Fatacarabina

Fatacarabina

giovedì 30 settembre 2010

fata e galatea


fata e galatea
Inserito originariamente da lia§
ricordi della bloffest (sempre la Lia)

Fanculo

C'è gente che mi conosce e che sa che quando mi prende la paura fottuta di non saper scrivere, o meglio raccontare, io comincio a farneticare e faccio come la lumaca che si chiude dentro casa e dice che resterà lì per sempre. Poi regolarmente, succede che dentro il guscio mi manca l'aria e ci riprovo.
Fanculo a me.

mercoledì 29 settembre 2010

Decollo

Io stamattina mi sono svegliata presto, alle 7 ero già in piedi, e la casa era fredda e mi sono messa per la prima volta da mesi i pantaloni della tuta, che era freschino e poi aspettavo gli operai. E io mica sono una che apre la porta in mutande, cioè non sempre, almeno se devo far la seriale prima ti devo conoscere.
Insomma dicevo mi sono svegliata presto che mi hanno portato la lavatrice nuova, ci ho speso sopra 300 euri, che non era il momento ma è andata così. E gli operai alle 7.15 sono arrivati, due omoni enormi (uno è passato a fatica per la porta del bagno) e hanno portato su, srotolato, preparato la lavatrice nuova e l'hanno messa dove deve andare, davanti al wc. Che c'è posto solo lì e poi l'hanno messa  in moto, che deve fare un lavaggio a vuoto, signorina ( sì, loro mi hanno dato della signorina, forse perché accanto a loro io risultavo bassina) e se sono andati. Io ho pensato che alle 7.30 o tornavo a letto, che avevo freddino, o mi vestivo.
E sono tornata a letto e ho dormito un sonno lieve col sottofondo della lavatrice, che mi hanno detto che è silenziosa, hanno detto, la lavatrice.
Ad un certo punto ho sognato che ero dentro un missile, c'era un sacco di rumore, perché dovevo decollare, sparata in cielo come la donna cannone, ma non c'era De Gregori a cantar lentamente, c'era quel sibilo costante, da decollo appunto, fastidioso, che pensi che i giunti di casa saltano visto che io ero il cannone e c'era il conteggio alla rovescia, con la voce di Tom Hanks (non so chi lo doppia in italiano, ma era quella) e finito il conto, sono stata sparata in aria con un prot primordiale, così forte che mi sono svegliata.
Ma il sibilo c'era ancora. Adesso  ha smesso, che il lavaggio a vuoto è finito.
Silenziosa, sì, la mia lavatrice nuova.

lunedì 27 settembre 2010

Esempi di fighiume errante

Poi non venitemi a dire che io ho torto, che il fighiume errante io lo annuso a metri di distanza, come un procione da fighiume errante, meglio che i tartufi, siori...

Il riferimento è al virgulto che mi si è appollaiato a fianco, io non c'entro, è lui il protagonista.
L'avevo lasciato la sera prima su un palco
E' Van deer Gaz

(la foto è sempre di Lia (meraviglia morbida)

La prova

Lia, meraviglia morbida (strusciarsi è stato fantastico)  mi ha inviato la prova provata dell'esistenza del culone bianco a Riva del Garda. Visto che roba?



Cause perse

Comunque il momento più esilarante della mia blogfest è stato quando, alluppolati sotto il sole del post arrivo, fratello Sba mi ha fornito le specifiche tecniche dell'uomo giusto per me.
Oh, nei due giorni successivi ne avessi visto uno che ci assomiglia...

Approfitto per salutare anche il cigno di Riva del Garda

Se ne stava con il culone bianco sparato verso l'alto, le piume perfettamente asciutte e la testa invece era sott'acqua, con il collo lungo proteso verso il fondo del lago e il becco a caccia di chissà cosa tra i sassi, con gli occhi aperti. Sì, l'acqua vicino alla Riva era così limpida che gli ho visto gli occhietti aperti.
La zampa sinistra, bella muscolosa, la usava per darsi l'equilibrio e galleggiare. Pareva un grande culone bianco, deciso a conquistare il mondo. A me tanta sicurezza, mi ha rasserenato. Che se una cosa che fai ti viene naturale, te ne freghi del culone bianco e ti dai da fare.

lunedì 20 settembre 2010

Bye

Finisce l'estate , quella in cui ho scoperto tra le pieghe di me, la donna che voglio essere.

domenica 19 settembre 2010

Mi pongo tante domande

E' un periodo che mi faccio un sacco di domande. Me le ripeto mentalmente in testa e mica sempre riesco a darmi una risposta. Mi chiedo, ad esempio,  quando il mio paese ha perso l'uso della parola solidarietà.  Guardo sul dizionario,  perché non vorrei essere io quella che sbaglia.

c'è scritto:
solidarietà [so-li-da-rie-tà] s.f. inv.
  • • Rapporto di comunanza tra i membri di una collettività pronti a collaborare tra loro e ad assistersi a vicenda: s. sociale; condivisione di pareri, idee, ansie, paure, dolori ecc.


  • No, non ho capito male, io.
    Solidarietà significa darsi una mano. Tra persone  che condividono un luogo, un problema, una necessità.  Non è un concetto religioso, da elemosina pelosa. No. 
    Ecco, quelli che vorrebbero costringermi a pensare che vivo in padania, che non esiste, e non in Italia, che esiste, non la usano mai la parola solidarietà. Io non la sento uscire dalle loro bocche. 
    Magari, penso, la pronunciano a denti stretti, con un filo di voce, per non farsi sentire dagli amici vittime di una insolazione sulle rive del Po. Magari la usano a voce alta solo quando devono farsi belli davanti al parroco, che non si sa mai, meglio garantirsi un posto in paradiso, metti che la padania poi non lo fai... Poteva essere un gesto solidale l'autotassazione dei cittadini di Adro per costruire la scuola nuova, visti i bilanci all'osso di tanti enti locali. Non lo è più quando l'imposizione di simboli di un qualcosa che non esiste diventano un discrimine tra chi è con loro e chi è contro di loro. 
    E' evidente, mi stupisco che persone dotate di un intelletto, diciamo nella media?, non comprendano che c'è una enorme differenza. 
    Non la usano mai quelli di certe zone del Nord perché vorrebbe dire dar una mano a chi è in difficoltà e probabilmente quella mano da stringere è di uno zingaro, che adesso, dicono loro, si chiama in altro modo ma sempre sporco l'è. Non la usano manco in certi posti del Sud dove ti ammazzano per strada e te fai finta di non vedere, quel che invece hai visto, perché la mafia è dentro le ossa di questa Italia, che mi pare sempre più una grassa velona. 

    Solidarietà deriva da solidaire, che  è francese e rido perché è la Francia dove oggi i rom vengono mandati via e il nostro premier è l'unico che applaude, così gli alleati son contenti. 

    Mi chiedo dove l'abbiamo dimenticata noi, che ci vantiamo di pensarla diversamente, che usciamo di casa, andiamo al cinema e al teatro e ci diciamo che abbiamo delle città che per fortuna sono ancora belle, ma la sera passiamo davanti alla prostituta nigeriana e non diciamo niente. Ma ci spranghiamo dentro casa, metti mai che arrivi l'uomo nero a farci paura. 

venerdì 17 settembre 2010

Sfighitudine

Il Many mi ha coinvolto in un altro ebook, stavolta le "Cronache di una sorte annunciata", che è uno ma in realtà due, che suona come una doppia sfiga ma è soprattutto la dimostrazione che quando uno dice "Scriviamo?" trova sempre gente pronta a giocare, con le parole. Insomma, una banda di fighi che san parlare pure della sfiga.

Ci sono anche io, nel secondo volume, con "L'incrocio", che trovate anche  in quell'altra casa, quella delle storie.

Baucconing

Da quando sono diventata istintiva, lo sento che a volte risulto fastidiosa.
Da quando c'ho la cistite e devo farmi botte di antibiotici c'ho pure le vertigini.
Fastidiosa  e con le vertigini.
Baucca, insomma.



( Per i non veneti, baucco significa tonto)

mercoledì 15 settembre 2010

Piccole soddisfazioni dell'ego inloopato/2

Ci sono cose che è bene ricordarsele per i secoli a venire, che io dentro c'ho cose che mi partono in automatico, mi sa.
Beh  che il mio collega poeta mi adori, lo so, ma ieri mentre scrivevo e ticchettavo a manetta, pensando mentalmente a come costruire un arto artificiale per non esser vista che sono una che gira senza braccio e se fossi a Sparta sarei già volata giù dalla rupe, ieri dicevo, lui passava accanto alla mia scrivania, mi guardava, e mi baciava i capelli. Lo fa spessissimo.
E io ticchettavo e mi era parso , alla fine della giornata, che non l'avevo badato per niente, concentrata come ero su arti artificiali e ticchettii. Mi era parso che manco gli avevo sorriso.
Se ne è andato prima di me, a fine turno. Me ne sono accorta perché mi sono girata per salutarlo ed era già andato via ma mi ha lasciato un biglietto sulla scrivania.
C'era scritto: "Sei l'unica donna al mondo che dice grazie ogni volta che riceve un bacio".

Ingroppamenti

Ah dimenticavo, se ci cliccate sopra con la freccetta del mouse, sui pesciolini del blogetto, date loro da mangiare.

martedì 14 settembre 2010

Piccole soddisfazioni dell'ego inloopato

Io quando posso ascolto Radiodue e oggi in macchina, con la testa inloopata che avevo i cavoli miei che roteavano e un braccio solo , eppure guidavo benissimo, in una trasmissione con il simpatico Fabio Canino, una giovane e simpatica donna, una studiosa di sogni, raccontava di aver passato due anni in Perù e di aver imparato lì a portare rispetto per l'onirico che è in noi. E raccontava che la signora che l'ha ospitata nella casetta del villaggio senza luce elettrica, un giorno che lei si è svegliata e si è seduta a tavola per la colazione con la famiglia che la ospitava e non sapeva raccontare il suo di sogno, mentre tutti gli altri erano là a raccontare i loro, le ha detto: "Guarda che chi non si ricorda i sogni che fa, secondo noi non è mica tanto intelligente...".
Ecco, io inloopata e con un braccio solo, mi sono sentita intelligentissima.

Animelle

Ho aggiornato un pochino il blogroll. Lo trovate sotto la voce Animelle. In realtà non sono frattaglie, seppur ottime, ma anime belle. Blogger che mi piacciono, che leggo, che mi emozionano, che mi interessano...
Sono belli forte tutti, dotati di fighetudine.
Non sono pochi, certo, ma fateci un giro voi che passate di qui. Che  io non ho molto da dire in questo periodo mentre loro sì. Andate, su.

lunedì 13 settembre 2010

Arabesque

Lunedì mattina. Ti alzi e tra occhiaie e pieghe del cuscino che ti ghirigorano la faccia è ovvio che pensi che c'è troppo grigio nell'aria e che servirebbe una botta di vita, sai quelle cose che ti alzi e non ci sono occhiaie e manco pieghe del cuscino ma solo un sorriso grande come un ghirignao perché sei figa, lo percepisci con ogni poro della pelle e quello, il poro, sorride e contribuisce all'arabesco. E ti viene voglia di prendere posizione e di assumere la posa giusta.


Perché la schiena diritta, se non è il tutto, è già comunque molto.
Poi esci, che è già tardi. E che ti frega se comunque non ci sono botte e occhiaie e pieghe  le hai solo lievemente occultate col fondotinta. Ti fermi al bar per il terzo caffé mattutino, confidando nella caffeina in aggiunta alla nicotina, che anche quella c'ha le sue belle colpe se poi vedi grigio attorno e dentro. E al bar, al bancone, c'è un tipo con il cranio rasato. C'ha la panza e gli occhi piccoli, non è simpatico di sicuro. Te osservi, distaccata e poi ti fermi sull'attaccatura tra collo e cranio, che ha una conformazione sana di quelle che Lombroso si sarebbe annoiato, e mentre sorseggi il tuo caffè, vedi perfettamente il tuo ormone in posizione di arabesque (*).
E' lunedì ma ce la faremo.

(*...Senza tutù, perdio!)

domenica 12 settembre 2010

I sogni, se non sono incubi, sono cose belle da ricordare.

Stanotte ti ho sognato ed  è stato bello.
Eri piccolo e profumato e i tuoi occhi blu notte mi sorridevano. Eri attento ad ogni mio movimento. E io ti stringevo e pensavo che non ti avrei voluto più perfetto di così, mentre fuori nel buio si sentivano lontano i latrati dei cani. E allora ti parlavo.
Ti dicevo che non bisogna aver paura dei cani, no. Io la mano finché vuoi te la tengo, tranquillo.
Ho altre cose da dirti però: qualunque strada prenderai quando saprai camminare io ci sarò,  ma almeno cinque passi indietro rispetto a te. Per guardarti da lontano diventare quello che vuoi.
Tira un bel sospiro: non sarai meno perfetto se non mi troverai d'accordo sempre con le tue scelte e se sarò preoccupata perché camminerai sul filo.
Non sarò l'aguzzina che ti farà vivere di sensi di colpa e manco la crocerossina pronta ad  impedirti di cadere.
Ma se piangerai la mia mano sarà pronta a scacciar quella lacrima. Sarai perfetto, chiunque tu sarai.
 

sabato 11 settembre 2010

Quando ci vuole

Ok, un pochino nervosa, lo ammetto, lo sono di mio. Che ho sogni che ho chiuso a fatica dentro la scatolina e slanci istintivi che si infrangono come il miglior clown contro la vetrata non vista.
Faccio ridere, bon.
Tengo i capelli sciolti, tiro dentro la pancia, lavoro di diaframma, bon. Si va.
Ma non mi puoi scrivere sott'ufficiale e poi ridere se ti faccio notare che è bene se quando scrivi tieni il dizionario accanto. Perché tiro giù a mani nude santi e madonne. E passo per cattiva e nervosa.
E non faccio più ridere, bon.

Gente da pub


Ci sono sere che a casa non ci voglio stare e allora mi guardo il mondo da qui, da questo angolo di bancone. L'inquadratura è proprio questa, è il mio posto. Qui trovo tanti saluti e sorrisi, mani amorevoli che scelgono per me il panino giusto, a seconda della fame che mi ritrovo dopo il lavoro.
Ognuno dovrebbe avere il suo pub di riferimento, dove ti conoscono per nome e sanno tanto di te. Diciamo, il sufficiente.
Le mie, là dai Pubbari, sono facce amiche con cui ridere, che non han paura di raccontarti i loro tormenti. Che sanno anche però redarguire quando bevo troppi caffè oppure ho i miei scatti di fastidio per le cose che sento e vedo, durante la giornata.
Qui trovo spesso pace. E finisce che, se ci arrivo da sola in quell'angolo di bancone, che non dico niente, sorrido e poi apro un libro e mi metto a leggere. E non mi pare che io, che adesso sono qui in quest'angolo a leggere  Sbriciolu(na)glio mi diverto meno di quelli che sono attorno a me a divertirsi per forza e poi non sanno distinguere una scotch Ale da una "bianca" e guardano con supponenza il mio panino con la sopressa, caldo quanto basta, e con il profumo di aglio. Non sarà chic ma è mio. Briciole comprese. 

Ps di servizio per l'autore del pregevole libello in lettura: Rossi, lunedì spedisco quel che devo spedire. :)

giovedì 9 settembre 2010

Le ali della libertà

L'amore, dato o ricevuto, non è una gabbia. Non ha la funzione di fermare e bloccare, ma di liberare.
Se l'amore diventa una gabbia, non si può chiamare con quel nome.
Se supplichi, trattieni, forzi, alla fine non ami. Se punti sul ricatto, sulla commiserazione o peggio la paura e la violenza, quel che tu pensi sia amore e ti ci arroti dentro come una spirale senza fine, non vale più di un cerino spento da un soffio di vento.
Perché quando incroci quegli occhi e ci guardi dentro bene, ci vedi solo la tua paura. E la sua, di te.
 

martedì 7 settembre 2010

Io ci vado sola

Siete mai entrati in uno di quei gabinetti pubblici, con la porta automatica che si chiude come se si entrasse in un ascensore? Quelli pieni di bottoni, dentro. Uno per lo sciacquone del water, l'altro per tirare fuori la carta igienica, il bottone per il sapone, l'altro per l'acqua del minilavandino per lavarsi le mani dopo. Ecco io in quei cosi lì ci entro da sola. Non voglio nessuno attorno, manco che manco mia madre. Ci sono cose che te le porti dietro come un trauma e da allora io sono una donna che al bagno ci va da sola, metti che hanno il gabinetto tecnologico con la porta automatica che si chiude come se si entrasse in un ascensore? Quelli pieni di bottoni, dentro. Uno per lo sciacquone del water, l'altro per tirare fuori la carta igienica, il bottone per il sapone, l'altro per l'acqua del minilavandino per lavarsi le mani dopo. Ecco io quei cosi lì li temo più della candida. 
Tanto sono muscolosa, la pipì la faccio senza appoggiarmi mai, c'ho forza io sulle braccia e ho pure il set di  fazzoletti da usare alla bisogna, per rivestire la tazza. Figurati te se io ho bisogno di qualcuno per entrare in uno di quei cosi tecnologici, con la porta automatica che si chiude come se si entrasse in un ascensore? Quelli pieni di bottoni, dentro. Uno per lo sciacquone del water, l'altro per tirare fuori la carta igienica, il bottone per il sapone, l'altro per l'acqua del minilavandino per lavarsi le mani dopo. No, no, ci vado sola.
Affronto i bottoni sola, io. 
Che quella volta che ci sono entrata con mia madre, io ero piccola ed eravamo ad una festa nazionale dell'Unità, forse Ferrara, forse. E mia mamma disse: metti la moneta e entriamo assieme che sembra un ascensore con la porta automatica che si chiude. E guarda quanti bottoni, dentro. Uno per lo sciacquone del water, l'altro per tirare fuori la carta igienica, il bottone per il sapone, l'altro per l'acqua del minilavandino per lavarsi le mani dopo. E prima ha fatto lei e toccava e poi ho fatto io e lei toccava ancora i bottoni, curiosa, e mi diceva sbrigati che si aziona l'autolavaggio disinfettante e profumante. E io le ho detto solo: mamma, premi che mi serve la carta igienica. 
E lei ha premuto e si è aperta la porta dell'ascensore e tutti fuori, quelli in coda dopo aver mangiato le rane alla festa e bevuto il vino, sì era Ferrara, forse, erano lì a guardare me che non uscivo e me ne stavo raggomitolata, con le mutande abbassate sulle ginocchia e la gonnella alzata, seduta sulla tazza, con i fazzolettini sotto a far da cuscino. 
Ecco la carta, ecco, pensò di urlar mia madre per spezzare l'imbarazzo e con una mano bloccava la fotocellula della porta che voleva chiudersi come un ascensore e ci aspettava la doccia disinfettante e profumante e io dovetti alzarmi, bestemmiando il bestemmiabile imparato nel cortile, e correre fuori alzandomi in fretta le mutande e manco sistemando la gonna perché quei posti lì sono pieni di bottoni e sono infernali, quando deve pulire chi c'è c'è. 
I bottoni. Uno per lo sciacquone del water, l'altro per tirare fuori la carta igienica, il bottone per il sapone, l'altro per l'acqua del minilavandino per lavarsi le mani dopo. E quello della carta igienica è a fianco dell'apertura della porta. Adesso lo sapete, ma io lì in quei così lì, siano a Ferrara, o qui da me, o lì dove siete voi, io ci entro da sola. 

lunedì 6 settembre 2010

The tree


Domenica sera sono stata  a forte Carpenedo. E' un posto che amo, immerso nel verde a due passi, due , dal centro della mia città. Questo vecchio forte militare è un piccolo scrigno di natura, spazi di cui la città dovrebbe appropriarsi completamente rendendoli quartieri e non solo monumenti da proteggere.
Stavolta gli alberi sono diventati la scena di uno spettacolo teatrale, The Tree, messo in scena da un giovane compagnia, quella del Teatro in folle. L'albero diventa parte dello spettacolo, tra i rami ha cercato rifugio Frida, una giovane ragazza e non sai, se non alla fine, perché c'è finita tra quei rami, senza scarpe, lontano dalla città. Anche lei con una maschera, in una società mascherata. 
Però lei, almeno, è fuggita, distrutta dal dolore di un amore nato tardi e morto prima di potersi esprimere perché dall'altra parte il tempo aveva lavorato allontanando, dice lei, ogni possibilità di espressione di quel sentimento. Sotto l'albero gli altri personaggi. Il signorotto abituato a fingere e che soffrirà molto, il cattivo che vuole solo tagliare l'albero e non soffrirà per niente e Libertà, che sembra piccola e quasi incosciente, ed è invece il filo narrante, la vera forza che si esprime alla fine quando l'albero viene tagliato, i rami crollano e nessuno sa bene se Frida è morta, come il suo amore, o se è fuggita grazie a quel ragazzo, tornato sui suoi passi per ridarle capacità di esprimersi. 
Certo si tratta di una compagnia giovane, le attrici hanno vent'anni massimo; per certi versi è ancora acerbo il racconto. Certo la pioggia e i problemi tecnici ci hanno messo lo zampino assieme ad una cassa dall'acustica fastidiosa, non c'era un grande apparato scenico. Qualche video andava sistemato da mani esperte. 
Ma è stata una serata diversa con Elena e le sue compagne di scena. E io mi sono messa a pensare alle maschere che portiamo, alle parole che non diciamo, all'amore che fa male se non si può esprimere. E se te ne vai lungo il vialetto del forte, sull'erba bagnata, con questi pensieri, quel che hai visto E' teatro.


Promemoria

Sì, il primo è che resto fighissima. Sì.
Poi è bene che mi sistemi la convergenza, che la mia bocca sincera spara cose che poi mi pento, perché sorprendono e poi le persone ci stan male e non è bello, no, per una come me che vuole vivere da innocua.
E' bene anche che spieghi qui, dove mi leggono, che mi voglio molto bene. Perché mi han fatto notare che a volte sono così critica con me, con intento ironico, che l'ironia non si nota e pare che non mi amo.
E questo mi fa male, al solo pensarlo.
Poi è bene che in questo promemoria metta il fatto che venga qui a rileggermelo stamattina, quando mi sveglio, così non ho scusanti. Che è tutto scritto.

venerdì 3 settembre 2010

Bigodini

Ho ritrovato nel mobile sotto il lavandino una vecchia scatola di plastica, piena di bigodini. Li usava la mia mamma quando portava i capelli più lunghi. E per giocare li metteva pure a me, per farmi smettere di  piangere quando mia sorella mi lavava i capelli con la camomilla e in un impeto di sorellanza me la versava bollente sulla testa. Aveva spesso di questi impeti.
Mi voleva sicuramente tanto bene.
All'epoca ero bionda, poi ho virato sul castano, poi modificato in rosso. A casa dicono che son le scottature in testa che  mi han fatto diventar castana. Io sono una bionda naturale che non lo è più. E a pensarci bene io bionda non mi sono mai vista, quando guardo la faccia che mi ritrovo.
Però lo ero, bionda. Son cose eh?
Non è una deviazione della mia mente, ci sono foto che lo provano a meno che...non le abbia modificate io, direte voi che non ci credete. Ma quando sono nata io photoshop non c'era mica.
Si era quel che si era. Pure nelle foto.
Penso a tutte queste cose mentre mi metto i bigodini in testa e giocherello come le femmine. E la giocata mi rilassa. Adesso che sono castana, modificata sul rosso, ringrazio il photoshop casalingo di quelle scottature e gli impeti di sorellanza. Belle cose.


giovedì 2 settembre 2010

Secche

Sto affinando l'arte dell'adattamento. Credo che il vero passaggio dall'adolescenza all'età adulta stia proprio nella capacità di adattarci agli eventi che ci capitano. E reagire.
Da ragazzina, quando Gino mi mollò per mettersi con la Betty ricordo che piansi per un mese di fila , tutti i pomeriggi di nascosto dai miei, e per due mesi mangiai solo crackers. Dicevo che avevo mal di stomaco, in realtà volevo dimagrire perché mi ero accorta che quella Betty, nonostante il canino castorino, era una secca da paura. Da allora, non so, le secche son state un problema.
Adesso che sono una single senza sesso e amore e vago allo stato brado nel mio mondo adulto, ci ho pianto sopra una settimana e ho preso un chilo. Per fortuna, a suon di dare e avere, alla fine qualcosa ho imparato e quello cosa è se non spirito di adattamento?
Stavolta evito di mangiare solo crackers.
Ma le secche...ecco su quello ci devo ancora lavorare.

:)
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