Fatacarabina

Fatacarabina

martedì 26 aprile 2011

L'autoproduzione ( senza punti e puntini)


In attesa di avere i soldi sufficienti per diventare una autoproduttrice di grappa, che mi sa che devo andare prima o poi a scuola da quello che distilla pure i petali dei fiori, perché, se ci penso, è proprio fantastico che le gocce di vapore, opportunamente scaldate, finisce che diventano profumo e sapore, che è un pochino come quando si fa l'amore, e gli odori e i sapori di chi ami te li porti addosso, come un segreto,  e mi viene in mente, se ci penso, "Il profumo" che quando l'ho visto mi sarebbe piaciuto farla la profumiera, e quel racconto lì, quello del collezionista, che non so bene come è venuto così, io mi sono data all'autoproduzione di stimoli ed è un pezzo che lo faccio, perché non voglio più pensare che gli stimoli vengano solo dagli altri e poi mi sono accorta che se non mi stimolo da sola e mi tengo allenata e attenta come solo una curiosa può essere, finisce che uno stimolo non lo sento bene perché magari capita che uno si alza triste e fuori c'è il sole ma lui si ritrova con la mente annebbiata dai pensieri e dalle cose che vorrebbe che quadrassero e invece non quadrano, che si sente come quando era bambino e doveva infilare le formine nei buchi giusti, triangolo con cerchio non ci entra, e allora prova e prova finché non capisce che solo mettendo il triangolo nella forma del triangolo quella ci entra ed è proprio una immagine bimba ma è tutta lì, a volte, la serenità, che se insisti a infilare ripetutamente il triangolo nella forma del cerchio, perché sei convinto che ci entra o prendi la fiamma ossidrica e deformi la forma oppure niente, non fai nulla e resti con un triangolo in una mano ed una forma di cerchio nell'altra e ti dici, come mai non entra, non entra perché non ci azzecca proprio niente e allora visto che la felicità è uno stato mentale che per fortuna non c'è sempre altrimenti non la vedresti, la sua bellezza, quando arriva, se si deve puntare alla serenità come metodo per non perdere il sorriso e non farsi venire le rughe sotto pelle, che sono decisamente peggio di quelle esterne, allora serve l'autoproduzione e adesso il punto manco ce lo metto

mercoledì 20 aprile 2011

Una cosa bella

Ieri sera è successa una cosa bellissima, eppure semplicissima. Ho visto una amicizia, che se ne stava seduta ad un tavolo di una osteria, e se la contava. E rideva e aveva gesti affettuosi, fatti di buffetti e tanti piccoli scherzi. L'ho vista sfrontata come solo lei sa esserlo.
L'ho vista delicata e possente, fatta di parole non buttate tanto per far colpo, ma di discorsi che pesano svariati chili, ma che sanno salire in aria come palloncini.
L'ho vista scuotere i capelli e buttar via la zavorra del dispiacere, con una risata fragorosa.
Ho visto l'amicizia specchiarsi nel vetro e sentirsi bellissima.

lunedì 11 aprile 2011

domenica 10 aprile 2011

"Purple Haze "

Pomodori di casa mia

Io oggi sono contenta. Ho preso la cesira e sono andata al parco di San Giuliano in bicicletta ma non per la strada  normale. Sono arrivata fino a casa dei miei, a Campalto, e poi da lì in bicicletta sono arrivata al Passo, dove mio nonno e poi mio padre sono nati, ho gettato lo sguardo verso la laguna,  là in fondo e poi ho svoltato a destra e via diritto a pedalare sullo sterrato, tra i gabbiani e le garzette. A destra il canale, a sinistra la barena. Bonificata e chiusa da una lunga recinzione. I cartelli dicono che non bisogna oltrepassare, che non bisogna raccogliere e mangiare i prodotti della terra, siano anche semplici pomodori.
Ho pedalato e intanto ho cercato la barena, là in fondo, oltre le recinzioni. L'hanno bonificata. C'è un terrapieno e non vedi cosa c'è oltre se non all'inizio della strada dove la barena è libera, coi suoi odori.
La terra bianca è sparita assieme alle cunette e alle pozze d'acqua. Qui da bambini venivamo a correre in bicicletta e guardare i ragazzi più grandi fare motocross sulle " terre bianche". C'era chi si era fatto l'orto e ha mangiato di quei pomodori, si  racconta, grandi come palloni da calcio. C'erano le barche e ci sono ancora lungo il canale, che se le percorri tutto finisci in laguna  fronte Venezia. Io ci andavo, con mio padre, a pescare le cappe. Con gli stivaloni e il rastrello dentro l'acqua, con i piedi che ad ogni passo facevano sciak sciak e ti sentivi imega tra le imeghe.
Poi abbiamo capito perché erano bianche le "terre bianche". E' perché ci hanno scaricato per decenni fosfogessi ma più in là tra le case anche tante altre schifezze.
E abbiamo capito anche perché i pomodori erano grandi come palloni. Ma  intanto in tanti li hanno mangiati. E tanti, adesso, mica ci sono più per ricordare che sapore avevano.
Io oggi ho cercato l'odore del salso e l'ho sentito ancora, là oltre la recinzione sulla strada sterrata ma piana che ci ha portato, senza mai neanche sentire il rumore di una macchina, fin dentro il parco di San Giuliano. Per chi non lo sa era una grande discarica di rifiuti solidi urbani, adesso è un enorme parco di 70 ettari dove se sei bravo riesci a farci stare assieme 1 milione e 400 mila persone contemporaneamente, dicono. Io sono arrivata al parco accaldata ma contenta, che quei 38 ettari di barene dove andavamo da bambini a giocare, in mezzo ai veleni, adesso sono state pure loro bonificati e forse un giorno, spero presto, toglieranno i cartelli e le recinzioni e ci diranno che possiamo tornare a vedere da lì Venezia.
Che chi come me da queste parti ci è nato ha voglia di vederla bene Venezia e di rasserenarsi l'animo  con quella vista. Ma poi ti guardi attorno e lo senti che sei uno destinato a morire incazzato.
E allora capisci che è giusto quel quotidiano vaffanculo, che echeggia cosmico, pensando a quegli scellerati arrivati dopo il Conte, sì quello che ha avuto l'argutissima idea di mettere giusto davanti al posto più bello del mondo un enorme impianto chimico, quello dove un sacco di gente per lavorare si è ammalata di cvm. Perché probabilmente si è ammalato anche chi mangiava i pomodori grossi come palloni nati dai terreni dove, sotto, loro, gli scellerati, buttavano tutti i rifiuti industriali, che costa meno la buchetta dell'invio alla discarica speciale, si sa. E poi li hanno messi sotto le case  popolari, gente che non sa. E poi tanto mica tocchiamo Venezia, siamo al di là del ponte... Le prescrizioni sono come le bonifiche, spazzano via ma l'odore resta.


Vaffanculo.
Col sorriso.
Buona domenica.




venerdì 8 aprile 2011

Essere perfetti

La mia amica Lindalov un giorno scherzando su Friendfeed ha messo sta foto e io ho detto guardandola: "Ma quando cavolo me l'hanno fatta quella foto". Mi ci sono vista, poi ho pensato che ero rimasta senza bici e dovevo ovviare. E allora l'altro giorno sono andata dal meccanico delle bici e gli ho chiesto se ne aveva una, usata, che faceva al caso mio. E lui mi ha trovato la Cesira, cioè io l'ho chiamata così questa Holland blu che è perfetta. Che poi è anche il nome di un'altra Cesira ( la trovi qui ).
Sulla Cesira ci ho fatto un giretto attorno poi mi sono sistemata la sella ed è partita la pedalata nel piazzale del meccanico. Ci siamo dette che ci piacciamo. Adesso posso dire che sono perfetta.

lunedì 4 aprile 2011

Nella mia dieta manca mai (grazie a Baskerville)

Sfoghi estemporanei ma doverosi

Penso a te, che nel silenzio della tua casetta, ti diverti a picchiare la tua donna. E più la picchi ti senti forte, perché hai il controllo, perché comandi, perché senti che in mezzo alle gambe non hai solo una piccola appendice di carne.
Ovunque tu sia, ricorda che ti sto pensando e come me ti pensano tante donne e pure tanti uomini.
A te, no, non ti chiamo uomo, perché non sei degno.
E ogni nostro pensiero ti sia lieve come una martellata sui testicoli, ripetuta nei secoli.

sabato 2 aprile 2011

Viva

Mi piace questa sensazione che mi porto addosso come fosse uno scialle morbido. Mi sento viva, forse mai come prima, io sento di essere capace non solo di prendere ma anche di dare. Cosa?
Questo devo ancora capirlo bene.
Mi piace questa sensazione che sento addosso, di stupore, questa voglia di provare e provare ancora, di sentire e anche di starci male quando sento la pesantezza, quando vedo quanto possono paralizzare e addolorare le preoccupazioni di vivere in un posto dove la speranza se non la ossigeni prima o poi si spegne davvero.
Me ne accorgo che spesso non c'è proprio nulla di cui gioire, e si rischia di sentirsi morti, dentro, per questo. Non sono così imbecille da non rendermi conto e se non ci arrivo subito, ci arrivo dopo.
Perché arrivarci è la differenza tra chi è indifferente e chi no. Mai. Sempre, no.
E forse proprio perchè si sente  'sto freddo che non è nell'aria ma nelle teste, ho tirato fuori chissà da dove, questo scialle, che è morbido, che è rosso. E ci cammino assieme.
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