Fatacarabina

Fatacarabina

domenica 31 agosto 2008

Il coltello non sbaglia mai

Il coltello è ancora nella mia mano. Lo fisso, l’acciaio brilla alla luce dell’abat-jour. Virate di colore giallo sole sull’argento della lama. Sono tranquilla, respiro lentamente ma non mollo la presa. Potresti ancora muoverti ma a te davvero, non penso adesso. Non sei così importante come credi. No, adesso mi gusto io il respiro ritrovato.
Prendo un lembo delle lenzuola. Sono rosse e sorrido. Così la macchia di sangue, sulla punta del coltello sparirà tra le mie lenzuola assieme allo sporco che tu ci hai lasciato, penso, aprendo le labbra e bagnandomele con la punta della lingua.
Adesso potranno respirare anche loro. Svolazzare, senza pesi. Come me.
I miei polmoni si muovono lentamente, senza fretta. Li posso addirittura sentire mentre filtrano l’aria.
Pulisco la lama, ripongo il coltello nel cassetto e mi alzo. Sono nuda e sento un po’ di freddo, anche in mezzo alle gambe. Scosto la tua gamba per afferrare il mio kimono e mi copro. Lentamente. Ma toccandoti, tu molli un rantolo sommesso e impercettibile. E’ bello vederti così, mansueto e inoffensivo. Ma non serve dirti nulla. Ti basti il mio sorriso, io me ne vado in cucina.
Devo bere, ho sete. Apro la porta e la luce mi ricorda quella dell’abat-jour, calda e confortante. C’è del prosecco in frigo, ottimo per festeggiare. E serve anche una sigaretta. Sì, devo festeggiare e tu stavolta non sei l'ospite d’onore.
Di solito fumavamo assieme prima di fare l’amore. Ma era all’inizio della nostra storia ; quando mi corteggiavi, mi seguivi fin davanti alla porta del negozio per parlarmi e fingevi di incontrarmi per caso per stare il più possibile con me.
Poi quando ti ho aperto le porte della mia casa, con il passare del tempo, tu hai cominciato a fumare da solo.
Lo facevi mentre io piangevo in un angolo del letto. Stremata, dolorante.
Non ti sei mai preoccupato di venire a vedere come stavo, ti fumavi la tua sigaretta in cucina e poi dopo un bel po’ entravi, ti vestivi ed uscivi. Senza dire nulla.
Il giorno dopo, eri un altro uomo. Il re della gentilezza, il tipico principe azzurro della porta accanto . Come se gli ematomi che mi lasciavi addosso fossero il frutto della mia fantasia e non della tua realtà. Fiori in negozio, bigliettini d’amore e sms sdolcinati.
Ti mettevi d’impegno e riuscivi a farmi dimenticare lo schifo dei tuoi schiaffi, dei tuoi insulti. Della tua assurda gelosia. Non so come facevi. Forse era quella faccia da bambino che ha commesso una marachella a farmi pensare che alla fine un tuo schiaffo forse aveva una vera motivazione, il tuo timore di perdermi. La mia incapacità di non rinunciare agli amici per vivere solo con te. Senza nessuno che infastidisse il nostro idillio, il nostro amore.
Sono arrivata a pensare, alla fine, che fosse colpa mia, che la tua reazione fosse la conseguenza di una mia colpa, di un mio comportamento sbagliato.
Adesso fumo io, mi rilasso io mentre tu sei di là a frignare.
La situazione si è capovolta, e la cosa è divertente . Sono io a farti piangere.
Sento la tua voce che mi implora ma non ti ascolto, sono concentrata sui miei pensieri. Sono come te, pacifica dopo la punizione. Sul muro c’è la tua foto appesa: le ondate di nicotina ti coprono il viso come un velo oscuro.
Perché non ho voluto vedere subito che era quella la tua vera faccia, che i tuoi schiaffi non sono mai stati motivati. Che l’irruenza con cui mi costringevi a darti piacere non era un gioco condiviso ma solo un comando.
L’ho capito solo ora, dopo che la mia rabbia ha avuto il sopravvento, all’improvviso, costringendomi a vomitare fuori tutto lo schifo che ho seppellito dentro di me.
Come un antidoto, il coltello mi ha difeso stavolta dal tuo veleno. Lui non ha sbagliato. L’avevo nascosto nel cassetto del comodino senza neanche rendermene conto, prima che tu suonassi al campanello di casa mia. Volevi fare pace. Ti ho fatto salire, abbiamo parlato un pochino ma eri stanco e siamo andati a sdraiarci sul letto.
Eri stanco di chiedermi scusa, stavolta volevi startene con me senza alzar le mani. Volevi che ti curassi, che ti coccolassi. Chissà perché, forse in ufficio le cose ti erano andate male. E io ho accettato il comando. Ti ho tolto la maglia, ho accarezzato lentamente la schiena, ti ho fatto stendere a pancia in giù.
Se penso al dopo, mi vien da ridere: non me ne frega assolutamente niente di quel che accadrà ora o domani. E neanche mi scompongo quando sento i tuoi passi alle mie spalle. Sento che prendi il telefono e piangendo chiami qualcuno. Chiedi che facciano in fretta, stai male. Temi di morire.
Non mi interessa niente, è questa la verità. E’ questo ora che mi da piacere e non voglio neanche perdermi un centimetro di questa percezione. Sento il mio corpo che vive, sento il dolore dell’ematoma sul braccio, ma anche il caldo della mia mano che accarezza, sfiorandola lentamente, la gamba.
Sto bene. Quando massaggiandoti la schiena ti ho visto finalmente innocuo, dolorante, assolutamente passivo , lui mi ha chiamato. La mia mano, senza neanche attendersi un comando, si è diretta verso il cassetto, verso il coltello.
Tra quel movimento e quello successivo, il colpo netto della lama dentro la tua schiena, quanto sarà passato? Un paio di secondi al massimo. Il tempo di spostare il braccio, inarcare la schiena, colpire.
Bastava così poco per ottenere la quiete?


Scritto tra il 22 e il 25 agosto 2008

sabato 30 agosto 2008

La tua foto

Te ne sei andato da giorni, sei sparito senza una parola.
Forse era giusto così, visto che poco c'era
oramai che non fosse stato detto, analizzato, valutato.
Mi è rimasta la tua foto.
Il tuo volto, dietro una nuvola di fumo.
Quello di un sigaro che avevi fumato davanti a me,
quando mi desideravi.
Ho dovuto nasconderla, lontano dal mio sguardo quotidiano.
Mi fa pensare alla voglia che potrei avere ancora di te.

Baciami, amica mia

Non ci siamo, lo sai. Il punto è che hai rinunciato alla passione.
Quella che ti rendeva viva.
Non so bene cosa ti sia successo. Ad un certo punto, l'hai fatto.
Hai smesso.
Hai buttato dentro la scatola pennelli e colori,
ti sei messa a cercare un'altra passione da coltivare.
Hai avuto fortuna, qualcusa hai trovato.
Ma oggi sei qui stremata a dirmi che la tua vita è un fallimento.
E io, che mi rivedo tutte le mattine come tu sola mi hai dipinto,
nei toni del fuoco, come posso credere che tu sia un fallimento.
Alzati, amica mia e baciami sulla guancia.
Ti aiuto io se vuoi. Tira fuori dall'armadio quella scatola,
e ricomincia a sognare.

venerdì 29 agosto 2008

Peter

L'ho incontrato in una vallata vicino a Caqui, nel Nordest argentino, durante il mio secondo viaggio nel paese dove si può ancora vedere l'infinito. Avrei voluto portarlo con me ma era senza passaporto e mi era impossibile, convincerlo a lasciare quelle terre.
Ammetto che ancora oggi non riesco a pensare a lui senza sentirmi all'improvviso triste. Perchè Peter in poco più di due ore ha saputo darmi più di tanti altri.
L'ho conosciuto davanti ad una casa, mentre cercavamo le indicazioni per raggiungere alcune interessanti pitture rupestri. E' apparso dietro ad una bambina uscita da una casa ad un piano tra le piante con un porticato sconnesso, e che era corsa a vedere se ci eravamo persi.
Lei ci parlava, placida e sorridente; lui è spuntato alle sue spalle. Lo sguardo sereno, l'occhio furbo. Si è avvicinato a noi, e si è piazzato di fronte a me in attesa.
"Se volete vedere le pitture rupestri, vi porta Peter", ci ha detto la ragazzina.
Neanche ho fatto in tempo a chiedere quanto ci sarebbe costato il disturbo.
Lui mi ha guardato, si è girato ed ha cominciato a camminare davanti a noi verso la montagna. Il sentiero passava in mezzo ai rovi, con un percorso tra le pietre su cui si camminava in modo sconnesso. Ma Peter sapeva il fatto suo, anche senza bisogno di cartelli intuiva in che punto si doveva girare a destra rispetto al cespuglio di cafajate o piante dai rami spinosi. Lui non parlava e noi in reverenziale silenzio lo seguivamo lungo la salita in fila indiana. Era lui il nostro capo.
Ogni tanto spariva veloce alla nostra vista. Ma niente paura ; ce lo ritrovavamo davanti all'improvviso, sorridente. Come se la fatica del cammino neanche lo sfiorasse. Oramai eravamo ad un passo dalle rocce, salivamo sfiorandole attenti a non mettere un piede in fallo. All'improvviso davanti ad un costone di roccia Peter si è fermato, come impietrito. Fissava la parete,estasiato, e quello sguardo ci ha spinto a vedere nella direzione in cui voleva lui che guardassimo.
All'inizio non capivamo, pensavamo alla presenza di qualche animale nascosto tra le rocce. Poi lo stupore si è impossessato di noi: le avevamo individuate, stavamo guardando le pitture rupestri. Segni lasciati dagli uomini migliaia di anni fa.
Mi sono seduta su una roccia che sporgeva dal terreno, per guardare meglio e anche riposarmi.
Peter, silenzioso, mi si è seduto vicino. Senza dirci niente, siamo rimasti mezz'ora a fissare la parete, guardando i colori, le forme di quelle tracce antichissime: una scena di caccia , cacciatori dipinti di rosso mattone ed un animale , forse un cervo o un lama, in corsa inseguito dall'uomo che lo voleva uccidere.
Colori che si erano fusi con i toni della roccia.
Io guardavo, ma sentivo accanto a me il calore della presenza di Peter. Per lui, parlava il respiro, cadenzato come un mantra.
Non so perchè l'ho fatto, ma l''ho abbracciato e lui non si è scostato, anzi si è fatto più vicino a me. Abbracciandolo potevo sentire distintamente il rumore del suo respiro e poi il battito del cuore. Rilassato, sereno. Mi sono sentita allora un tutt'uno con quelle terre selvagge e sterminate. Avevo ritrovato davanti ad una roccia il senso dell'infinito che cercavo attraversando le Ande.
Non mi sarei più staccata da quell'abbraccio gentile che mi aveva riempito l'animo di pace, di quiete.
Ma Peter, forse imbarazzato da tanta improvvisa intimità con una sconosciuta, all'improvviso si è rialzato e si è allontanato da me. Riprendendo il cammino verso la casa della sua amica, ogni tanto si voltava a vedere se lo seguivamo.
Voleva essere sicuro che non ci trovassimo in difficoltà durante la discesa. E così è stato, tutto è andato per il meglio e la sua piccola amica era ad attenderci, sorridente, per sincerarsi che la gita fosse riuscita per il meglio.
I saluti sono stati una formalità, come spesso accade tra persone che parlano lingue diverse. Con Peter non sono servite parole, invece. Il suo sguardo fiero e attento indicava che aveva capito quello che mi era successo, che mi ero sentita parte del suo mondo. E gli bastava. Se ne è andato dopo avermi sorriso e baciato la mano sinistra.
Dopo anni ripenso a lui con affetto e tristezza.
Non era bello, non sarebbe mai stato mio.
Ma era un cane e solo lui poteva insegnarmi il piacere della pace interiore.

Dream

Ho sognato che facevo un passo verso una persona.
E che i miei cactus crescevano a dismisura fino a rompere il tetto.

Mi sono svegliata incuriosita.
Il cactus non è cresciuto , la mia casa è ancora in piedi
ma quella brutta e scomposta pianta
mi ha regalato oggi un bel fiore. Giallo e rosso.
La natura si è messa d'impegno attorno a me
E io, invece?

giovedì 28 agosto 2008

Nemica

Mi osservi, mi scruti
Cerchi di capire
la donna invisibile
davanti a te.
Ma non puoi, non ne sei capace.
L'intelligenza non ti manca
ma non hai motivo di
capire, quindi perchè dovresti farlo.
Ora.
Vivi in un mondo di pura apparenza,
ti preoccupi di quel che indosso
e di come lo indosso
mentre non intuisci cosa scorra
dentro di me.
Soppesi il mio essere
dall'ammontare degli scontrini
dei vestiti che mi vedi portare.
Ti chiedi quale sia la stilista di moda,
o la rivista o l'amica
che mi ispiri. Pensi che ci sia
sempre qualcosa di diverso da me
ad azionare i movimenti delle
mie labbra, a scatenare
le mie emozioni.
Ma non intuisci minimamente
quello che mi agita.
Non mi vedi.
Pensi sia alla fin fine lo stesso sangue
quello che scorre dentro le nostre vene.
Ma non c'è la minima
coincidenza.
Tu non tocchi come tocco io
Non annusi, non desideri, non brami
quello che io voglio.
Perchè non sei me.

Le cose da fare

Mi sono svegliata e non l'ho trovato; ho cercato sotto il cuscino, sul comodino, persino dentro al cassetto delle mutande. Non trovo più l'entusiasmo...Sarà che sono stanca, devo ancora andar in ferie; sarà che mi serve una dose di novità...Sarà, sarà...Ma oggi l'entusiasmo mi ha mollato.
Devo reagire ed allora copio l'idea del to do, della lista delle cose da fare.Magari lui, l'entusiasmo si accorge che ho bisogno di lui, e pietoso, torna a darmi una mano.

La mia lista, allora, è questa.

1) Oggi sono di turno in redazione e alle 21 devo moderare un dibattito. Devo trovare il tempo di studiare un pochino i materiali per non far domande stupide...
2) Domani c'è la cena dei blogger del Nordest: salvo casini di lavoro, dovrei trovare un pò di benedetto coraggio e andare a conoscere finalmente de visu questo mondo fatto di persone interessanti.
3) Devo decidermi a prendere un cane al canile municipale
4) Devo mettermi in testa che se non stiro io, qui a casa non lo fa nessun altro
5) Devo decidermi a lasciar perdere gli ormoni
6) Devo continuare a corteggiarmi, perchè se non ti ami tu alla fine come ti ameranno gli altri?
7) Devo continuare a scrivere i miei racconti, con perseveranza, e con lo spirito con cui ho iniziato.
8) Devo regalare un sorriso a qualcuno ogni giorno. Donare qualcosa, senza attendersi nulla in cambio.
9) Devo evitare a volte di scialacquare i miei soldi, non è tempo questo per lo shopping compulsivo
10) Devo impegnarmi a studiare bene lo spagnolo e la fisica quantistica

A fine settimana vedremo cosa ho combinato....

mercoledì 27 agosto 2008

Precisazioni

Alcune ulteriori precisazioni rispetto al mio precedente post sul sesso nell'era di Skype.
Non ho voluto vedere la questione in termini di maialoni a caccia di cappuccetto rosso.
Non mi sono mai sentita così, rivendico anzi una assoluta libertà per le donne di far quello che vogliono e con chi vogliono.
Il problema è il sentirsi non una donna, magari da corteggiare, ma l'essere un oggetto. Per il solo fatto che sei in rete, sei automaticamente una disponibile, a cui sbattere in faccia le foto del tuo organo genitale, con una tempesta di richieste di sesso virtuale.
Estremizzo certo ma lo faccio per far arrivare meglio il messaggio che intendevo lasciare su questo blog.
Avances esplicite che a mio avviso, risultano più fastidiose di qualsiasi apprezzamento o esplicito riferimento che ti possa arrivare da un gruppo di uomini seduti al bar. Perchè? Ovvio la rete ti consente mille trucchetti di finzione. Ho continuato a rifletterci su e il fatto che spesso a considerarti oggetto sessuale e non essere pensante siano spesso i più giovani, mi preoccupa. Mi arreca oltre al fastidio anche una certa dose di paura. Perchè a questi ragazzi oggi manca l'educazione ad accettare un no da una donna. E basta leggere i giornali per capire a quali livelli di violenza contro le donne si arrivi anche in Italia.
Credo fosse importante lanciare un sassetto...

Il sesso nell'era di...

Metti che sei donna, libera, tutt'altro che condizionata da questo o quel clichè. Metti che una sera accendi skype perchè magari aspetti di vedere se un tuo amico si collega. Metti anche che per curiosità, o noia, su skype ci ritorni e ti posizioni su skype me, aprendoti ai contatti con chiunque. Beh, si apre un mondo. Fatto principalmente di uomini. Che vogliono una sola cosa.
Che tu accenda la webcam per farti vedere. E che magari, improvvisi uno strip-tease per loro. O che tu dia piacere a loro.
Hai poco da spiegare che il sesso virtuale ti annoia, che la cam è rotta. Ci sono situazioni decisamente imbarazzanti. Quello che ti chiede subito la misura del reggiseno o cerca di invogliarti inviandoti , senza autorizzazione, un file con la foto di un pene in primo piano. C'è chi ti infastidisce chiamandoti per avviare una chat video eloquente, e chiedendoti se ti interessa fare sesso senza neanche prima manco salutare. Chi tu sia non è importante, alla fine sei solo una parte di corpo.
Non sono una bacchettona, ma francamente ritengo difficile provare un qualsiasi piacere in questo modo.
Ma dall'altra parte, nell'era di Skype, tutto questo passa in secondo piano.
Se chatti, se ti muovi in internet a tarda ora e sei di sesso femminile, sei lì solo per un motivo.
Chissenefrega se non è vero, se magari hai solo voglia di fare quattro chiacchiere con qualcuno completamente diverso da te o esercitarti nella comprensione di una lingua straniera. In quanto donna navigatrice, sei considerata il più delle volte automaticamente pronta. Solo per una cosa, il sesso.
Per esperienze sessuali che alla fine cosa potrebbero essere? Solo delle pure e semplici masturbazioni, celate da esibizionismo spinto.
E finisci con il passare la serata a dire di no, cercando di capire con chi potresti solo conversare. Perchè magari da essere pensante sei convinta che la conversazione sia la base primaria di qualsiasi tipo di rapporto con il prossimo; è l'habitat in cui ti muovi, ogni sacrosanto giorno della tua vita.
Basta un click per chiuderti alle spalle questo mondo. Ma non parlarne sarebbe stupido, oltre che ipocrita. Spegni e fai finta di nulla. Ma quel mondo, nonostante te ( e questa è la fortuna alla fine) , continua ad esistere.

lunedì 25 agosto 2008

Volare

Conto alla rovescia, al Lido arriva la Mostra del cinema.
Ci sarà da divertirsi, con i fratelli Coen e George Clooney, anzitutto.
Perchè chi come me ha amato "il grande Lebosky", difficilmente non potrà non essere di nuovo fedele e correre a sedersi in prima fila al cinema.
Ci sarà il ritorno restaurato di "Ladri di biciclette" di De Sica.
Ma anche un omaggio a Domenico Modugno. Due film di Mister Volare,
nell'80/o anniversario della nascita, verranno proiettati il 27
agosto in apertura della 65/a mostra internazionale d'arte
cinematografica, nella sezione fuori concorso eventi speciali
nuove versioni restaurate: "Tutto e' musica" e "Nel blu dipinto
di blu".
Io che sono venuta su a latte, Springsteen, Dylan e U2, apprezzo e gioisco. Modugno è stato un grande della musica italiana e le sue interpretazioni mi sono entrate nel cuore. Chi ha avuto l'occasione di acquistare il cd commemorativo in versione jazz avrà modo di capirmi....

Paolo, canta per me dai...

Via, via, vieni via di qui,
niente più ti lega a questi luoghi,
neanche questi fiori azzurri...
via, via, neanche questo tempo grigio
pieno di musiche
e di uomini che ti sono piaciuti...

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
good luck my babe,
it's wonderful, it's wonderful, it's wonderful,
I dream of you...
chips, chips, du-du-du-du-du

Via, via, vieni via con me,
entra in questo amore buio,
non perderti per niente al mondo...
via, via, non perderti per niente al mondo
lo spettacolo d'arte varia
di uno innamorato di te...

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful...

Via, via, vieni via con me,
entra in questo amore buio,
pieno di uomini...
via, entra e fatti un bagno caldo,
c'è un accappatoio azzurro,
fuori piove un mondo freddo...

It's wonderful, it's wonderful, it's wonderful...

venerdì 22 agosto 2008

Scrivere - post scriptum

Ieri sera stavo lavorando al mio terzo racconto. Ad un certo punto mi sono fermata per darmi una occhiata. E mi sono scoperta, assolutamente appassionata e vogliosa di scrivere. Non per un pubblico, che manco so se mai avrò, ma per me stessa. Scrivere è assolutamente un mio modo di comunicare. Se penso al silenzio degli anni passati, mi dolgo di aver trascurato lo scrivere anche come strumento terapeutico per analizzare le mie emozioni e quelle che gli altri mi trasmettono.
Ed ora che diciamola così, la vita mi ha un pò sporcata, sento come un assoluto bisogno scrivere, il trasformare in linguaggio le fantasie che la visione di un volto che passa per strada, di un colloquio tra due estranei, o di una immagine, mi può scatenare.
Scatenare è la parola esatta. Scrivere non è un esercizio di stile, scrivere è assolutamente uno stimolo improvviso e forte che ti parte da dentro e che hai BISOGNO di far uscire da te.
Non so in questo momento se mai riuscirò davvero a trasmettere quel che faccio agli altri. Ma non mi interessa, il bello è farlo.
E continuerò.

domenica 17 agosto 2008

Scrivere

Scrivo...dunque sono? Se analizzo questi mesi passati davanti al mio computer posso dire che è così. Scrivo per lavoro, così mi guadagno il pane quotidiano.
Ma scrivo anche per dare ristoro ad un bisogno che è nato impellente dentro di me. Quello di comunicare le emozioni che il mondo circostante mi offre e che penetrano dentro di me, lasciando un segno. Di compartecipazione, anzitutto, con le vite degli altri. Scrivo racconti da mesi ed è questo il momento migliore delle mie giornate, quando metto mani alle emozioni che la vita spesso mi sbatte in faccia, le analizzo e ne traggo dei racconti. In quei momenti, scrivere è una assoluta necessità. Impossibile sottrarsi ad un simile bisogno.
E se l'ispirazione non arriva forte e precisa, sale il fastidio di non poter riempire la pagina bianca del mio computer, inondandola.
Questo è il mio modo di comunicare.

giovedì 14 agosto 2008

Fasci e croci

Per la Santa Sede, Famiglia Cristiana non ha titolo a rappresentare il pensiero della Chiesa nella polemica con il governo per l'allarme lanciato dal settimanale sul ritorno al fascismo. Non mi aspettavo una presa di posizione diversa, anche perchè ricordo ( anche se all'epoca manco ero nata) bene che la Chiesa italiana ci ha messo davvero molto tempo ad ammettere gli errori fatti con l'appoggio a Mussolini e al suo regime fascista.

Famiglia Cristiana invece un titolo ce l'ha, quello di poter esprimere una opinione, al di là che vada bene alla Cei o alla Santa Sede. Perchè in quanto organo di stampa, Famiglia Cristiana ha la libertà, anche se è notoria la sua collocazione, di prendere le posizioni che crede. E se al settimanale cattolico intravvedono venti di fascismo che spirano sull'Italia, come li notano tanti altri cittadini in questo momento, la direzione fa bene a prendere una simile posizione.
Ed è bene che una volta per tutti, prelati e politici, se lo mettano chiaro in testa. Un giornale non trasmette solo notizie ma anche opinioni, serve a far discutere e a scuotere, se ci riesce, le coscienze.
Per carità stupisce questa presa di posizione oggi, dopo che in passato il settimanale cattolico ha dimostrato ampia simpatia verso il Pdl.
Ma un altro concetto è bene che si tenga a mente in questa Italia malata di immoralità: che si può anche cambiare idea. Ammettendo, magari, di aver sbagliato a parteggiare per una parte.

mercoledì 13 agosto 2008

Spiati

Leggo non senza un sorriso la notizia delle fortissime polemiche che stanno accompagnando la vendita dell'iphone. Steve Jobbs avrebbe ammesso che nel nuovo telefonino, che in Italia, chissà perchè, costa più che altrove , esiste un programmino che permette all'azienda di controllare il singolo cellulare e di eliminare così eventuali software non graditi all'azienda ed installati dal consumatore. Le associazioni dei consumatori minacciano proteste ufficiali e c'è chi avanza la richiesta anche di ritiro dei cellulari finora non venduti.
Verrebbe violata la privacy degli utenti e aggiungo io si finisce con il pagare fior di quattrini per un meraviglioso oggetto che di fatto un telefono non è e che addirittura ti spia. Chi ci assicura che oltre ai software indesiderati, quel piccolo programmino della Apple non controlli anche chi sentiamo, cosa facciamo con il cellulare, che gusti abbiamo?
Non sono una esperta di informatica ma la cosa è inquietante, siamo arrivati al punto di pagare per essere spiati?
Come se la nostra vita non fosse già soppesata, valutata, analizzata a sufficienza da addetti al marketing, cacciatori di idee e quant'altro. L'iphone insomma come un fastidioso guardone, solo che stavolta mica si nasconde, ce lo portiamo appresso noi?
Io l'iphone non l'ho comperato, pur essendo una appassionata della Apple e dei suoi prodotti. Essenzialmente perchè mi infastidiva in qualità di italiana dover spendere tanto per un telefonino.
Credo che in questa situazione,sia fondamentale per noi cittadini-consumatori avere il diritto-dovere di autotutelarci. La prima scelta resta a monte, quella di non acquistare un determinato prodotto ma abbiamo anche il diritto-dovere di denunciare, di chiedere spiegazioni, di mobilitarci per far conoscere che qualcosa non va, e non rispetta la nostra libertà individuale primaria, quella di farci gli affari nostri,senza che qualcuno stia lì in un angolo ad osservarci e valutarci.

venerdì 8 agosto 2008

Ve lo ricordate Spoon River?

Sarei stata grande come George Eliot
solo che mi fu avverso il destino.
Guardate il ritratto che Penniwit mi fece,
il mento poggiato alla mano e gli occhi infossati-
e grigi, e che guardano lontano.
Ma c’era il solito, eterno problema:
celibato, matrimonio o libertinaggio?
Poi John Slack, il ricco farmacista, mi corteggiò,
con la lusinga che avrei scritto il mio romanzo in pace,
e lo sposai, misi al mondo otto figli,
e non ebbi più tempo per scrivere.
Comunque, per me era finita,
quando mi piantai l’ago nella mano
mentre lavavo la roba del bambino,
e morii di tetano, una morte beffarda.
Ascoltatemi, anime ambiziose,
il sesso è la maledizione della vita!

(traduzione rubacchiata dal sito di Sorelle d'Italia)

giovedì 7 agosto 2008

Gli uomini, che fatica

Per carità adesso sono grande e avrei dovuto insomma farmene una ragione.
Ma aver a che fare con gli uomini, oggi, è davvero una impresa ardua.
Infantili, silenziosi, bloccati oppure monoschematici, interessati solo ad una cosa ( il benemerito sesso).
Passatemi lo sfogo, ma averci a che fare è davvero un casino.
E alla fine la cosa peggiore è che sei sempre tu, donna, a non andare bene perchè troppo passionale, troppo fantasiosa, troppo affettuosa oppure, che è peggio come definizione, troppo intelligente.

e che palle!!!

mercoledì 6 agosto 2008

Prostituzione e soldati

Cinquecento euro di multa ai clienti delle prostitute. Ha iniziato Verona, seguita da Padova ed ora da altre città venete. Oggi è arrivata anche l'adesione di Milano.
Dopo l'esercito mandato nelle piazze per lo spot sulla sicurezza del governo Berlusconi, una bella azione mirata per renderci più insicuri di prima, visto che alla vista dell'esercito tutti ci preoccupiamo di più, adesso è partita un'altra crociata estiva che può contare sulla ottima cassa di risonanza della televisione.
Guardo i servizi e non trovo un riferimento che sia uno alle tante questioni che stanno dietro il fenomeno della prostituzione.
Da un lato, la multa al cliente è certamente un meccanismo per mostrare che le amministrazioni locali, sempre più con i bilanci all'osso se non in rosso, qualcosa stanno facendo.
Ma dai servizi della tv non esce una riflessione che sia una sulle questioni di fondo. La tratta internazionale di esseri umani, gli affari floridissimi che le organizzazioni criminali fanno sul corpo di migliaia di donne straniere, costrette a battere il marciapiede. Tutti preferirebbero spostarle dal marciapiede alle case, chiuse è meglio. Ma come mi ha ricordato don Dino Pistolato della Caritas, se già oggi queste ragazze in strada per noi sono fantasmi, figuriamoci quando lavoreranno solo dentro le case. Saranno delle invisibili e per gli operatori sarà difficilissimi avvicinarle, convincerle magari a denunciare gli sfruttatori o anche solo assicurare loro forme di assistenza sanitaria. Doverose.
Chi si occuperà di loro? L'altra sera in tv ho visto una vecchia puntata, una replica, di Markette, con Chiambretti impegnato ad intervistare il direttore di Libero Mercato.
La prostituzione come il mercato degli articoli, servizi e prodotti legati al sesso, sono in costante attivo. Una frase pronunciata mi ha colpito: il direttore sosteneva che i fondi tedeschi collegati all'industria del sesso in Borsa sono quelli più sicuri, perchè quando l'economia va male , solo quel titolo invece cresce.
Quando ci sentiamo insicuri ci rifugiamo nel caro vecchio sesso.
Vuoi vedere che come reazione all'arrivo dei militari, alla paura che monta.......

No, non voglio neanche pensarci
ciao

L'ho trovata, ne parlavamo ieri sera tra amici, del vecchio Paz...

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