.
Essere diversa.
Aspettare nuovi soli.

(Anche i serial kisser invecchiano)

sabato 16 ottobre 2010

Due belle cose

1) Ci volevo ringraziare qui, che è casa mia, la stupenda La Marra che mi ha spedito una cartolina con la Venere di Botticelli che è un gesto gentile, di quelli che ti riconciliano tutti gli assi e controassi e pure i semicerchi dello stare con gli altri. Le cartoline non le spedisce più nessuno, pensavo. Lei invece lo fa e questa cosina è davvero bella, come lei.

2) Sono alcuni giorni che di sera faccio una cosa, più che altro guardo e osservo e mi preoccupo. Beh ieri sera è andata che a sorpresa la preoccupazione se ne è un pochino andata. Perché non tutto è marcio, nel profondo; semmai ci sono persone che non ce la fanno e sono sempre di più. Non è consolante, certo, ma se era marcio era molto peggio.

venerdì 15 ottobre 2010

Talebana

Oggi ho avuto la riprova che sono una talebana delle parole, me la prendo per come spesso vengono usate. Specie nelle comunicazioni più difficili che ci siano mai state, quelle con il viril sesso.
Mi è capitato, in passato, di passare una serata incredibile con un uomo e quello mi saluta il mattino dopo con un "A presto", che io ho sorriso ma poi sono andata avanti due giorni a chiedermi cosa voleva intendere. Poi ho capito che non voleva intendere quello e mi sono chietata. Qualche mese dopo mi ha mollato.
Più "A presto" di così si muore.

giovedì 14 ottobre 2010

Respirare

Ieri sera a basket, all'allenamento delle Carampane (sì ci chiamiamo così, ehmbé ?) abbiamo prima fatto lo stretching e abbiamo anche respirato, stese a terra, per scaricare la tensione. Poi via a correre, entrate da sinistra e da destra, passa e vai, corsa per tutto il campo a passaggi e infine la treccia, che io non me la ricordavo più ma mi sono divertita un casino che ho ricordato poi al  primo passo e io ridevo. Rido sempre quando gioco a basket.
Poi alla fine ai tiri liberi, erano tutte agitate che tante non si ricordavano più come fare e avevano paura di sbagliare, e mia sorella spiegava il tiro perfetto ma mancava una cosa. E allora l'ho detta io: bisogna respirare prima di tirare. Casso, dopo han fatto tutte canestro. Che roba eh...

martedì 12 ottobre 2010

Ciao Rodolfo

"Loro combattevano, dentro le fabbriche e fuori, per cambiare le cose. Dobbiamo farlo anche noi, adesso".
(Al funerale di un vecchio comunista)

Corsara

Mi sa che a Carnevale quest'anno mi vesto da corsara, che stanotte ho sognato che ero su una bagnarola bellissima con le mutande che svolazzavano appese alle corde ed ero proprio una corsara ma senza cappello che mi impacca i capelli ma con l'occhio nascosto, il destro, da una benda nera e la spada in mano (da piccola volevo sempre fare i duelli, dopo che ho letto i "quattro moschettieri" mi facevo chiamare Athos) e la cosa più figa erano gli stivaloni neri che mi arrivavano all'inguine, con un tacco dieci, beissimo e stavo proprio bene e mi sentivo così sfrontata che era una bellezza esser me. E avevo un cane, pure lui con la benda all'occhio, un Golden Retriver, il cane che sorride.

Poi mi sono svegliata e ho raccolto le lenzuola sparse per la camera, mi sa che ho battagliato un bel po' stanotte e Arturo ha perso.


Ps: qui un nuovo racconto e una comunicazione per il 5 novembre 2010.

domenica 10 ottobre 2010

Verocò

(Con l'essendo non comincio manco morta...)
Quindi, oggi ho ragionato, che stavo sistemando casa (pulizie di fondo d'autunno) , e mi sono accorta che oltre ad essere una compulsiva dello scusa e del grazie, io sono anche una che si preoccupa che gli altri, gli amici, stiano bene con lei  inteso come me medesima, fatacarabina in persona.
Che sto facendo l'elenco dei miei difetti e ne ho abbastanza già e mi spiacerebbe che gli amici ( gli altri va bene uguale ) si sentissero a disagio con una che ha tutti 'sti difetti. Che poi magari ci si affeziona a una che ogni tanto gli scappa il verocò o il sì o no compulsivo. Eccetera. Ecco si sappia.

venerdì 8 ottobre 2010

Pensierini

Il fatto che io mi ostini ad uscire in terrazza con le maniche corte e le infradito, rende perfettamente l'idea di quanto io sia ancora una illusa.

giovedì 7 ottobre 2010

Periodo blu



Inserito originariamente da remedios-fatacarabina
Io so diventare blu. Ma anche rossa. Sul fucsia, ci sto lavorando

(sulla trasparenza leggi qui
Doro)

Fermi tutti

Se c'è una cosa che mi piace, la mattina, al risveglio è bere il caffè lentamente, in silenzio, con la casa luminosa (adesso c'è una luce bellissima) e la porta del terrazzino aperta. La vera goduria è quando arriva il vento. Come adesso che son sul  terrazzino e ho le braghe nere che sventolano come  una vela di nave pronta a salpare e mi abbraccio che il vento mi gira attorno e porta il primo freddino. E i capelli mi fan da cuffia. Io senza vento mi sa che muoio.
La mattina io, sul terrazzo, aspetto il vento giusto.

domenica 3 ottobre 2010

Incontri

Avrei potuto accoglierti sull'uscio di casa, a piedi nudi e con il kimono, la faccia assonnata e un gran sorriso.
Avrei potuto tirarti per la giacchetta per farti entrare e mollar la borsa sulla sedia e portarti in cucina a sentire che odorino arriva dalla pentola della salsa.
Avrei potuto mostrarti come si fa, che prima ti sbottoni la camicia da solo, ma  il resto lo faccio io e te ti rilassi e mi lasci fare, che è un gioco bello.
Avrei potuto lanciare una ultima occhiata alla pentola, che il fuoco certo procede lento.
Avrei potuto ridere con te dell'odore di bruciato, ore dopo, che ci siamo dimenticati di tutto, della pentola sul fuoco, ma non di farci contenti, io e te.

Avrei potuto far tutto questo, e anche di più, se solo tu non fossi l'esattore delle tasse e io quella che non ti paga, manco morto. Piuttosto ti brucio, con tutta la pentola.

Dalla merda nascono i fiori

Di lui, Zaher ho già scritto un anno fa e lo rifaccio adesso, perché da oggi il mio Comune apre al pubblico il bosco a lui dedicato. Zaher era un immigrato clandestino, è morto due anni fa. Soprattutto, era un ragazzino che cercava una occasione per vivere una vita diversa. Ha rischiato. Ha perso.

Ecco, l'iniziativa del mio Comune è molto bella, è una piccola cosa che lascia un segno e merita in questi tempi bui in cui è diventato facilissimo associare il Nordest al peggio. Certo viviamo in mezzo a fior di esempi  negativi, ma ci sono isole, dove arrivi e non ti prendono a calci in culo preventivamente se dici che arrivi da oltre il Po. Come diceva De Andrè? Dalla merda nascono fiori.  Magra consolazione, vero? Certo, ma dopo tanti quotidiani esempi negativi, eccone uno positivo. Piccolo ma che brilla.
Di quelli che ti fan pensare, che rischiando, si può ancora sperare.
Da oggi chi entra in quel parco, che deve crescere certo e ha gli alberi piccoli,  penserà che quest'area verde, non è dedicata ad un fuorilegge ma ad un ragazzino, che cercava la felicità.
Se passate da queste parti, magari, ci andiamo assieme a far quattro passi. Metti che ci venga voglia a tutti di rischiare di essere felici.
Anche questo è Nordest.  

venerdì 1 ottobre 2010

Asocial

Volevo scrivere alcune cose qui, stamattina, poi ho pensato che è meglio se me le tengo per me.

giovedì 30 settembre 2010

fata e galatea


fata e galatea
Inserito originariamente da lia§
ricordi della bloffest (sempre la Lia)

Fanculo

C'è gente che mi conosce e che sa che quando mi prende la paura fottuta di non saper scrivere, o meglio raccontare, io comincio a farneticare e faccio come la lumaca che si chiude dentro casa e dice che resterà lì per sempre. Poi regolarmente, succede che dentro il guscio mi manca l'aria e ci riprovo.
Fanculo a me.

mercoledì 29 settembre 2010

Decollo

Io stamattina mi sono svegliata presto, alle 7 ero già in piedi, e la casa era fredda e mi sono messa per la prima volta da mesi i pantaloni della tuta, che era freschino e poi aspettavo gli operai. E io mica sono una che apre la porta in mutande, cioè non sempre, almeno se devo far la seriale prima ti devo conoscere.
Insomma dicevo mi sono svegliata presto che mi hanno portato la lavatrice nuova, ci ho speso sopra 300 euri, che non era il momento ma è andata così. E gli operai alle 7.15 sono arrivati, due omoni enormi (uno è passato a fatica per la porta del bagno) e hanno portato su, srotolato, preparato la lavatrice nuova e l'hanno messa dove deve andare, davanti al wc. Che c'è posto solo lì e poi l'hanno messa  in moto, che deve fare un lavaggio a vuoto, signorina ( sì, loro mi hanno dato della signorina, forse perché accanto a loro io risultavo bassina) e se sono andati. Io ho pensato che alle 7.30 o tornavo a letto, che avevo freddino, o mi vestivo.
E sono tornata a letto e ho dormito un sonno lieve col sottofondo della lavatrice, che mi hanno detto che è silenziosa, hanno detto, la lavatrice.
Ad un certo punto ho sognato che ero dentro un missile, c'era un sacco di rumore, perché dovevo decollare, sparata in cielo come la donna cannone, ma non c'era De Gregori a cantar lentamente, c'era quel sibilo costante, da decollo appunto, fastidioso, che pensi che i giunti di casa saltano visto che io ero il cannone e c'era il conteggio alla rovescia, con la voce di Tom Hanks (non so chi lo doppia in italiano, ma era quella) e finito il conto, sono stata sparata in aria con un prot primordiale, così forte che mi sono svegliata.
Ma il sibilo c'era ancora. Adesso  ha smesso, che il lavaggio a vuoto è finito.
Silenziosa, sì, la mia lavatrice nuova.

lunedì 27 settembre 2010

Esempi di fighiume errante

Poi non venitemi a dire che io ho torto, che il fighiume errante io lo annuso a metri di distanza, come un procione da fighiume errante, meglio che i tartufi, siori...

Il riferimento è al virgulto che mi si è appollaiato a fianco, io non c'entro, è lui il protagonista.
L'avevo lasciato la sera prima su un palco
E' Van deer Gaz

(la foto è sempre di Lia (meraviglia morbida)

La prova

Lia, meraviglia morbida (strusciarsi è stato fantastico)  mi ha inviato la prova provata dell'esistenza del culone bianco a Riva del Garda. Visto che roba?



Cause perse

Comunque il momento più esilarante della mia blogfest è stato quando, alluppolati sotto il sole del post arrivo, fratello Sba mi ha fornito le specifiche tecniche dell'uomo giusto per me.
Oh, nei due giorni successivi ne avessi visto uno che ci assomiglia...

Approfitto per salutare anche il cigno di Riva del Garda

Se ne stava con il culone bianco sparato verso l'alto, le piume perfettamente asciutte e la testa invece era sott'acqua, con il collo lungo proteso verso il fondo del lago e il becco a caccia di chissà cosa tra i sassi, con gli occhi aperti. Sì, l'acqua vicino alla Riva era così limpida che gli ho visto gli occhietti aperti.
La zampa sinistra, bella muscolosa, la usava per darsi l'equilibrio e galleggiare. Pareva un grande culone bianco, deciso a conquistare il mondo. A me tanta sicurezza, mi ha rasserenato. Che se una cosa che fai ti viene naturale, te ne freghi del culone bianco e ti dai da fare.

lunedì 20 settembre 2010

Bye

Finisce l'estate , quella in cui ho scoperto tra le pieghe di me, la donna che voglio essere.

domenica 19 settembre 2010

Mi pongo tante domande

E' un periodo che mi faccio un sacco di domande. Me le ripeto mentalmente in testa e mica sempre riesco a darmi una risposta. Mi chiedo, ad esempio,  quando il mio paese ha perso l'uso della parola solidarietà.  Guardo sul dizionario,  perché non vorrei essere io quella che sbaglia.

c'è scritto:
solidarietà [so-li-da-rie-tà] s.f. inv.
  • • Rapporto di comunanza tra i membri di una collettività pronti a collaborare tra loro e ad assistersi a vicenda: s. sociale; condivisione di pareri, idee, ansie, paure, dolori ecc.


  • No, non ho capito male, io.
    Solidarietà significa darsi una mano. Tra persone  che condividono un luogo, un problema, una necessità.  Non è un concetto religioso, da elemosina pelosa. No. 
    Ecco, quelli che vorrebbero costringermi a pensare che vivo in padania, che non esiste, e non in Italia, che esiste, non la usano mai la parola solidarietà. Io non la sento uscire dalle loro bocche. 
    Magari, penso, la pronunciano a denti stretti, con un filo di voce, per non farsi sentire dagli amici vittime di una insolazione sulle rive del Po. Magari la usano a voce alta solo quando devono farsi belli davanti al parroco, che non si sa mai, meglio garantirsi un posto in paradiso, metti che la padania poi non lo fai... Poteva essere un gesto solidale l'autotassazione dei cittadini di Adro per costruire la scuola nuova, visti i bilanci all'osso di tanti enti locali. Non lo è più quando l'imposizione di simboli di un qualcosa che non esiste diventano un discrimine tra chi è con loro e chi è contro di loro. 
    E' evidente, mi stupisco che persone dotate di un intelletto, diciamo nella media?, non comprendano che c'è una enorme differenza. 
    Non la usano mai quelli di certe zone del Nord perché vorrebbe dire dar una mano a chi è in difficoltà e probabilmente quella mano da stringere è di uno zingaro, che adesso, dicono loro, si chiama in altro modo ma sempre sporco l'è. Non la usano manco in certi posti del Sud dove ti ammazzano per strada e te fai finta di non vedere, quel che invece hai visto, perché la mafia è dentro le ossa di questa Italia, che mi pare sempre più una grassa velona. 

    Solidarietà deriva da solidaire, che  è francese e rido perché è la Francia dove oggi i rom vengono mandati via e il nostro premier è l'unico che applaude, così gli alleati son contenti. 

    Mi chiedo dove l'abbiamo dimenticata noi, che ci vantiamo di pensarla diversamente, che usciamo di casa, andiamo al cinema e al teatro e ci diciamo che abbiamo delle città che per fortuna sono ancora belle, ma la sera passiamo davanti alla prostituta nigeriana e non diciamo niente. Ma ci spranghiamo dentro casa, metti mai che arrivi l'uomo nero a farci paura. 

venerdì 17 settembre 2010

Sfighitudine

Il Many mi ha coinvolto in un altro ebook, stavolta le "Cronache di una sorte annunciata", che è uno ma in realtà due, che suona come una doppia sfiga ma è soprattutto la dimostrazione che quando uno dice "Scriviamo?" trova sempre gente pronta a giocare, con le parole. Insomma, una banda di fighi che san parlare pure della sfiga.

Ci sono anche io, nel secondo volume, con "L'incrocio", che trovate anche  in quell'altra casa, quella delle storie.

Baucconing

Da quando sono diventata istintiva, lo sento che a volte risulto fastidiosa.
Da quando c'ho la cistite e devo farmi botte di antibiotici c'ho pure le vertigini.
Fastidiosa  e con le vertigini.
Baucca, insomma.



( Per i non veneti, baucco significa tonto)

mercoledì 15 settembre 2010

Piccole soddisfazioni dell'ego inloopato/2

Ci sono cose che è bene ricordarsele per i secoli a venire, che io dentro c'ho cose che mi partono in automatico, mi sa.
Beh  che il mio collega poeta mi adori, lo so, ma ieri mentre scrivevo e ticchettavo a manetta, pensando mentalmente a come costruire un arto artificiale per non esser vista che sono una che gira senza braccio e se fossi a Sparta sarei già volata giù dalla rupe, ieri dicevo, lui passava accanto alla mia scrivania, mi guardava, e mi baciava i capelli. Lo fa spessissimo.
E io ticchettavo e mi era parso , alla fine della giornata, che non l'avevo badato per niente, concentrata come ero su arti artificiali e ticchettii. Mi era parso che manco gli avevo sorriso.
Se ne è andato prima di me, a fine turno. Me ne sono accorta perché mi sono girata per salutarlo ed era già andato via ma mi ha lasciato un biglietto sulla scrivania.
C'era scritto: "Sei l'unica donna al mondo che dice grazie ogni volta che riceve un bacio".

Ingroppamenti

Ah dimenticavo, se ci cliccate sopra con la freccetta del mouse, sui pesciolini del blogetto, date loro da mangiare.

martedì 14 settembre 2010

Piccole soddisfazioni dell'ego inloopato

Io quando posso ascolto Radiodue e oggi in macchina, con la testa inloopata che avevo i cavoli miei che roteavano e un braccio solo , eppure guidavo benissimo, in una trasmissione con il simpatico Fabio Canino, una giovane e simpatica donna, una studiosa di sogni, raccontava di aver passato due anni in Perù e di aver imparato lì a portare rispetto per l'onirico che è in noi. E raccontava che la signora che l'ha ospitata nella casetta del villaggio senza luce elettrica, un giorno che lei si è svegliata e si è seduta a tavola per la colazione con la famiglia che la ospitava e non sapeva raccontare il suo di sogno, mentre tutti gli altri erano là a raccontare i loro, le ha detto: "Guarda che chi non si ricorda i sogni che fa, secondo noi non è mica tanto intelligente...".
Ecco, io inloopata e con un braccio solo, mi sono sentita intelligentissima.

Animelle

Ho aggiornato un pochino il blogroll. Lo trovate sotto la voce Animelle. In realtà non sono frattaglie, seppur ottime, ma anime belle. Blogger che mi piacciono, che leggo, che mi emozionano, che mi interessano...
Sono belli forte tutti, dotati di fighetudine.
Non sono pochi, certo, ma fateci un giro voi che passate di qui. Che  io non ho molto da dire in questo periodo mentre loro sì. Andate, su.

lunedì 13 settembre 2010

Arabesque

Lunedì mattina. Ti alzi e tra occhiaie e pieghe del cuscino che ti ghirigorano la faccia è ovvio che pensi che c'è troppo grigio nell'aria e che servirebbe una botta di vita, sai quelle cose che ti alzi e non ci sono occhiaie e manco pieghe del cuscino ma solo un sorriso grande come un ghirignao perché sei figa, lo percepisci con ogni poro della pelle e quello, il poro, sorride e contribuisce all'arabesco. E ti viene voglia di prendere posizione e di assumere la posa giusta.


Perché la schiena diritta, se non è il tutto, è già comunque molto.
Poi esci, che è già tardi. E che ti frega se comunque non ci sono botte e occhiaie e pieghe  le hai solo lievemente occultate col fondotinta. Ti fermi al bar per il terzo caffé mattutino, confidando nella caffeina in aggiunta alla nicotina, che anche quella c'ha le sue belle colpe se poi vedi grigio attorno e dentro. E al bar, al bancone, c'è un tipo con il cranio rasato. C'ha la panza e gli occhi piccoli, non è simpatico di sicuro. Te osservi, distaccata e poi ti fermi sull'attaccatura tra collo e cranio, che ha una conformazione sana di quelle che Lombroso si sarebbe annoiato, e mentre sorseggi il tuo caffè, vedi perfettamente il tuo ormone in posizione di arabesque (*).
E' lunedì ma ce la faremo.

(*...Senza tutù, perdio!)

domenica 12 settembre 2010

I sogni, se non sono incubi, sono cose belle da ricordare.

Stanotte ti ho sognato ed  è stato bello.
Eri piccolo e profumato e i tuoi occhi blu notte mi sorridevano. Eri attento ad ogni mio movimento. E io ti stringevo e pensavo che non ti avrei voluto più perfetto di così, mentre fuori nel buio si sentivano lontano i latrati dei cani. E allora ti parlavo.
Ti dicevo che non bisogna aver paura dei cani, no. Io la mano finché vuoi te la tengo, tranquillo.
Ho altre cose da dirti però: qualunque strada prenderai quando saprai camminare io ci sarò,  ma almeno cinque passi indietro rispetto a te. Per guardarti da lontano diventare quello che vuoi.
Tira un bel sospiro: non sarai meno perfetto se non mi troverai d'accordo sempre con le tue scelte e se sarò preoccupata perché camminerai sul filo.
Non sarò l'aguzzina che ti farà vivere di sensi di colpa e manco la crocerossina pronta ad  impedirti di cadere.
Ma se piangerai la mia mano sarà pronta a scacciar quella lacrima. Sarai perfetto, chiunque tu sarai.
 

sabato 11 settembre 2010

Quando ci vuole

Ok, un pochino nervosa, lo ammetto, lo sono di mio. Che ho sogni che ho chiuso a fatica dentro la scatolina e slanci istintivi che si infrangono come il miglior clown contro la vetrata non vista.
Faccio ridere, bon.
Tengo i capelli sciolti, tiro dentro la pancia, lavoro di diaframma, bon. Si va.
Ma non mi puoi scrivere sott'ufficiale e poi ridere se ti faccio notare che è bene se quando scrivi tieni il dizionario accanto. Perché tiro giù a mani nude santi e madonne. E passo per cattiva e nervosa.
E non faccio più ridere, bon.

Gente da pub


Ci sono sere che a casa non ci voglio stare e allora mi guardo il mondo da qui, da questo angolo di bancone. L'inquadratura è proprio questa, è il mio posto. Qui trovo tanti saluti e sorrisi, mani amorevoli che scelgono per me il panino giusto, a seconda della fame che mi ritrovo dopo il lavoro.
Ognuno dovrebbe avere il suo pub di riferimento, dove ti conoscono per nome e sanno tanto di te. Diciamo, il sufficiente.
Le mie, là dai Pubbari, sono facce amiche con cui ridere, che non han paura di raccontarti i loro tormenti. Che sanno anche però redarguire quando bevo troppi caffè oppure ho i miei scatti di fastidio per le cose che sento e vedo, durante la giornata.
Qui trovo spesso pace. E finisce che, se ci arrivo da sola in quell'angolo di bancone, che non dico niente, sorrido e poi apro un libro e mi metto a leggere. E non mi pare che io, che adesso sono qui in quest'angolo a leggere  Sbriciolu(na)glio mi diverto meno di quelli che sono attorno a me a divertirsi per forza e poi non sanno distinguere una scotch Ale da una "bianca" e guardano con supponenza il mio panino con la sopressa, caldo quanto basta, e con il profumo di aglio. Non sarà chic ma è mio. Briciole comprese. 

Ps di servizio per l'autore del pregevole libello in lettura: Rossi, lunedì spedisco quel che devo spedire. :)

giovedì 9 settembre 2010

Le ali della libertà

L'amore, dato o ricevuto, non è una gabbia. Non ha la funzione di fermare e bloccare, ma di liberare.
Se l'amore diventa una gabbia, non si può chiamare con quel nome.
Se supplichi, trattieni, forzi, alla fine non ami. Se punti sul ricatto, sulla commiserazione o peggio la paura e la violenza, quel che tu pensi sia amore e ti ci arroti dentro come una spirale senza fine, non vale più di un cerino spento da un soffio di vento.
Perché quando incroci quegli occhi e ci guardi dentro bene, ci vedi solo la tua paura. E la sua, di te.
 

martedì 7 settembre 2010

Io ci vado sola

Siete mai entrati in uno di quei gabinetti pubblici, con la porta automatica che si chiude come se si entrasse in un ascensore? Quelli pieni di bottoni, dentro. Uno per lo sciacquone del water, l'altro per tirare fuori la carta igienica, il bottone per il sapone, l'altro per l'acqua del minilavandino per lavarsi le mani dopo. Ecco io in quei cosi lì ci entro da sola. Non voglio nessuno attorno, manco che manco mia madre. Ci sono cose che te le porti dietro come un trauma e da allora io sono una donna che al bagno ci va da sola, metti che hanno il gabinetto tecnologico con la porta automatica che si chiude come se si entrasse in un ascensore? Quelli pieni di bottoni, dentro. Uno per lo sciacquone del water, l'altro per tirare fuori la carta igienica, il bottone per il sapone, l'altro per l'acqua del minilavandino per lavarsi le mani dopo. Ecco io quei cosi lì li temo più della candida. 
Tanto sono muscolosa, la pipì la faccio senza appoggiarmi mai, c'ho forza io sulle braccia e ho pure il set di  fazzoletti da usare alla bisogna, per rivestire la tazza. Figurati te se io ho bisogno di qualcuno per entrare in uno di quei cosi tecnologici, con la porta automatica che si chiude come se si entrasse in un ascensore? Quelli pieni di bottoni, dentro. Uno per lo sciacquone del water, l'altro per tirare fuori la carta igienica, il bottone per il sapone, l'altro per l'acqua del minilavandino per lavarsi le mani dopo. No, no, ci vado sola.
Affronto i bottoni sola, io. 
Che quella volta che ci sono entrata con mia madre, io ero piccola ed eravamo ad una festa nazionale dell'Unità, forse Ferrara, forse. E mia mamma disse: metti la moneta e entriamo assieme che sembra un ascensore con la porta automatica che si chiude. E guarda quanti bottoni, dentro. Uno per lo sciacquone del water, l'altro per tirare fuori la carta igienica, il bottone per il sapone, l'altro per l'acqua del minilavandino per lavarsi le mani dopo. E prima ha fatto lei e toccava e poi ho fatto io e lei toccava ancora i bottoni, curiosa, e mi diceva sbrigati che si aziona l'autolavaggio disinfettante e profumante. E io le ho detto solo: mamma, premi che mi serve la carta igienica. 
E lei ha premuto e si è aperta la porta dell'ascensore e tutti fuori, quelli in coda dopo aver mangiato le rane alla festa e bevuto il vino, sì era Ferrara, forse, erano lì a guardare me che non uscivo e me ne stavo raggomitolata, con le mutande abbassate sulle ginocchia e la gonnella alzata, seduta sulla tazza, con i fazzolettini sotto a far da cuscino. 
Ecco la carta, ecco, pensò di urlar mia madre per spezzare l'imbarazzo e con una mano bloccava la fotocellula della porta che voleva chiudersi come un ascensore e ci aspettava la doccia disinfettante e profumante e io dovetti alzarmi, bestemmiando il bestemmiabile imparato nel cortile, e correre fuori alzandomi in fretta le mutande e manco sistemando la gonna perché quei posti lì sono pieni di bottoni e sono infernali, quando deve pulire chi c'è c'è. 
I bottoni. Uno per lo sciacquone del water, l'altro per tirare fuori la carta igienica, il bottone per il sapone, l'altro per l'acqua del minilavandino per lavarsi le mani dopo. E quello della carta igienica è a fianco dell'apertura della porta. Adesso lo sapete, ma io lì in quei così lì, siano a Ferrara, o qui da me, o lì dove siete voi, io ci entro da sola. 

lunedì 6 settembre 2010

The tree


Domenica sera sono stata  a forte Carpenedo. E' un posto che amo, immerso nel verde a due passi, due , dal centro della mia città. Questo vecchio forte militare è un piccolo scrigno di natura, spazi di cui la città dovrebbe appropriarsi completamente rendendoli quartieri e non solo monumenti da proteggere.
Stavolta gli alberi sono diventati la scena di uno spettacolo teatrale, The Tree, messo in scena da un giovane compagnia, quella del Teatro in folle. L'albero diventa parte dello spettacolo, tra i rami ha cercato rifugio Frida, una giovane ragazza e non sai, se non alla fine, perché c'è finita tra quei rami, senza scarpe, lontano dalla città. Anche lei con una maschera, in una società mascherata. 
Però lei, almeno, è fuggita, distrutta dal dolore di un amore nato tardi e morto prima di potersi esprimere perché dall'altra parte il tempo aveva lavorato allontanando, dice lei, ogni possibilità di espressione di quel sentimento. Sotto l'albero gli altri personaggi. Il signorotto abituato a fingere e che soffrirà molto, il cattivo che vuole solo tagliare l'albero e non soffrirà per niente e Libertà, che sembra piccola e quasi incosciente, ed è invece il filo narrante, la vera forza che si esprime alla fine quando l'albero viene tagliato, i rami crollano e nessuno sa bene se Frida è morta, come il suo amore, o se è fuggita grazie a quel ragazzo, tornato sui suoi passi per ridarle capacità di esprimersi. 
Certo si tratta di una compagnia giovane, le attrici hanno vent'anni massimo; per certi versi è ancora acerbo il racconto. Certo la pioggia e i problemi tecnici ci hanno messo lo zampino assieme ad una cassa dall'acustica fastidiosa, non c'era un grande apparato scenico. Qualche video andava sistemato da mani esperte. 
Ma è stata una serata diversa con Elena e le sue compagne di scena. E io mi sono messa a pensare alle maschere che portiamo, alle parole che non diciamo, all'amore che fa male se non si può esprimere. E se te ne vai lungo il vialetto del forte, sull'erba bagnata, con questi pensieri, quel che hai visto E' teatro.


Promemoria

Sì, il primo è che resto fighissima. Sì.
Poi è bene che mi sistemi la convergenza, che la mia bocca sincera spara cose che poi mi pento, perché sorprendono e poi le persone ci stan male e non è bello, no, per una come me che vuole vivere da innocua.
E' bene anche che spieghi qui, dove mi leggono, che mi voglio molto bene. Perché mi han fatto notare che a volte sono così critica con me, con intento ironico, che l'ironia non si nota e pare che non mi amo.
E questo mi fa male, al solo pensarlo.
Poi è bene che in questo promemoria metta il fatto che venga qui a rileggermelo stamattina, quando mi sveglio, così non ho scusanti. Che è tutto scritto.

venerdì 3 settembre 2010

Bigodini

Ho ritrovato nel mobile sotto il lavandino una vecchia scatola di plastica, piena di bigodini. Li usava la mia mamma quando portava i capelli più lunghi. E per giocare li metteva pure a me, per farmi smettere di  piangere quando mia sorella mi lavava i capelli con la camomilla e in un impeto di sorellanza me la versava bollente sulla testa. Aveva spesso di questi impeti.
Mi voleva sicuramente tanto bene.
All'epoca ero bionda, poi ho virato sul castano, poi modificato in rosso. A casa dicono che son le scottature in testa che  mi han fatto diventar castana. Io sono una bionda naturale che non lo è più. E a pensarci bene io bionda non mi sono mai vista, quando guardo la faccia che mi ritrovo.
Però lo ero, bionda. Son cose eh?
Non è una deviazione della mia mente, ci sono foto che lo provano a meno che...non le abbia modificate io, direte voi che non ci credete. Ma quando sono nata io photoshop non c'era mica.
Si era quel che si era. Pure nelle foto.
Penso a tutte queste cose mentre mi metto i bigodini in testa e giocherello come le femmine. E la giocata mi rilassa. Adesso che sono castana, modificata sul rosso, ringrazio il photoshop casalingo di quelle scottature e gli impeti di sorellanza. Belle cose.


giovedì 2 settembre 2010

Secche

Sto affinando l'arte dell'adattamento. Credo che il vero passaggio dall'adolescenza all'età adulta stia proprio nella capacità di adattarci agli eventi che ci capitano. E reagire.
Da ragazzina, quando Gino mi mollò per mettersi con la Betty ricordo che piansi per un mese di fila , tutti i pomeriggi di nascosto dai miei, e per due mesi mangiai solo crackers. Dicevo che avevo mal di stomaco, in realtà volevo dimagrire perché mi ero accorta che quella Betty, nonostante il canino castorino, era una secca da paura. Da allora, non so, le secche son state un problema.
Adesso che sono una single senza sesso e amore e vago allo stato brado nel mio mondo adulto, ci ho pianto sopra una settimana e ho preso un chilo. Per fortuna, a suon di dare e avere, alla fine qualcosa ho imparato e quello cosa è se non spirito di adattamento?
Stavolta evito di mangiare solo crackers.
Ma le secche...ecco su quello ci devo ancora lavorare.

:)
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