Fatacarabina

Fatacarabina

lunedì 13 ottobre 2014

Di efelidi, cespugli e contaminazioni

Ho scritto di efelidi , per la  Settimana corta.
E sono arrivata terza al premio Affini con un racconto di fiume e vino, "I pesci sono indifferenti".
Ben, dai :)



mercoledì 1 ottobre 2014

Jet lag

Sono tornata a casa. Mi piace partire, fare la valigia, andare, vedere, annusare, assaporare, camminare. E poi tornare con la sensazione di avere non solo la valigia più pesante ma anche l'animo più pieno.
New York non era una meta prefissata, è stato un evento inatteso, nel percorso nuovo che sto seguendo da un pezzo a questa parte.
Ho lasciato i miei stivaletti da motociclista neri all'angolo della quinta, dentro un sacchetto. Serviranno a qualcuno per camminarci ancora. Anni fa ho lasciato le mie vecchie pedule viola in un sacchetto in un paesello sulle Ande, con lo stesso intento. Farci camminare qualcun altro.
Ho camminato tanto a New York. Ho guardato molto.
Sono tornata con gli occhi aperti. Il viaggio aereo di ritorno è stato strano; a me è sembrato sia durato poco rispetto all'andata, annacquato dal senso del dormiveglia. Come la città non dorme mai, anche io ho finito con il tornare sveglia, ma  annacquata da una sonnolenza che non si è ancora trasformata in sonno ristoratore. E prima di lasciarmi andare al riposo, ho voglia di scrivere.  Ma non so bene cosa.
Mi è piaciuta New York, nonostante non sia tutto bello quello che ho visto.
Lo spreco incredibile di cibo mi ha infastidito. Sembra che ci sia così tanta fame che sia necessario sfornare cibo in porzioni triple a quelle a cui siamo abituati per sistemare tutto.
Mi ha infastidito che il barbone che mi ha chiesto una sigaretta per strada fosse pronto a pagarla un dollaro, come se fosse lì a dirmi che tutto, anche la gentilezza, in fondo, ha un prezzo.
Mi ha infastidito l'indifferenza della gente che non scendeva ad Ellis Island per vedere il museo dell'immigrazione che ha reso grande questo paese pieno di acri di terra da dividere e preferiva fotografarsi davanti alla statua della Libertà, così deludente nella sua riproduzione mignon in presa diretta.
Altre cose mi hanno piacevolmente colpito.
La gentilezza degli autisti di bus che non trovano affatto strano fermare il mezzo lungo la strada per accompagnare la signora in carrozzina al posto a lei riservato, dopo aver abbassato  la pedana.
La risata della commessa che ha imparato un poco di spagnolo e per quello si sente pronta a provare a parlare italiano.
I sorrisi di sconosciuti passanti che incroci e che accennano un anonimo saluto in una città così piena di gente e dove, per sentirsi soli e protetti, basta abbassare il volto sullo schermo del telefonino.
Mi è piaciuta la solare allegria del centro di Harlem, la placida serenità di Central Park, il papà con il cappellino a cono in testa intento a far giocare la figlioletta a Bryant Park, le partite a bocce avvincenti come le sfide nel campetto di basket.
Mi  è piaciuto ballare in metropolitana, senza sembrare una tarantolata, al ritmo di "Guantanamera", cantata da un vecchio suonatore.
Mi è piaciuto ascoltare le persone parlare ad alta voce con nelle orecchie chissà quale interlocutore telefonico.
Mi è piaciuto perdermi nell'architettura verticale e sognare una casina di legno tutta mia tra le casette del Village.
Mi è piaciuta e mi ha pure infastidito tutta questa moltitudine umana che cerca ogni giorno  a fatica di vivere assieme.
Mi è piaciuto il dormiveglia del dover camminare tanto per vedere e cercare di capire.
E ora vorrei il sonno profondo, che fatica ad arrivare. Per pensarci su meglio.




Creative Commons License
hotelushuaia is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 3.0 Unported License.
Based on a work at www.hotelushuaia.blogspot.com. Questo blog non è una testata giornalistica ma uno spazio di libera espressione del pensiero personale