Fatacarabina

Fatacarabina

giovedì 27 ottobre 2011

Finale

Arturo e la tigre restano con me e anche quak, l'anatra. Questo albergo invece chiude.
Non cancello nulla, mi piace portare rispetto alle persone che in questi anni sono passate di qui e credo che un giorno mi piacerà tornare a rileggere cosa hanno lasciato scritto. Quando un albergo chiude, la locandiera si porta via il libro degli ospiti, e secondo me capita che se lo rilegge. Sarà lo stesso qui. Altri posti per leggerci ci saranno.
Ciao
e grazie.

mercoledì 26 ottobre 2011

Punto

Un, due, tre stella!

Ci ho giocato un sacco a un, due, tre stella! Ma proprio tanto.
Con i compagni del garage vicino a casa, dove ci si nascondeva, appena possibile, per dirci le prime parolacce e mostrarci le mutande, lontano dagli occhi degli adulti, e dove si sistemavano le ruote delle bici, regolarmente bucate dopo le lunghe corse nei campi dietro casa, si giocava anche a un, due, tre stella!
Uno stava sotto e contava, spalle al muro, con gli occhi chiusi come a nascondino, gli altri si avvicinavano quatti quatti ma quando lui si voltava, a sorpresa, dovevi stare fermo come una statua, anche se avevi la gamba su, perché magari lui si girava mentre te correvi.
Era divertente, si rideva un sacco, mi ricordo. Anche perché il gioco, sì, era veloce, ma qualche compagno, si metteva a girare, perfido, per vederci tutti immobili e allora dovevi stare serio e fermo.
Immobile, non un passo avanti, non un respiro di più.
Oggi che sono grande mi pare che è la vita, a volte, a farmi giocare a un, due, tre, stella! E io come allora, dovrei vederci il lato divertente e ridere del vedermi ferma come una statua ad aspettare il mio turno di giocare. E, invece, questa sensazione di immobilità pare, a volte, una irritante prigione, con le porte aperte.


Post scriptum: Poi in realtà ci si accorge che immobili, praticamente, non lo si è quasi mai ma a volte si ha la sensazione di esserlo. Strano, ma vero.

lunedì 24 ottobre 2011

La merenda

Il volersi bene è esercizio quotidiano, che non si compone solo di grandi azioni, ma anche di piccoli gesti. E' esercizio quotidiano e libero, che presuppone il sentire il bisogno di stare assieme, e quindi è fatto di periodi di assenze, in cui ciascuno dei coinvolti nell'esercizio del bene conduce la propria esistenza in totale libertà e poi sente dentro il bisogno degli altri, quelli a cui vuole bene, e allora li cerca. Non parlo qui della fantastica alchimia dell'amore di coppia. Parlo qui dell'amore di gruppo, che spesso si soddisfa di risate e di merende, di segreti condivisi e confessioni, di momenti di riflessione importanti e di cazzate grandiose. Ecco, io guardo questa tavola fotografata dal Mistro, e penso che se la guardi bene, questa tavola, ci trovi dentro tutto quello di cui ho appena parlato qui.

sabato 22 ottobre 2011

Imbranata

Non sono mai stata brava a lanciare i sassi negli stagni, per vedere se rimbalzavano sull'acqua.
Il sasso faceva un balzo, massimo due, poi cadeva nell'acqua.
Oggi ho detto alcune parole e mi sa che l'effetto, su di me, è proprio identico.

giovedì 20 ottobre 2011

Io ballo da sola

Per me l'affetto o come sarebbe più intelligente dire l'amore è come il vento. All'improvviso arriva e mi scompiglia i capelli, mi gira attorno e io mi ritrovo sempre a ballarci assieme entusiasta. Ci ho fatto le mazurche e i tanghi, ci ho ballato il rock e mi ci sono ondeggiata a passi di jazz.
E poi ancora blues, sanguigno, semplice, che non riesco ancora  a tenere le anche ferme.
Niente, io quando mi arriva addosso quel vento, ballo. E sono felice proprio perché ballo e scopro che non è mai uguale alla volta prima. E' un ballo sempre diverso, mai noioso. Più o meno coinvolgente, mai ripetitivo. Stavolta la ventata  è stata così forte che sono ancora che ballo, da sola.

mercoledì 19 ottobre 2011

Voi pensatela come vi pare

No, ecco, io ve lo dico. Poi voi pensatela come vi pare. Ma non c'è una via stronzista alla felicità. Proprio per niente. Qui, nel mio piccolo mondo antico, e chissenefrega se non è il vostro, vivo bene uguale, i buoni non sono fessi. Perché oggi i buoni non sono quelli che subiscono. No.
I buoni sono quelli che sanno dire di sì e dire di no, e ne dicono di no, state sereni. Hanno imparato. Ma non vogliono essere stronzi e allora indossano i panni degli altri, ci si immergono dentro, siano uomini, siano donne. Sentono, capiscono. Capiscono quando è il caso di forzare la mano e quando invece no.
Sono gente normale. Come me e come te. Che si sentono merde e hanno spiragli di sereno in cui non puzzano. Che si sentono belli quando riescono a sognare ad occhi aperti. Che si sentono sereni quando possono essere quello che vogliono, senza padroni. E vivono non sentendosi stronzi, perché ad esserlo, stronzi, ci si sente soli. Magari forti, ma soli. Ed esser forti e soli non conta niente.
Buonanotte

Niente tappi nelle orecchie

"Niente tappi nelle orecchie, mi ha detto la tigre, stamattina, che poi ti rimbomba tutto".
La tigre è una personaggia strana, pare senza paura ma secondo me è piena di patimenti in questo periodo, e infatti viene come una gatta a farmi l'otto tra le gambe, e fa quel rumore di fondo quando non ci sono in casa che so perfettamente dove è. Insomma stamattina che mi sono svegliata di traverso, lei mi ha detto che posso fare come lei, far finta, ma poi devo stare attenta ai fischi nelle orecchie, che se metto i tappi per non sentirli, finisce invece che mi rimbomba tutto. Perché, mi ha detto, io sono una che se la può raccontare come vuole ma non posso smettere di pensare al bello, che è vero, che esiste. E allora, devo mettere nel conto sempre i fischi, nelle orecchie.

martedì 18 ottobre 2011

Voce del verbo sbottare

Di una cosa sono assolutamente certa: Siamo bellissimi.
Dovrei dire eravamo, ma chi se ne frega dei tempi verbali.

Ciao, maestro

Non state a perder tempo a leggere

Servono più abbracci, più baci, più mani che stringono altre mani per condurle a godersi il sole.
Servono parole sussurrate, non urlate.
Servono silenzi a guardarsi gli occhi per vedere dove si può arrivare.
Servono passi indietro degli ego ipertrofici e molta più attenzione.
Servono le vibrisse, come i gatti.
Servono i respiri, che ci siamo dimenticati di averli, a volte.
Servono i passi silenziosi, accanto, come i cani.

Tutto il resto, alla fine, è solo fuffa. Da qualsiasi parte la guardi, è sempre fuffa.

lunedì 17 ottobre 2011

Perro

Sono qua in un angolo, ventosissimo, e penso alle Ande, lo so che sto diventando ripetitiva.
Nei miei viaggi, lì, sulle Ande, ho incontrato tanti cani randagi. Abbiamo finito con il chiamarli, io e i miei amici,  i perri da turista. Se tu sei in visita ad una città, magari sei stanco o non sai bene dove andare, non trovi l'indirizzo della locanda, stai certo che arriva lui, il perro da turista.
Ti incrocia per strada, lui sta vicino al muro o se è spavaldo corre in mezzo alla strada, ti incrocia, passa un attimo oltre e poi si ferma. Ti riguarda, torna indietro e si mette al tuo passo. Il perro da turista ti studia e ti annusa, e ti fa compagnia mentre cerchi, camminando, quello che vuoi cercare.
Se ti fermi al tavolino all'aperto di un bar, il perro prima se ne sta un pochino in disparte, poi si viene a sedere sotto la tua sedia o al tuo fianco. E chi passa, allora, pensa che quel cane sia tuo, che non sia un randagio. E il cameriere , se lo conosce, il perro, si fa una risata.
Perché il perro quando ti sceglie, perché è lui a sceglierti, mai tu a sceglierlo,  ti diventa all'improvviso complice. Ti sta a fianco e cammina con te. Se ci sono altri cani, aggressivi, che ti ringhiano contro, lui ti difende. Se vai al ristorante, lui ti aspetta fuori. Il perro aspetta.
Aspetta che tu faccia qualcosa per lui, un gesto di gratitudine a ricambiare  il fatto che lui ti ha annusato e trovato simpatico. E ti ha scelto.
Se ha fame, aspetta che tu gli dia un pezzo della tua pizza, o il salatino che stai per portare alla bocca. Se ha fortuna, e te esci dal ristorante con il sacchetto dei resti, perché hai pensato a lui guardando fuori dal vetro, il perro ti ringrazia abbaiando a ripetizione e scodinzolando.
Se gli piaci tanto ti indica la strada, anche se ti trovi ad affrontare i gradini della salita di Valparaiso e ti scorta fino alla porta della locanda.
Non sei tu che lo scegli, è lui, il randagio,che ti sceglie. Per una giornata, un'ora, dieci minuti.
Lui lo sa che te ne vai, sempre.

domenica 16 ottobre 2011

Dirsi le cose

Io sono una che non me le mando a dire, le cose.
Me le dico. Parlo molto con me, con i miei amici.
Parlo al procione che in questo periodo ha avuto un inizio di letargo. Alla tigre che mi tocca tenerla buona perché in queste ore non fa che sbattere con la testa contro il muro. Parlo nel sonno con Arturo che sul ritmo del testone che sbatte ci vuole comporre un balletto afro, che però allestirà lontano dalle fauci della coinquilina, perché dice che è una nuova e lui mica tanto si fida.
Io sono una che non me le mando a dire, le cose.
Non mi faccio sconti, non sono buona con me, non ho pena dei miei patemi. Eppure se non ci fossi mi mancherei. Perché le cose non bisogna mandarle a dire, bisogna dirsele. E quando ti guardi allo specchio la mattina, se non vuoi passare il tempo a sputare sul vetro, è bene essere duri e risoluti e dirselo.
Che le assenze pesano.

sabato 15 ottobre 2011

Babau

Sto provando ad adottare una parola da stamattina, è Babau.
Il sito della Dante mi segnala un errore, non so bene se sarò io o no ad aver cura di questa parola, che si porta dietro un pezzo della mia infanzia. Il fatto che io clicco per questo gioco dell'adozione delle parole (una cosina piccola ma che trovo simpatica e utile)  e mi segnala l'errore, mi fa sorridere. E' come se il Babau si facesse beffa di me anche via internet.
Babau nella lingua dei bambini è il mostro cattivo, che arriva e ti mangia. E' da stamattina che provo ad adottarla 'sta parola, ché il Babau, non so, ma non lo sento un nemico.
Sarà che ho passato l'infanzia ad averne paura, e mi ricordo che mi dicevano: "Mangia sennò chiamo il babau!".
"Smettila sennò chiamo il babau!". E io di notte me lo immaginavo ed era sempre nero e veniva a tagliarmi la gola, sempre la gola, e insomma dormivo sotto strati di coperte, con gli occhi stretti stretti per paura di vederlo tutto quel nero. Sarà che poi sono cresciuta e ho capito che i mostri della mia fantasia erano sempre meno mostri di certi personaggi in carne e ossa e facce e mani e parole e azioni, pieni di cattiverie...insomma io adesso per il Babau ci ho, quasi, un pochino di affetto.
Anche adesso che bambina non sono più, comunque, sarebbe bello che il mostro sparisse solo chiudendo forte gli occhi e la paura venisse scacciata via dal colpo di vento amico.
No, non basta. E lo si impara, ogni giorno.
Anche perché si scopre che non solo i mostri sono nostri gemelli ma spesso si impara anche che la cattiveria è dentro di noi, e là dentro, nel nostro personale nero, non abbiamo occhi da chiudere per scacciarla.
Ci tocca combatterla guardandola in faccia, tutti i giorni, con le azioni, i comportamenti e soprattutto i pensieri positivi. Anche se ci fa paura. Ben più del nostro personale babau.

Azione

Ho bisogno di agire,  di non restare qua con le mani incrociate.
Però mi sa che l'unica cosa che posso fare è uscire in terrazzo e farmi portar via dal vento.

venerdì 14 ottobre 2011

Chiedo la fiducia

Oggi mi sono svegliata masticando in bocca questa parola: Fiducia.
Non tanto perché oggi c'è il voto e si capisce se B. regge, che secondo me nella situazione oscena in cui siamo, quello è capace di reggere ancora. E allora questa parola, insomma, non è che piaccia tantissimo...
Lo so....

Ma ci sono anche le vite piccole, come la mia, quelle a cui di solito non si pone  interesse,  e io ho bisogno di fiducia. Me lo ripeto come un mantra, che devo avere  fiducia e allora ho riunito il mio parlamento domestico. Arturo è la Camera, la Tigre il Senato, e sto chiedendo loro la fiducia. In me e in quello che provo.
Adesso gli faccio un bel discorso programmatico.
(Ma a me se mi votano contro, mi dimetto)

giovedì 13 ottobre 2011

Piccola ala (cose indispensabili)

Le lezioni del Mistro

Ieri sera in una pizza improvvisata, il Mistro, uno dei miei guru di riferimento, mi spiegava che dire ti amo non basta per sancire l'amore tra due persone. Servono le azioni e i comportamenti, più di quel ti amo che si può anche non dire mai, ma se ci sono le azioni e i comportamenti e la persona che scegli la metti al centro del tuo mondo, quella persona si sentirà ugualmente amata. E' vero, mi è toccato convenire, anche se il suono prodotto dal ti amo, è come il canto delle sirene, irresistibilmente dolce. Sono però le azioni e i comportamenti a trasmettere la serenità dell'affetto che provi.
Arturo mi dice tante cose, ma mai ti amo, che lui è orso e io umana, e nella sua lingua il ti amo non si dice  ma si fa. E allora stanotte che ero in preda ad un incubo, figlio un pochino di quel "American Psyco" che non vedo l'ora di finire per nascondere in libreria, che io alla cattiveria non so, non ho strumenti di reazione forte, se non l'amore, e figlio di un pochino di paure che emergono in questo periodo e io nell'incubo ero sola, di un solo che non è la solitudine che amo, ma è quella cosa piena di assenza e appigli, e c'era una persona che ora non mi voleva più vedere e diceva che ero brutta di un brutto che manco il mondo era brutto come me, e io stavo male e stavo sola, rannicchiata, con le paure che mi danzavano attorno un tango struggente e cattivo, Arturo ha fatto l'unica cosa che si sentiva di fare, ha cominciato a prendermi a cuscinate, per svegliarmi, liberarmi dall' incubo e quando c'è riuscito è venuto a disegnarmi, con le zampe, in faccia un sorriso.
Secondo me quell'orso mi ama.
L'ho detto.

martedì 11 ottobre 2011

Starci male

Ieri ho lavorato fino a tardi, c'era consiglio comunale, e io dovevo lavorare là e c'era un sacco di gente che protestava, soprattutto per il lavoro che manca sempre di più, e quello è un problema serissimo, altro che bruscoli. Entro in municipio, c'è il blocco dei vigili che smista gli accessi. Arrivo davanti alla vigilessa e lei senza guardarmi in faccia, fa: "Ah lei è la signora della Lega".
E io cambio faccia, mi viene tutto un dolore interno, tra costato e milza.
"No _ le faccio _ io sono..."
E le passo il documento.
La vigilessa si fa seria, mi fa passare. Due ore dopo nel tumulto del dibattito, tra urla e fischi, le passo vicino per andare al bagno.
Lei mi blocca: "Mi devi scusare tantissimo. Non so come ho fatto a dire quella cosa, poi tu lo sai sei bella".
E io: "Cavoli, ci sono rimasta male".
Ci siamo strette le mani, come due vecchie amiche che si consolano.

domenica 9 ottobre 2011

Giovani teppe crescono

Ieri sera ho indossato a lungo i panni della figlia, per festeggiare i 50 anni di matrimonio dei miei genitori. Tipi tosti i miei che davanti ad un bollito di inizio stagione, loro chiedono il doppio di kren. Due che si incazzano sempre, spesso tra loro, spesso con me. Due che ridono.
La festa mi ha permesso di rivedere parenti scansati per anni. Alcuni hanno riconfermato l'opinione affettuosa che ho nei loro confronti e odorano tutti di salso.
Altri mi hanno confermato che i legami di sangue sono cose strane, che sei parente ma  in realtà lo sei di più con persone con cui non hai rapporti di parentela.
E' la vita, bellezza.
E c'erano i miei due nipoti, oramai più alti di me, giocosi, allegri, pieni di brufoletti e voglia di vita. Ho passato ore belle con loro a giocare e mangiare e farci gli scherzi. Tanto che alcune zie commosse dal rivedermi dopo tanto e convinte che io abbia fatto un patto col diavolo per l'assenza di rughe sul mio volto, ma io sono mancina e col diavolo oramai sono da decenni in amicizia, eh, hanno rilevato che noi tre non eravamo mica zia e nipoti, ma una sorella e due fratelli.
Non cambio opinione su di loro ma ci hanno visto giusto.
E quando mio padre ha narrato che io bellamente me ne sbatto delle sue recriminazioni sul fumo, lui ha concluso: "Tanto lei fa sempre quello che vuole". E io ci ho visto in quel tono di voce, mezzo serio, mezzo ridarolo, che c'era una punta di orgoglio dentro. Io allora ho improvvisato, dentro la mia testa, un passo di tango di ringraziamento. E poi ho dato una furtiva carezza al desiderio mio, che è grande e grosso, e mi fa compagnia.
E poi i discorsi sono scivolati via, e i miei son passati a narrare di quando appena nata la tv rimase spenta mesi che io facevo spettacolo, tra cacca e pisin, sul tavolo della cucina perché facevo di quelle facce strane che non riuscivano a guardare altro. E io le facce strane le faccio ancora.

sabato 8 ottobre 2011

Ogni cosa è illuminata

Sto convivendo in questi giorni con una specie di deviazione ottica, per cui vedo tutto più colorato. E' la stessa cosa che mi è successa quando sono tornata dalla Toscana, dopo la minivacanzina con gli splendidi, il domi, la Laura, mich e il professore, che siamo andati a Santa Fiora a trovare la Isa e l'Omone. Ecco, come quella volta, che dopo due giorni di risate, amore di gruppo e parole, sono tornata e ho visto i colori più colori, io in questo periodo, vedo le cose più cose, come illuminate. Mi sono accorta che sono bella, ma proprio tanto, e c'è gente che me lo dice, pure, senza che sia io a dirglielo prima. Tipo la barista vicino all'ufficio che me lo ha detto due volte in un giorno, ché voleva esser sicura di dirmelo, e allora l'ha ripetuto. E poi la mia casa ha un sacco di luce e anche se è arrivato il primo freddolino, qui si sta benissimo, proprio come una cuccia. E pure gli alberi del parchetto dei vigili mi sembrano più grandi, secondo me sono cresciuti di notte, quelli. C'ho questa deviazione ottica e i colori mi penetrano e mi scaldano. Il giallo della mia cucina ha l'effetto di una lampada abbronzante. Il mio quadro, mio, insomma ci sono io ecco, è di un rosso che toglie il fiato. Pure il mio orologio ottanio di plastica, è di un ottanio che conforta. Vivo nel colore e mi sento più bella, anche io, di conseguenza, in tutto questo colore. Ho i capelli che stan andando per conto loro e lasciamoli andare,  ho voglia di scrivere, di raccontare, di dare. Pensavo fosse colpa della sindrome premestruale, ho preso un botto di magnesio, ma niente. Ho pensato che era il freddo, mi sono bevuta un litro di tisana, ho pisciato tutta notte, e la pipì era di un giallo canarino che mi pareva di avere Titti in casa. E Arturo è bianco latte e la tigre è fighissima.
Come diceva uno più bravo di me, ogni cosa è illuminata.

giovedì 6 ottobre 2011

Io sono qui, lei è Lì

Ieri è stata una giornata di lacrime, non singhiozzanti e dolorose, ma lievi ed emozionate. Io, non lo so se è un bene, mi emoziono ancora e tanto. Prima una mail inattesa, poi il cinema finito il turno al lavoro e dopo aver mangiato un piatto al vicino ristorante cinese, che il cinema tardi è bello, ma ti viene fame. E siccome  andavamo a vedere la storia della cinesina a Chioggia, ("Io sono Lì") di Segre ci siamo preparati con gli involtini primavera e il wan-ton fritto. Ecco, io di questo film avevo letto. Era alla mostra del cinema, era tra quelli da vedere. Adesso penso che è probabilmente il film più bello visto negli ultimi due anni.
Non faccio spoiler, non mi piace.
Ma dico alcune cose  che valgono, per me.
1) Non so se Lì, la protagonista, parla un cinese con un determinato accento. So che Citran, Paolini, Battiston con il chioggiotto (che non è facile e manco è come il veneziano, attenzione) se la cavano proprio bene e si vede pure che si divertono, e tanto.
2) I cinesi festeggiano i Poeti e secondo me è una roba granda, questa. Una festa che dovremmo introdurre anche noi. Fissiamo che festeggiamo il 25 aprile, il 1 maggio, e quando si decide, facciamo il giorno dei Poeti, in cui tutti si leggono in testa le poesie che vogliono.
3) Questo è un film d'amore, anche, oltre che di denuncia. E io ho lasciato una lacrima sulla poltrona del cinema e spero che  il Bepi e la cinesina abbiano altre possibilità. Perché due che si accarezzano in mezzo al mare, devono averla. Ma io sono una romantica, a mia discolpa.
4) Parlando d'amore, questo è un film sulla laguna e sul mare. Lei femminile, lui maschile. Potenti e placidi. Si mescolano ma un poco di mare resta sempre dentro la laguna. Noi veneziani lo sappiamo. Ora con questo film, bellissimo, lo potranno sapere tutti. E io ne sono orgogliosa.
Ciao

mercoledì 5 ottobre 2011

Quak, stock

C'è che quando uno va alla Blogfest, che è in pratica il raduno di quelli che stanno sull'internet e scrivono sui blog, come questo, poi torna a casa e ringrazia qua e là e dice che è bello aver conosciuto questo e quello e ha fatto questo e ha fatto quello. Ecco io alla Blogfest ci sono andata ma ho visto soprattutto il lago. Che lì a Riva del Garda in un punto preciso, quando i due costoni della collina scendono verso l'acqua, là in fondo ho detto, guarda bene, mi ha ricordato Ushuaia.
A Riva del Garda ci sono stata due volte, ma la prima volta non mi ero mica accorta che là in fondo c'era qualcosa che mi ricordava la tierra del Fuego e quella cittadina di frontiera da dove prendi il barcone e sei nel canale di Beagle che era il nome della barca di Darwin per intenderci, eh. E per un attimo ho pensato che se prendevo una barca magari svoltato l'angolo tra i due costoni, trovavo l'estancia Harberton e ci avrei passato volentieri una notte o 62 ore, sapendo fermare il tempo. Ma questa è una pratica che devo ancora perfezionare.
E poi il lago che io ho paura di solito a metterci i piedi dentro, devo dire che è attraente. Sarà stato il caldo, sarà che mi ha ricordato posti dove sto bene, boh, ma c'era una sensazione piacevole e una vita notturna di pesci e anatre e germani reali e cigni che non si incazzano se loro dormono e te ciacoli e bevi vino a due passi da loro, e pure altre anatre, nere, che quando dialogano tra loro non fanno quak ma fanno stock (che per una fissata con l'onomatopea, è un tripudio) e insomma è stato piacevole.
Solo che adesso in testa faccio quak, stock.
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