Fatacarabina

Fatacarabina

giovedì 27 ottobre 2011

Finale

Arturo e la tigre restano con me e anche quak, l'anatra. Questo albergo invece chiude.
Non cancello nulla, mi piace portare rispetto alle persone che in questi anni sono passate di qui e credo che un giorno mi piacerà tornare a rileggere cosa hanno lasciato scritto. Quando un albergo chiude, la locandiera si porta via il libro degli ospiti, e secondo me capita che se lo rilegge. Sarà lo stesso qui. Altri posti per leggerci ci saranno.
Ciao
e grazie.

mercoledì 26 ottobre 2011

Punto

Un, due, tre stella!

Ci ho giocato un sacco a un, due, tre stella! Ma proprio tanto.
Con i compagni del garage vicino a casa, dove ci si nascondeva, appena possibile, per dirci le prime parolacce e mostrarci le mutande, lontano dagli occhi degli adulti, e dove si sistemavano le ruote delle bici, regolarmente bucate dopo le lunghe corse nei campi dietro casa, si giocava anche a un, due, tre stella!
Uno stava sotto e contava, spalle al muro, con gli occhi chiusi come a nascondino, gli altri si avvicinavano quatti quatti ma quando lui si voltava, a sorpresa, dovevi stare fermo come una statua, anche se avevi la gamba su, perché magari lui si girava mentre te correvi.
Era divertente, si rideva un sacco, mi ricordo. Anche perché il gioco, sì, era veloce, ma qualche compagno, si metteva a girare, perfido, per vederci tutti immobili e allora dovevi stare serio e fermo.
Immobile, non un passo avanti, non un respiro di più.
Oggi che sono grande mi pare che è la vita, a volte, a farmi giocare a un, due, tre, stella! E io come allora, dovrei vederci il lato divertente e ridere del vedermi ferma come una statua ad aspettare il mio turno di giocare. E, invece, questa sensazione di immobilità pare, a volte, una irritante prigione, con le porte aperte.


Post scriptum: Poi in realtà ci si accorge che immobili, praticamente, non lo si è quasi mai ma a volte si ha la sensazione di esserlo. Strano, ma vero.

lunedì 24 ottobre 2011

La merenda

Il volersi bene è esercizio quotidiano, che non si compone solo di grandi azioni, ma anche di piccoli gesti. E' esercizio quotidiano e libero, che presuppone il sentire il bisogno di stare assieme, e quindi è fatto di periodi di assenze, in cui ciascuno dei coinvolti nell'esercizio del bene conduce la propria esistenza in totale libertà e poi sente dentro il bisogno degli altri, quelli a cui vuole bene, e allora li cerca. Non parlo qui della fantastica alchimia dell'amore di coppia. Parlo qui dell'amore di gruppo, che spesso si soddisfa di risate e di merende, di segreti condivisi e confessioni, di momenti di riflessione importanti e di cazzate grandiose. Ecco, io guardo questa tavola fotografata dal Mistro, e penso che se la guardi bene, questa tavola, ci trovi dentro tutto quello di cui ho appena parlato qui.

sabato 22 ottobre 2011

Imbranata

Non sono mai stata brava a lanciare i sassi negli stagni, per vedere se rimbalzavano sull'acqua.
Il sasso faceva un balzo, massimo due, poi cadeva nell'acqua.
Oggi ho detto alcune parole e mi sa che l'effetto, su di me, è proprio identico.

giovedì 20 ottobre 2011

Io ballo da sola

Per me l'affetto o come sarebbe più intelligente dire l'amore è come il vento. All'improvviso arriva e mi scompiglia i capelli, mi gira attorno e io mi ritrovo sempre a ballarci assieme entusiasta. Ci ho fatto le mazurche e i tanghi, ci ho ballato il rock e mi ci sono ondeggiata a passi di jazz.
E poi ancora blues, sanguigno, semplice, che non riesco ancora  a tenere le anche ferme.
Niente, io quando mi arriva addosso quel vento, ballo. E sono felice proprio perché ballo e scopro che non è mai uguale alla volta prima. E' un ballo sempre diverso, mai noioso. Più o meno coinvolgente, mai ripetitivo. Stavolta la ventata  è stata così forte che sono ancora che ballo, da sola.

mercoledì 19 ottobre 2011

Voi pensatela come vi pare

No, ecco, io ve lo dico. Poi voi pensatela come vi pare. Ma non c'è una via stronzista alla felicità. Proprio per niente. Qui, nel mio piccolo mondo antico, e chissenefrega se non è il vostro, vivo bene uguale, i buoni non sono fessi. Perché oggi i buoni non sono quelli che subiscono. No.
I buoni sono quelli che sanno dire di sì e dire di no, e ne dicono di no, state sereni. Hanno imparato. Ma non vogliono essere stronzi e allora indossano i panni degli altri, ci si immergono dentro, siano uomini, siano donne. Sentono, capiscono. Capiscono quando è il caso di forzare la mano e quando invece no.
Sono gente normale. Come me e come te. Che si sentono merde e hanno spiragli di sereno in cui non puzzano. Che si sentono belli quando riescono a sognare ad occhi aperti. Che si sentono sereni quando possono essere quello che vogliono, senza padroni. E vivono non sentendosi stronzi, perché ad esserlo, stronzi, ci si sente soli. Magari forti, ma soli. Ed esser forti e soli non conta niente.
Buonanotte

Niente tappi nelle orecchie

"Niente tappi nelle orecchie, mi ha detto la tigre, stamattina, che poi ti rimbomba tutto".
La tigre è una personaggia strana, pare senza paura ma secondo me è piena di patimenti in questo periodo, e infatti viene come una gatta a farmi l'otto tra le gambe, e fa quel rumore di fondo quando non ci sono in casa che so perfettamente dove è. Insomma stamattina che mi sono svegliata di traverso, lei mi ha detto che posso fare come lei, far finta, ma poi devo stare attenta ai fischi nelle orecchie, che se metto i tappi per non sentirli, finisce invece che mi rimbomba tutto. Perché, mi ha detto, io sono una che se la può raccontare come vuole ma non posso smettere di pensare al bello, che è vero, che esiste. E allora, devo mettere nel conto sempre i fischi, nelle orecchie.

martedì 18 ottobre 2011

Voce del verbo sbottare

Di una cosa sono assolutamente certa: Siamo bellissimi.
Dovrei dire eravamo, ma chi se ne frega dei tempi verbali.

Ciao, maestro

Non state a perder tempo a leggere

Servono più abbracci, più baci, più mani che stringono altre mani per condurle a godersi il sole.
Servono parole sussurrate, non urlate.
Servono silenzi a guardarsi gli occhi per vedere dove si può arrivare.
Servono passi indietro degli ego ipertrofici e molta più attenzione.
Servono le vibrisse, come i gatti.
Servono i respiri, che ci siamo dimenticati di averli, a volte.
Servono i passi silenziosi, accanto, come i cani.

Tutto il resto, alla fine, è solo fuffa. Da qualsiasi parte la guardi, è sempre fuffa.

lunedì 17 ottobre 2011

Perro

Sono qua in un angolo, ventosissimo, e penso alle Ande, lo so che sto diventando ripetitiva.
Nei miei viaggi, lì, sulle Ande, ho incontrato tanti cani randagi. Abbiamo finito con il chiamarli, io e i miei amici,  i perri da turista. Se tu sei in visita ad una città, magari sei stanco o non sai bene dove andare, non trovi l'indirizzo della locanda, stai certo che arriva lui, il perro da turista.
Ti incrocia per strada, lui sta vicino al muro o se è spavaldo corre in mezzo alla strada, ti incrocia, passa un attimo oltre e poi si ferma. Ti riguarda, torna indietro e si mette al tuo passo. Il perro da turista ti studia e ti annusa, e ti fa compagnia mentre cerchi, camminando, quello che vuoi cercare.
Se ti fermi al tavolino all'aperto di un bar, il perro prima se ne sta un pochino in disparte, poi si viene a sedere sotto la tua sedia o al tuo fianco. E chi passa, allora, pensa che quel cane sia tuo, che non sia un randagio. E il cameriere , se lo conosce, il perro, si fa una risata.
Perché il perro quando ti sceglie, perché è lui a sceglierti, mai tu a sceglierlo,  ti diventa all'improvviso complice. Ti sta a fianco e cammina con te. Se ci sono altri cani, aggressivi, che ti ringhiano contro, lui ti difende. Se vai al ristorante, lui ti aspetta fuori. Il perro aspetta.
Aspetta che tu faccia qualcosa per lui, un gesto di gratitudine a ricambiare  il fatto che lui ti ha annusato e trovato simpatico. E ti ha scelto.
Se ha fame, aspetta che tu gli dia un pezzo della tua pizza, o il salatino che stai per portare alla bocca. Se ha fortuna, e te esci dal ristorante con il sacchetto dei resti, perché hai pensato a lui guardando fuori dal vetro, il perro ti ringrazia abbaiando a ripetizione e scodinzolando.
Se gli piaci tanto ti indica la strada, anche se ti trovi ad affrontare i gradini della salita di Valparaiso e ti scorta fino alla porta della locanda.
Non sei tu che lo scegli, è lui, il randagio,che ti sceglie. Per una giornata, un'ora, dieci minuti.
Lui lo sa che te ne vai, sempre.

domenica 16 ottobre 2011

Dirsi le cose

Io sono una che non me le mando a dire, le cose.
Me le dico. Parlo molto con me, con i miei amici.
Parlo al procione che in questo periodo ha avuto un inizio di letargo. Alla tigre che mi tocca tenerla buona perché in queste ore non fa che sbattere con la testa contro il muro. Parlo nel sonno con Arturo che sul ritmo del testone che sbatte ci vuole comporre un balletto afro, che però allestirà lontano dalle fauci della coinquilina, perché dice che è una nuova e lui mica tanto si fida.
Io sono una che non me le mando a dire, le cose.
Non mi faccio sconti, non sono buona con me, non ho pena dei miei patemi. Eppure se non ci fossi mi mancherei. Perché le cose non bisogna mandarle a dire, bisogna dirsele. E quando ti guardi allo specchio la mattina, se non vuoi passare il tempo a sputare sul vetro, è bene essere duri e risoluti e dirselo.
Che le assenze pesano.

sabato 15 ottobre 2011

Babau

Sto provando ad adottare una parola da stamattina, è Babau.
Il sito della Dante mi segnala un errore, non so bene se sarò io o no ad aver cura di questa parola, che si porta dietro un pezzo della mia infanzia. Il fatto che io clicco per questo gioco dell'adozione delle parole (una cosina piccola ma che trovo simpatica e utile)  e mi segnala l'errore, mi fa sorridere. E' come se il Babau si facesse beffa di me anche via internet.
Babau nella lingua dei bambini è il mostro cattivo, che arriva e ti mangia. E' da stamattina che provo ad adottarla 'sta parola, ché il Babau, non so, ma non lo sento un nemico.
Sarà che ho passato l'infanzia ad averne paura, e mi ricordo che mi dicevano: "Mangia sennò chiamo il babau!".
"Smettila sennò chiamo il babau!". E io di notte me lo immaginavo ed era sempre nero e veniva a tagliarmi la gola, sempre la gola, e insomma dormivo sotto strati di coperte, con gli occhi stretti stretti per paura di vederlo tutto quel nero. Sarà che poi sono cresciuta e ho capito che i mostri della mia fantasia erano sempre meno mostri di certi personaggi in carne e ossa e facce e mani e parole e azioni, pieni di cattiverie...insomma io adesso per il Babau ci ho, quasi, un pochino di affetto.
Anche adesso che bambina non sono più, comunque, sarebbe bello che il mostro sparisse solo chiudendo forte gli occhi e la paura venisse scacciata via dal colpo di vento amico.
No, non basta. E lo si impara, ogni giorno.
Anche perché si scopre che non solo i mostri sono nostri gemelli ma spesso si impara anche che la cattiveria è dentro di noi, e là dentro, nel nostro personale nero, non abbiamo occhi da chiudere per scacciarla.
Ci tocca combatterla guardandola in faccia, tutti i giorni, con le azioni, i comportamenti e soprattutto i pensieri positivi. Anche se ci fa paura. Ben più del nostro personale babau.

Azione

Ho bisogno di agire,  di non restare qua con le mani incrociate.
Però mi sa che l'unica cosa che posso fare è uscire in terrazzo e farmi portar via dal vento.

venerdì 14 ottobre 2011

Chiedo la fiducia

Oggi mi sono svegliata masticando in bocca questa parola: Fiducia.
Non tanto perché oggi c'è il voto e si capisce se B. regge, che secondo me nella situazione oscena in cui siamo, quello è capace di reggere ancora. E allora questa parola, insomma, non è che piaccia tantissimo...
Lo so....

Ma ci sono anche le vite piccole, come la mia, quelle a cui di solito non si pone  interesse,  e io ho bisogno di fiducia. Me lo ripeto come un mantra, che devo avere  fiducia e allora ho riunito il mio parlamento domestico. Arturo è la Camera, la Tigre il Senato, e sto chiedendo loro la fiducia. In me e in quello che provo.
Adesso gli faccio un bel discorso programmatico.
(Ma a me se mi votano contro, mi dimetto)

giovedì 13 ottobre 2011

Piccola ala (cose indispensabili)

Le lezioni del Mistro

Ieri sera in una pizza improvvisata, il Mistro, uno dei miei guru di riferimento, mi spiegava che dire ti amo non basta per sancire l'amore tra due persone. Servono le azioni e i comportamenti, più di quel ti amo che si può anche non dire mai, ma se ci sono le azioni e i comportamenti e la persona che scegli la metti al centro del tuo mondo, quella persona si sentirà ugualmente amata. E' vero, mi è toccato convenire, anche se il suono prodotto dal ti amo, è come il canto delle sirene, irresistibilmente dolce. Sono però le azioni e i comportamenti a trasmettere la serenità dell'affetto che provi.
Arturo mi dice tante cose, ma mai ti amo, che lui è orso e io umana, e nella sua lingua il ti amo non si dice  ma si fa. E allora stanotte che ero in preda ad un incubo, figlio un pochino di quel "American Psyco" che non vedo l'ora di finire per nascondere in libreria, che io alla cattiveria non so, non ho strumenti di reazione forte, se non l'amore, e figlio di un pochino di paure che emergono in questo periodo e io nell'incubo ero sola, di un solo che non è la solitudine che amo, ma è quella cosa piena di assenza e appigli, e c'era una persona che ora non mi voleva più vedere e diceva che ero brutta di un brutto che manco il mondo era brutto come me, e io stavo male e stavo sola, rannicchiata, con le paure che mi danzavano attorno un tango struggente e cattivo, Arturo ha fatto l'unica cosa che si sentiva di fare, ha cominciato a prendermi a cuscinate, per svegliarmi, liberarmi dall' incubo e quando c'è riuscito è venuto a disegnarmi, con le zampe, in faccia un sorriso.
Secondo me quell'orso mi ama.
L'ho detto.

martedì 11 ottobre 2011

Starci male

Ieri ho lavorato fino a tardi, c'era consiglio comunale, e io dovevo lavorare là e c'era un sacco di gente che protestava, soprattutto per il lavoro che manca sempre di più, e quello è un problema serissimo, altro che bruscoli. Entro in municipio, c'è il blocco dei vigili che smista gli accessi. Arrivo davanti alla vigilessa e lei senza guardarmi in faccia, fa: "Ah lei è la signora della Lega".
E io cambio faccia, mi viene tutto un dolore interno, tra costato e milza.
"No _ le faccio _ io sono..."
E le passo il documento.
La vigilessa si fa seria, mi fa passare. Due ore dopo nel tumulto del dibattito, tra urla e fischi, le passo vicino per andare al bagno.
Lei mi blocca: "Mi devi scusare tantissimo. Non so come ho fatto a dire quella cosa, poi tu lo sai sei bella".
E io: "Cavoli, ci sono rimasta male".
Ci siamo strette le mani, come due vecchie amiche che si consolano.

domenica 9 ottobre 2011

Giovani teppe crescono

Ieri sera ho indossato a lungo i panni della figlia, per festeggiare i 50 anni di matrimonio dei miei genitori. Tipi tosti i miei che davanti ad un bollito di inizio stagione, loro chiedono il doppio di kren. Due che si incazzano sempre, spesso tra loro, spesso con me. Due che ridono.
La festa mi ha permesso di rivedere parenti scansati per anni. Alcuni hanno riconfermato l'opinione affettuosa che ho nei loro confronti e odorano tutti di salso.
Altri mi hanno confermato che i legami di sangue sono cose strane, che sei parente ma  in realtà lo sei di più con persone con cui non hai rapporti di parentela.
E' la vita, bellezza.
E c'erano i miei due nipoti, oramai più alti di me, giocosi, allegri, pieni di brufoletti e voglia di vita. Ho passato ore belle con loro a giocare e mangiare e farci gli scherzi. Tanto che alcune zie commosse dal rivedermi dopo tanto e convinte che io abbia fatto un patto col diavolo per l'assenza di rughe sul mio volto, ma io sono mancina e col diavolo oramai sono da decenni in amicizia, eh, hanno rilevato che noi tre non eravamo mica zia e nipoti, ma una sorella e due fratelli.
Non cambio opinione su di loro ma ci hanno visto giusto.
E quando mio padre ha narrato che io bellamente me ne sbatto delle sue recriminazioni sul fumo, lui ha concluso: "Tanto lei fa sempre quello che vuole". E io ci ho visto in quel tono di voce, mezzo serio, mezzo ridarolo, che c'era una punta di orgoglio dentro. Io allora ho improvvisato, dentro la mia testa, un passo di tango di ringraziamento. E poi ho dato una furtiva carezza al desiderio mio, che è grande e grosso, e mi fa compagnia.
E poi i discorsi sono scivolati via, e i miei son passati a narrare di quando appena nata la tv rimase spenta mesi che io facevo spettacolo, tra cacca e pisin, sul tavolo della cucina perché facevo di quelle facce strane che non riuscivano a guardare altro. E io le facce strane le faccio ancora.

sabato 8 ottobre 2011

Ogni cosa è illuminata

Sto convivendo in questi giorni con una specie di deviazione ottica, per cui vedo tutto più colorato. E' la stessa cosa che mi è successa quando sono tornata dalla Toscana, dopo la minivacanzina con gli splendidi, il domi, la Laura, mich e il professore, che siamo andati a Santa Fiora a trovare la Isa e l'Omone. Ecco, come quella volta, che dopo due giorni di risate, amore di gruppo e parole, sono tornata e ho visto i colori più colori, io in questo periodo, vedo le cose più cose, come illuminate. Mi sono accorta che sono bella, ma proprio tanto, e c'è gente che me lo dice, pure, senza che sia io a dirglielo prima. Tipo la barista vicino all'ufficio che me lo ha detto due volte in un giorno, ché voleva esser sicura di dirmelo, e allora l'ha ripetuto. E poi la mia casa ha un sacco di luce e anche se è arrivato il primo freddolino, qui si sta benissimo, proprio come una cuccia. E pure gli alberi del parchetto dei vigili mi sembrano più grandi, secondo me sono cresciuti di notte, quelli. C'ho questa deviazione ottica e i colori mi penetrano e mi scaldano. Il giallo della mia cucina ha l'effetto di una lampada abbronzante. Il mio quadro, mio, insomma ci sono io ecco, è di un rosso che toglie il fiato. Pure il mio orologio ottanio di plastica, è di un ottanio che conforta. Vivo nel colore e mi sento più bella, anche io, di conseguenza, in tutto questo colore. Ho i capelli che stan andando per conto loro e lasciamoli andare,  ho voglia di scrivere, di raccontare, di dare. Pensavo fosse colpa della sindrome premestruale, ho preso un botto di magnesio, ma niente. Ho pensato che era il freddo, mi sono bevuta un litro di tisana, ho pisciato tutta notte, e la pipì era di un giallo canarino che mi pareva di avere Titti in casa. E Arturo è bianco latte e la tigre è fighissima.
Come diceva uno più bravo di me, ogni cosa è illuminata.

giovedì 6 ottobre 2011

Io sono qui, lei è Lì

Ieri è stata una giornata di lacrime, non singhiozzanti e dolorose, ma lievi ed emozionate. Io, non lo so se è un bene, mi emoziono ancora e tanto. Prima una mail inattesa, poi il cinema finito il turno al lavoro e dopo aver mangiato un piatto al vicino ristorante cinese, che il cinema tardi è bello, ma ti viene fame. E siccome  andavamo a vedere la storia della cinesina a Chioggia, ("Io sono Lì") di Segre ci siamo preparati con gli involtini primavera e il wan-ton fritto. Ecco, io di questo film avevo letto. Era alla mostra del cinema, era tra quelli da vedere. Adesso penso che è probabilmente il film più bello visto negli ultimi due anni.
Non faccio spoiler, non mi piace.
Ma dico alcune cose  che valgono, per me.
1) Non so se Lì, la protagonista, parla un cinese con un determinato accento. So che Citran, Paolini, Battiston con il chioggiotto (che non è facile e manco è come il veneziano, attenzione) se la cavano proprio bene e si vede pure che si divertono, e tanto.
2) I cinesi festeggiano i Poeti e secondo me è una roba granda, questa. Una festa che dovremmo introdurre anche noi. Fissiamo che festeggiamo il 25 aprile, il 1 maggio, e quando si decide, facciamo il giorno dei Poeti, in cui tutti si leggono in testa le poesie che vogliono.
3) Questo è un film d'amore, anche, oltre che di denuncia. E io ho lasciato una lacrima sulla poltrona del cinema e spero che  il Bepi e la cinesina abbiano altre possibilità. Perché due che si accarezzano in mezzo al mare, devono averla. Ma io sono una romantica, a mia discolpa.
4) Parlando d'amore, questo è un film sulla laguna e sul mare. Lei femminile, lui maschile. Potenti e placidi. Si mescolano ma un poco di mare resta sempre dentro la laguna. Noi veneziani lo sappiamo. Ora con questo film, bellissimo, lo potranno sapere tutti. E io ne sono orgogliosa.
Ciao

mercoledì 5 ottobre 2011

Quak, stock

C'è che quando uno va alla Blogfest, che è in pratica il raduno di quelli che stanno sull'internet e scrivono sui blog, come questo, poi torna a casa e ringrazia qua e là e dice che è bello aver conosciuto questo e quello e ha fatto questo e ha fatto quello. Ecco io alla Blogfest ci sono andata ma ho visto soprattutto il lago. Che lì a Riva del Garda in un punto preciso, quando i due costoni della collina scendono verso l'acqua, là in fondo ho detto, guarda bene, mi ha ricordato Ushuaia.
A Riva del Garda ci sono stata due volte, ma la prima volta non mi ero mica accorta che là in fondo c'era qualcosa che mi ricordava la tierra del Fuego e quella cittadina di frontiera da dove prendi il barcone e sei nel canale di Beagle che era il nome della barca di Darwin per intenderci, eh. E per un attimo ho pensato che se prendevo una barca magari svoltato l'angolo tra i due costoni, trovavo l'estancia Harberton e ci avrei passato volentieri una notte o 62 ore, sapendo fermare il tempo. Ma questa è una pratica che devo ancora perfezionare.
E poi il lago che io ho paura di solito a metterci i piedi dentro, devo dire che è attraente. Sarà stato il caldo, sarà che mi ha ricordato posti dove sto bene, boh, ma c'era una sensazione piacevole e una vita notturna di pesci e anatre e germani reali e cigni che non si incazzano se loro dormono e te ciacoli e bevi vino a due passi da loro, e pure altre anatre, nere, che quando dialogano tra loro non fanno quak ma fanno stock (che per una fissata con l'onomatopea, è un tripudio) e insomma è stato piacevole.
Solo che adesso in testa faccio quak, stock.

venerdì 30 settembre 2011

Pugni

Prima ero fuori a fumare una sigaretta ed è passata una coppia.
Di innamorati, mano nella mano.
Li ho guardati mentre mi passavano davanti, passeggiando con le borse delle spese in mano. Hanno fatto shopping assieme, ho pensato. Guarda che carini.
Sembravano carini.
Poi lui le ha preso una mano e ha cominciato a tirare il braccio.
 Ma non per tirarla per un bacio. No, ha tirato il braccio verso la schiena, all'indietro, finché lei ridendo non ha dovuto abbassarla la schiena fin quasi a toccare il naso sulle ginocchia. Poi ha smesso di ridere e ha cominciato a dirgli che gli faceva male. E io mi sono concentrata sulla mano di lui, perché quella situazione non mi piaceva per niente. Ma proprio per niente.
E mi sono piazzata alle spalle del ragazzo a fissarlo. Volevo tirargli un pugno, ero decisa a farlo.
Lui si è girato, mi ha guardato come se fossi una pazza, e ha tirato il braccio della sua ragazza, ancora. Stavolta per portarla via.

giovedì 29 settembre 2011

Un post (a rete unificata)


Quale che sia la censura, essa mi sembra una mostruosità, qualcosa di peggio dell'omicidio; l'attentato contro il pensiero è un crimine di lesa anima. La morte di Socrate pesa ancora sul genere umano. (Gustave Flaubert)



Questo è un blog, anche se pieno di cazzeggi, e quindi io dico No al bavaglio e partecipo all'iniziativa.


DA LEGGERE E POSSIBILME NTE DIFFONDERE (a mezzo blog, se ne avete uno): 
Cosa prevede il comma 29 del ddl di riforma delle intercettazioni, sinteticamente definito comma ammazzablog?
Il comma 29 estende l’istituto della rettifica, previsto dalla legge sulla stampa, a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”, e quindi potenzialmente a tutta la rete, fermo restando la necessità di chiarire meglio cosa si deve intendere per “sito” in sede di attuazione.

Cosa è la rettifica? 
La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere di questi media e bilanciare le posizioni in gioco, in quanto nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, questi potrebbero avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie. La rettifica, quindi, obbliga i responsabili dei giornali a pubblicare gratuitamente le correzioni dei soggetti che si ritengono lesi.
Quali sono i termini per la pubblicazione della rettifica, e quali le conseguenze in caso di non pubblicazione? 
La norma prevede che la rettifica vada pubblicata entro due giorni dalla richiesta (non dalla ricezione), e la richiesta può essere inviata con qualsiasi mezzo, anche una semplice mail. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”, ma ad essa non possono essere aggiunti commenti. Nel caso di mancata pubblicazione nei termini scatta una sanzione fino a 12.500 euro. Il gestore del sito non può giustificare la mancata pubblicazione sostenendo di essere stato in vacanza o lontano dal blog per più di due giorni, non sono infatti previste esimenti per la mancata pubblicazione, al massimo si potrà impugnare la multa dinanzi ad un giudice dovendo però dimostrare la sussistenza di una situazione sopravvenuta non imputabile al gestore del sito.
Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto? 
La rettifica prevista per i siti informatici è quella della legge sulla stampa, per la quale sono soggetti a rettifica tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni ritenute dai soggetti citati nella notizia “lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia, è quindi un criterio puramente soggettivo, ed è del tutto indifferente alla veridicità o meno della notizia pubblicata.

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false? 
E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica?
La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi sarà il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.
Sono soggetti a rettifica anche i commenti?
Un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento (e contenuti similari) non dovrebbe essere soggetto a rettifica.

mercoledì 28 settembre 2011

Bye bye mister cum-shot

Io lo so che prima o poi doveva succedere, che mi giravano gli zebedei come le pale del vecchio ventilatore che avevo in camera e che qualcosa ha visto, lui.

Dialogo telefonico:
"Mi ha detto che il cum-shot gli è piaciuto tanto..."
"Ehhh?"
"Il cum-shot, l'ha chiamato così".
"Ah"
"E ha detto che sono una gran bella Milf".
"Ah...scusa, sei contenta?"
"Sì, mi pare di sì. Anche se mica ho capito bene tutto quello che mi ha detto".

Ecco parli con una conoscente, quasi amica, di quelle che hanno bisogno, spesso, di confidarsi, forse per sentirla la complicità, e capisco eh, e questa se ne esce col racconto dell'ultima uscita con il tipo che gli piace tanto. E la serata ha preso una bella piega, mi racconta,  e io sono contenta, ma poi il tipo mi è cascato sull'uso dei vocaboli e sui comportamenti.
Allora la mia quasi amica racconta e io ho avuto uno di quegli incubi ad occhi aperti, che io le situazioni me le immagino, e insomma mi è venuto un attacco di orticaria.
Per carità il sesso mi piace e finora anche molto; per carità viviamo in una Italia della puttanocrazia e ora tanti comportamenti, un tempo fonte di imbarazzo, oggi sono sbandierati ai quattro venti.
Ma come si fa a chiamare una ragazza con cui vai a letto bella Milf?
Come si fa a dire che si ha avuto un cum-shot bello.
Dì che sei venuto e ti è piaciuto, e basta.
Ziocanea!
E te, quasi amica mia, stai lì a farti guidare nell'amplesso come se fossi ad una seduta di ginnastica in palestra, fammi 80 addominali, vai di crunch per 10 minuti, adesso stop passiamo allostep.
Non ti viene da ridere? Amica mia, non ti viene da fermarti mentre sei indaffarata, e guardare questo coso che hai davanti dritto negli occhi e scoppiare a ridergli in faccia con tutto il fiato che ti è rimasto?
No?
Non ti viene da prendere il tacco dodici e tirarlo fuori dalla finestra e metterti a camminare a piedi nudi per casa, senza il rossetto che ti fa tanto baltracca e il reggiseno che ti alza le tette, e poi sederti davanti allo specchio e guardarti, così, inselvatichita. E chiamare lui, il coso, e dirgli: "Caro, dimmi cosa vedi?".
Non ti viene da sbattergli in faccia tutta la tua femminilità e dirgli: "E adesso, arrangiati!".
No?
No, lei si chiede se lui uscirà ancora con lei e mi ha detto che vuole andare ad un corso di burlesque.
Certo, al corso di burlesque, per imparare a giocare con la mia femminilità, ci andrei anche io.
Ma con mister cum-shot non ci uscirei manco morta. Poi io non sono quella che dice agli altri che fare. Se sono solo conoscenti. Ma ho la sensazione di essere fuori moda; io che penso ancora che il sesso tra due persone, adulte, consenzienti, non sia la brutta copia di un manga, ma vita vera. Che le emozioni passino sopra i vocaboli tecnici da porno, se ne facciano sberleffo, che la voglia mandi a quel paese tutte le posizioni imparate e viste.
Ah, e fuori moda mi sento benissimo.

martedì 27 settembre 2011

Duri i banchi

Se c'è un detto veneziano che trovo esaltante, e che è anche un album dei Pitura Freska, per dire, è "Duri  i banchi". Lo dicevano i vogatori delle navi veneziane alle prese con gli sballottamenti in mare. "Duri i banchi", teniamoci saldi, insomma, per superare la tempesta.
Per la cronaca, i banchi sono le assi di legno su cui sedevano i marinai.
Bellissimo, ogni volta che lo dico sento l'incitazione dentro che si fa avanti e mi vien da guardare verso la laguna, là dove l'acqua sie ore ea cresse e sie ore ea caa.
Anche oggi che per un attimo mi sono sentita nella tempesta, io, che del vento ho imparato a non avere paura, l'ho detto alla mia passione, che mi stava vicino mangiando un pacchetto di crackers.
"Cara, Duri i banchi". E siamo state là, io e la mia passione, sulla panchina. Le ho raccontato anche di quella volta che sul lago Nahuel Huapi c'era la bora e io ho provato a buttarmi in avanti, a cadere, e il vento mi ha tenuto in piedi.

lunedì 26 settembre 2011

Mao

Dialoghi telefonici - al termine di convenevoli e piccole informazioni sulle rispettive situazioni emozionali attuali.

A: Ciao, fammi miao
F: Faccio cosa?
A: Fammi miao
F: Miaoooo
A: Visto? Sei diventata grande, sei una gatta.
F: Mi prendi per il culo?
A: No, perché?
F: Bau
A: Naaaaaaaa, te sei da miao. Ciao
F: Ciao. Miao. Bao
A: Mao

domenica 25 settembre 2011

Psyco

Invece delle liste delle cose da fare, sarebbe meglio appuntarsi sul libretto talvolta anche quello di cui si ha bisogno. Non tanto perché il dovere sia alla fine molto meno divertente del piacere, ed è sacrosanta verità, ma perché è il piacere a connotare chi siamo.
E quindi dobbiamo dircelo, dentro di noi, cosa abbiamo bisogno. Per sapere chi siamo.
Cogito, ergo sum. Desidero, ergo sum, anche.
Mi vengono paragoni forti, ma sto leggendo "American Psyco" in questo periodo, perdonatemi. E quel pazzo che ogni pagina aggiunge uno sclero in più e violenza su violenza, mi elenca solo cose che ha, vestiti, oggetti, corpiduri (che orribile traduzione) che guarda, ma mai che dica in una riga di cosa ha bisogno, cocaina e psicofarmaci a parte.
Mi irrita uno così anche se mi affascina leggerlo tra le pagine di un libro. Forse perché così mi consolo, chiudo il libro e lui resta lì dentro. E invece no, ci penso, che c'è un peso specifico differente tra possesso e bisogno. Il possesso non consola, il bisogno incita.
Forse a lui incita il sangue, il fare male. A me sta molto antipatico ma voglio capire fin dove arriverà.
Io, nel frattempo, in questo periodo ho bisogno di baci. Non sono un dovere, non sono obbligatori, non li ho mai trovati all'angolo della strada, io.
I baci non li comperi al supermercato, non sono cose che trovi in uno scaffale e puoi sceglierne il gusto, con o senza zucchero. Non li puoi catalogare, sono uno diverso dall'altro.
Se il gusto ti piace lo devi scoprire da solo, poi se senti che ne vorresti ancora devi impegnarti a fare in modo che ricapitino sulla tua traiettoria. A volte pensi che sia impossibile, riaverli.
E quando capita, cavolo se capita,  io lo so che è come dichiarare una sconfitta.
Un bisogno è così, puoi realizzarlo e coccolartelo; puoi rincorrerlo una vita; puoi tenerlo tra le mani e poi perderlo e lui se ne va, lasciandoti un ematoma addosso.
Adesso che rileggo quel che ho scritto, ci vedo dentro anche tanto il mio personale concetto di libertà.

Una volta  ho chiesto ad un mio moroso quale fosse il suo bisogno, lui mi ha risposto: "essere libero".
Non siamo più morosi.


giovedì 22 settembre 2011

A tavola

Oggi mi son svegliata e ho ballato subito il tip tap sul mio umore e Arturo è uscito dall'armadio e la tigre si è messa a preparare il caffè e poi mi ha costretto, puntandomi contro un'unghia laccata di rosso (mi sa che ha aperto il cassetto del bagno dove ci sono i trucchi), a mangiare pane caldo col miele e un filino di burro. Arturo si è messo a destra, la tigre a sinistra, io al centro. Tutti a bere caffè macchiato con il latte di mandorla. E poi la tigre mi ha guardato e mi ha detto che la fame è così, non ti lascia mai come ti trova, anche se è fame non di cibo, quella che ti serve a tirare avanti, ma di affetti, sorrisi e abbracci.
Perché è la stessa identica cosa, ha detto.

mercoledì 21 settembre 2011

C'ho un attimo de mona

Il desiderio è quella cosa che ti fa vedere tutti i mondi possibili, che hai a disposizione.
E' un dolorino lieve, come di corda che tira, dal basso ventre fino al cervello.
E' una impotente potenza.
E' la voglia di esserci per non esserci più come pensi di essere.
E' quella sensazione che puoi nascondere nell'ultimo dei cassetti, dopo averla fatta a pezzetti piccoli, e poi ritrovarla intatta, al tavolino di un bar, a sfotterti per la tua codardia.

lunedì 19 settembre 2011

Cose da non fare

Non scambiare mai timidezza con imbarazzo
e soprattutto non scacciare la malinconia del lunedì al mercato: finisci con il comprare le mutande strette

Sto benissimo in Shantung

Io non lo so se è stato il ticchettio sulle persiane o se è stato il cambio di temperatura o che, ma io stanotte  ho rivisto in sogno tutti i baci che ho dato finora. Non so se ricordate gli ultimi tre minuti del "Nuovo Cinema Paradiso", quello di Tornatore, con l'attore che se ne sta in saletta e rivede tutti gli spezzoni tagliati dei film. Ecco, al posto dell'attore c'ero io con un vestito di seta selvaggia verde e mi riguardavo tutti i miei baci, i primi da piccina, poi quelli incasinati dell'adolescenza, quelli incasinati dei vent'anni, quelli incasinatissimi dei trenta e pure gli ultimi incasinati uguale di questi 40 e passa, e li osservavo con attenzione e passavo dalla lacrima alla risata, come facevo da piccola  che prima soffrivo e poi ridevo che comunque non mi ero fatta poi così tanto male.
Sono arrivata alla fine, all'ultimo, e ho sorriso di più forse perché l'ultimo è quello che te lo ricordi meglio che hai ancora tutte le papille gustative sollecitate e loro, le papille, di queste cose tengono memoria e non dimenticano mica mentre magari noi ci conviene di farlo per mille motivi.
Poi mi sono svegliata e c'era la tigre che mi leccava i piedi.
Adesso mi devo comperare un abito di seta verde, che sto benissimo.

venerdì 16 settembre 2011

Diserbante

Ho passato ore, ultimamente, a dire parole stupende, nella loro semplicità, e poi impaurirmi per averle pronunciate e vedere che impauriscono se le dico. E giù a scusarmi.
Perché le parole, come diceva qualcuno, sono importanti e talvolta se ne dici una chi la sente nelle orecchie se ne ritrova a rimbombare ottanta. E così via.
Poi ho regolarmente chiesto scusa, come se bastasse quello per alleggerire.
Resta la speranza che mettendole assieme, ste parole belle,  siano un fertilizzante, anche se oggi a me paiono solo un diserbante spruzzato a caso.

giovedì 15 settembre 2011

Me e la tigre

In casa c'è un nuovo ospite, inatteso, e devo ammetterlo, un pochino ingombrante. E' una tigre. 
Arturo s'è messo paura e si è chiuso in armadio e mi parla da lì, non ci vuole avere a che fare, per ora, dice. E dice che se io la smettessi di sognare ad occhi aperti, forse queste cose non ci capiterebbero. 
Lei, la tigre, è entrata in casa senza bussare, si è sistemata ai piedi del letto e si è messa a fissarmi e a ringhiarmi contro, mostrandomi le zanne aguzze. Sono come madreperle appuntite. 
Dorme con un occhio solo, con l'altro mi fissa e segue ogni mio spostamento. E' di una bellezza spaventosa, che lascia senza fiato, il pelo ad ogni respiro si muove. Sembra avere il vento addosso. 
Io rimango senza fiato ad osservarla. 
Sostengo lo sguardo, sputo la mia palla di pelo da gattina spelacchiata e resto là. Se volesse, lei, la tigre, con un colpo di zampa potrebbe spedirmi a chilometri da qui, invece non lo fa. Resta là e mi fissa. Non fa altro. Ma se mi avvicino, tira fuori le zanne.
Dentro a quegli occhi azzurri ci sono rimasta dentro a lungo stamattina, mi ci sono accoccolata e mi sono sentita protetta. 

La via della felicità


Ci sto provando. Prima fermata, qui.

martedì 13 settembre 2011

Fammi bene

A me capita, ancora. Di guardare una faccia, studiarla senza farmi troppo notare, seguirne le curve del naso e del viso, guardare le mani, cosa fanno, come lo fanno. Seguire l'andamento di una voce, di un piede che cammina. Sentirmi senza niente e starci benissimo.
Assaggiare, annusare.
Pensare all'improvviso: "fammi bene". E scoppiare a ridere, felice.

domenica 11 settembre 2011

11 Sept 1973


Ci sono tanti 11 settembre da non dimenticare.

http://it.wikipedia.org/wiki/Golpe_cileno_del_1973

giovedì 8 settembre 2011

1986


Io nel 1986 ero al liceo, brufolosa e bruttina, tutta basket e musica e sax e pianti per il latino. Loro erano al Montreux Jazz Festival.

lunedì 5 settembre 2011

Nero nero

Così, cercando una cosa, ho trovato in internet il testo di una vecchia canzone popolare che cantavamo in autobus quando si andava a far festa in val di Non.


NERO NERO
(canzone popolare)
Il primo furto da me compiuto
 è stato quello della signora,
co’l pugnale nella gola
quanti schei che ghe gò ciavà.
Cinquecento marenghi d’oro
mescolati ad altri argento,
sono andato a cuor contento
in ostaria a magnare e a ber.
Quando suona la mezzanotte
arrivava la polizia,
circondava l’ostaria
a Santa Maria i me gà portà.
A tradirmi fu un grande amico
che di nome si chiamava Nero,
lo credevo un amico sincero
e invece il vile m’ha rovinà.
O secondino fammi il favore
di prestarmi inchiostro e penna
voglio scrivere alla mia bella
che mi venga a ritrovar.
O Nero Nero dove tu
sei ingannator della vita mia,
tu sei stata una malaspia
che in galera me gà mandà.
Oh Nero Nero…

Your Soul and Mine

Ho sentito parlare di lui, Gill Scott Heron, da una delle poche trasmissioni di RadioDue, Moby Dick, che fanno vera informazione musicale. Considerato il padre del rap, era un cantante ma soprattutto un poeta. Heron è morto lo scorso maggio. Nella sua vita ha avuto un bel po' di problemi, come tanti.
Ho cercato in rete questo suo lavoro e quando è arrivato il cd a casa ero tutta curiosa. Beh, ecco, è una delle più belle cose che le mie orecchie hanno sentito ultimamente. C'è un sacco di vita dentro questo lavoro di poesia e hip hop.

Tutta colpa di Sergio

domenica 4 settembre 2011

Parliamo?

E' da tanto che non lo facciamo :)

Spallucce

Ho imparato un po' di cose quest'estate.
E me le segno qua, perché è bene ricordarsele.
Anzitutto c'è gente che non fa assolutamente nulla per il proprio bene personale se non stare a criticare quello che gli altri fanno e provano un sottile gusto a sentirsi sempre e comunque migliori se a quegli altri le cose non vanno benissimo. Io oramai davanti a questi esempi di vita morigerata non vado oltre la faccia da "mavacagher". Ho imparato a fare spallucce: affari loro, se non si sporcano mai. Non sapranno, dopo, come pulirsi.
Ho imparato poi che probabilmente mai sono stata depressa e mai lo sarò perché davvero io sono un bicchiere mezzo pieno e mai mezzo vuoto. Mi voglio molto bene per questo. C'entra anche lo scrivere, che è il mio modo di comunicare, evidentemente.
(A proposito è in arrivo una bella novità - vi dirò a tempo debito). 
Ho imparato che forse proprio perché sono piena di mediocrità mi salva questa fame, che ho dentro, di migliorare me stessa e la vita che faccio. Ma rispetto al passato, quando vivevo questo stato con ansia, oggi sono diventata più paziente e questo aiuta, cavolo se aiuta. Non penso più che il futuro è là e io devo correre. Il futuro è oggi, e allora faccio spallucce ai pensieri negativi.
Ho imparato anche che ci sono persone che voglio nella mia vita ma non so bene come e allora sto zitta ma non faccio spallucce.

sabato 3 settembre 2011

Ciappino

Che poi quando coltivi le amicizie e la conoscenza supera lo stadio iniziale di studio e allora ti rilassi per bene, bisogna ricordarsi di chi si è. Io ecco ieri sera mi ero dimenticata che in testa c'ho un procione selvaggio e nel caldo della pizzeria affollata, lui ha deciso di farmi un caldo sahariano sulla coppa. E ad un certo punto, io che ero con i miei amici e pure bella rilassata, ho dovuto far fronte al fastidio e prendere il ciappino per sollevare i capelli. Tanto, ho pensato, mi vogliono bene uguale anche se non sono perfettina. Solo che avevo dimenticato il procione e lui, sto stronzo, era là che mi ballava sulla testa. Non son cose, proprio.

martedì 30 agosto 2011

Che faccia si fa?

Che faccia si fa quando ti capiterà di reincontrare quel qualcuno che ti sei sognato, uno che conosci abbastanza bene, che arriva dentro il tuo sogno e con piglio anche un pochino da sborone, bisogna dirlo, prende e tira una tenda bianca e solo con quel movimento devia tutta la storia del sogno, che aveva preso una piega assolutamente noiosa e pacifica, e invece, dopo il suo arrivo, quella storia ne prende completamente un'altra, sudata e inaspettata? Che faccia si fa?

lunedì 29 agosto 2011

Lo zaino

(contiene puccyness, siete avvisati)
Il mio nipote diciottenne, Popo (mi odierà che lo chiamo ancora così...) è tornato oggi dalla sua prima vacanza solo con gli amici. Non lo sapevo ma è partito con il mio vecchio zaino ferrino, la cassa da morto, uno zainone valigia che mi sono tirata dietro per anni sulle Ande, in Patagonia, nella terra del fuego, in Cile. Da un viaggio è tornato tutto rotto, è finito in un angolo, poi, con pazienza, è stato riparato.
Lo zaino della mia rinascita è passato di mano. Ora è il suo compagno di viaggio.
Ammetto che  quando l'ho visto, l'ho accarezzato di nascosto.

venerdì 26 agosto 2011

Petacoche

Oggi mia cugina su Facebook ha spiegato il significato di una delle parole più carine veneziane, quel Petacoche che sta ad indicare chi tende a lamentarsi addirittura con un piglio infantile degli accadimenti quotidiani.
Ecco io leggevo e pensavo che probabilmente c'è una attitudine familiare a riconoscere i  fastidi, come quello nei confronti dei lamentosi di professione che spessissimo finiscono con l'essere, appunto, dei petacoche.
Alla lamentela preferisco l'indignazione. Se la vita non soddisfa c'è ovviamente di che indignarsi, solo che a volte pensandoci bene si capisce che mentre il lamentoso scarica la colpa su altri ( uomini, donne, amori che non vanno, persone che non ci valorizzano o ci ascoltano, ecct.) l'incazzato il più delle volte deve fare i conti con gli effetti delle proprie quotidiane scelte e allora o pratica l'indulgenza verso le proprie incapacità, ad un certo punto, accettandosi, o finisce con l'essere un soggetto bilioso. E forse agli effetti deleteri della bile, c'è chi preferisce appunto l'arte dolente della lamentela contro tutti e tutto, come se nulla fosse colpa sua ma tutto colpa del destino malefico, della sfiga, delle incapacità altrui. Consolante, no? Il Petacoche, dico...no parliamone...o no? 

domenica 14 agosto 2011

New sensation

Il mio lato femminile mi è apparso sotto forma di libellula, gialla e bianca, fine come uno stecco.
Lei svolazza, mi fissa. L'intesa c'è, capisco.
Scoppio a ridere e svolazzo pure io.
Non mi servono sudditi, che mi massaggino le dita dei piedi a comando.
Non mi servono idoli, davanti ai quali inginocchiarmi.
Mi servono complici, per il migliori misfatto che si possa commettere: vivere e non sopravvivere.


venerdì 12 agosto 2011

Io licenzio, tu licenzi

Ecco ieri Tremonti ha fatto un discorso del tipo: noi certo non lo vorremmo fare, ma ci dicono di farlo (la Bce), ci pensiamo eh, mica diciamo sì subito ma serve...
E poi se ne è uscito con quel "diritto di licenziare", sibilato così, che mi ha fatto accapponare la pelle.
Ecco, mi chiedo da ore: se lavori, vieni pagato e hai soldi da spendere.
Berlusconi è andato avanti un pezzo a dirci di spendere per risollevare l'economia.
Adesso ci dicono che sarà normale licenziare.
A parte che già licenziano e non poco.

Ma se non trovi un altro lavoro come sostieni l'economia?
Da parte attiva diventi di colpo parte inattiva, un peso. Uno che non può spendere non vale una benemerita cippa. E non può manco curarsi, quindi diventerà inutile peso.
Dopo il precariato, ci sarà la divisione  in caste.
Lavori ? Sei socialmente utile. Non lavori più? Ciao sei un inutile.
Mi sa che ci tocca andarci a rileggere tutti i testi sociologici scritti negli anni Novanta sulle conseguenze psicofisiche delle casse integrazioni e dei licenziamenti. Ci siamo già dimenticati che avevamo uno statuto dei lavoratori, dei sindacati degni di quel nome, del diritto di scioperare...Ah adesso becchiamoci il diritto di licenziare...
Mi raccomando silenzio, c'è da pensare a chi va all'isola dei famosi alla prossima edizione, eh

lunedì 8 agosto 2011

Ah

Ah, mi sono dimenticata ma a fine luglio questo blog ha compiuto quattro anni di vita.

L'impresa più difficile

Una volta mi piacerebbe provare ad essere stronza, essere come quelle che fanno impazzire uno perché si rendono inavvicinabili e hanno una parolina cattiva per tutti e ti squadrano dai piedi alla testa e senza parlare hanno l'occhio e l'angolino destro della bocca che sono una sentenza di pessimo ton.
Mi piacerebbe provare, un giorno solo eh, massimo 24 ore, ad essere come loro e praticare l'arte del disgusto verso tutto  e tutti come antidoto, presunto, alle interpretazioni che diamo della vita e degli eventi che ci tocca affrontare.
Sai quando ti accorgi che hai sbagliato l'opinione che avevi su una persona o su una cosa? Loro, le stronze, si difendono ricordandosi che comunque l'occhio e l'angolo della bocca lo avevano alzato. Insomma si difendono dicendosi che guardinghe lo erano state come mamma aveva loro insegnato.
E' una cosa che io non so fare, mi viene da ridere dopo un pochino.
Devo mettermi nella condizione mentale di recitare una parte altrimenti non ce la faccio a  provare disgusto a priori.
Per quello mi dico: un giorno solo, nella vita, vorrei provare veramente come si sta nei panni di una stronza. Dura un attimo, poi penso che faccio comunque meglio a dedicarmi ad altre imprese.
Mi sa che sono rimasta imprigionata nella condizione bimba dello stupore.

Ho letto giusto l'altro ieri queste parole:
"Ci sono due specie di persone.
Ci sono quelli che vivono, giocano e muoiono.
E ci sono quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della vita.
Ci sono gli attori e
ci sono i funamboli".

Secondo me c'ha ragione.

(citazione da "Neve" di Maxence Fermine)

mercoledì 3 agosto 2011

Lucettina

Ci sono giornate che scivolano via lente ed è un lento voluto quando ho bisogno di una ricarica, di emozioni nuove, di perdermi un attimo per poi ritrovarmi.
Sono andata alla piscina, un posto "in" con la zona vip divisa da quella dei peones, e io me ne sono stata con questi ultimi, che ci sto bene, io, che ho sempre qualcosa fuori posto.
Una persona ha detto di me un giorno, senza conoscermi, che sembro quella con la corona in testa che le sta tutta storta, e forse ha visto giusto.
E insomma lì, tra un bagnetto, una ceasar salad, c'era il cicaleccio alle spalle di ragazze che parlavano di gelosia, amori e lasciamenti, tutti gestiti attorno alla lucetta verde della chat di Facebook, che pare che adesso esisti solo se hai la lucetta verde accesa, altrimenti non ci sei, e io che nei social network ci sto ma passo il mio tempo spesso in un posto senza lucette accese, ero curiosa e ascoltavo. Io ho amici fuori e dentro la rete,  e non faccio differenza alcuna, comunque a suon di ascoltare, ad un certo punto ho avuto la nostalgia di quando era più difficile cercarsi.
Non lo so, ho temuto che tutta questa facilità alla fine sia un boomerang che poi ti lascia più vuoti che pieni. Anche perché se tutto gira attorno alla lucetta verde accesa stiamo freschi.
Ma se io voglio bene a qualcuno gliene voglio di più se ha la lucetta accesa per parlarmi? Non credo proprio. Voglio bene ancora a gente che non esiste più, sul serio.
Ma  lasciamo perdere 'sta cosa del bene, che ultimamente a me dirlo mi sa che mi fa passare per una negativa e visto che mai mi sono sentita così mi pare di essere quella che va in giro con le mutande in testa e sembra tutta strana. O con la corona storta, e ci risiamo.
E' come quando decidi di regalarti, senza pensarci tanto, un tuffo spensierato in piscina ma è mal calcolato e tiri una spanciata pazzesca.
Oppure  è più facile che abbiamo tutti alfabeti propri che confliggono con quelli degli altri e allora ti incasini perché semplicemente non capisci quel che senti.
Credo sia questo e allora ecco che forse  è consolante quella sensazione, che un dialogo, un rapporto, un confronto lo puoi spegnere come la lucetta verde della chat.
Bon mi sa che va così, adesso, il mondo.
Ma io, no. Decisamente, no.
Di questa giornata in piscina  porto a casa anche la piacevole sensazione che il mio ormone, il guerriero, è vivo e lotta insieme a me. Son rimasta a vagheggiare , persa tra le parole intrise di sesso di Tiziano Scarpa ( "La vita, non il mondo"-edizioni Laterza) e la visuale di un barbuto signore, dal fisico imponente, intento a studiare a bordo piscina un libro sul basso e un testo, forse di solfeggio, che da lontano non ho visto bene, e nell'offuscamento, me lo sono goduto nel guardarlo e mi sono fatta anche un filmino sulle mani...E poi col pensiero gli ho detto "Ciao, bello", quando è arrivata la morosa a portarselo via, mansueto.
Insomma c'ho l'ormone vivo e vegeto che brilla di lucetta propria. Ottanio, ovviamente.


domenica 31 luglio 2011

Inselvati, chi?

(foto presa da internet)



A volte, non sempre per carità, ma a volte, bisogna chiederselo. Ma gli altri, a noi, come ci vedono? (Se ci vedono... ). Io allo specchio mi guardo, a caccia di rughe e espressioni buffe, o per domare il capello ribelle, invano, o per farmi un sorriso di quelli che san di pacca sulla spalla. E mi capita di chiedermi se gli altri vedono altro, che io non vedo. Tipo io in questi giorni mi sembra che sto benissimo, meglio del solito, e invece c'ho una serie di acciacchetti che così, boh,... la femminilità pare pratica complicata.
Su internet ho trovato questa fotina e guardandola mi son salutata, come allo specchio.
Tasmanian anche se si lava e si liscia il pelo e fa l'affettuoso, si vede lontano un miglio che è un selvatico.

sabato 30 luglio 2011

Mi fai sangue

Molto ma molto prima che i vampirelli emaciati diventassero di gran moda, modificando i sogni erotici di tantissime adolescenti, nelle mie terre si usava dire "mi fai sangue" per dire "mi fai sesso".
Per qualcuno sarà un modo di dire volgare, io sorrido, passo oltre e mi tengo le mie parole.

martedì 19 luglio 2011

Mi sono stancata (Umarell mode on)


Dei dibattiti estenuanti sulle taglie mi sono stufata.
Così come dei commenti sarcastici sull'assenza di bellezza di questo o quello.
Mi sono stancata anche di quelli che commentano solo il loro gruppetto, la cerchia adesso si dice, visto che c'è G+ .
Aspetta, pure di quelli che ti tolgono la sottoscrizione su FF ma la fanno su G+ mi sono stancata.
Mi sono stancata di quelli che non leggono mai i blog degli altri e però sanno tutto di tutti.
Mi sono stancata del Caps Lock usato come prevaricazione, per farsi notare più degli altri.
E così pure di quelli che scrivono sempre quello che mangiano ( il passo è breve per la pesatura della cacca prodotta, ve lo dico eh...).
Mi sono stancata anche dei thread che li capiscono in tre e tutti gli altri si sentono emeriti cretini.
Mi sono stancata dei lamentosi professionali, un pat pat ogni tanto ci può stare ma non può essere uno schiaffeggio continuo.
Mi sono stancata di leggere pochissime volte la parole grazie in un commento perché magari a stare su un social network, sacrosanto cazzeggio a parte, qualcosa lo si impara.
Mi sono stancata anche di quelli a cui non va mai bene niente di quello che dicono gli altri.
Mi sono stancata di quelli che dicono che si sentono scrittori, a priori, senza mai farsi domande.
Mi sono stancata di quelli e quelle che sembrano avercela solo loro la figa.
Mi sono stancata di quelli arrivati con decorrenza oggi e che pensano di essere blogstar (non esistono, fatevene una ragione) e gli viene il post compulsivo (farsi leccare il culo è bello, eh?)

 E tutto il resto... per fortuna, non è noia.

Ah le coincidenze

Che poi dicono certi che non vogliono dire nulla e invece spesso no, hanno un significato. Perché se non prendevo, giocando a basket, una bella scarpata numero 41 di una avversaria, diritta sul lato interno della caviglia, che secondo me quella pensava di giocare a calcio e invece no,  e poi lì sopra l'ematoma ci andava a pungere un bel tafanone, di quelli incazzosi, che a me vengono subito le reazioni allergiche, chi mai avrebbe pensato che, sotto la pelle, quella vena là aveva deciso di essere bocciata e di beccarsi così una insufficienza? Però non ho capito una  cosa: a me tocca la calza elastica antisesso e l'ennesimo antibiotico e al tafano e alla giocatrice di calcio prestata al basket, un casso? Ah le coincidenze, ah le ingiustizie.

giovedì 14 luglio 2011

Fotù

Provo fastidio in questi giorni. La legge sul testamento biologico è diventata un boumerang contro la libertà sacrosanta di una persona di decidere della propria fine. Non si decide quando nascere, non si potrà scegliere come morire, di fatto. Leggo su un quotidiano online: le volontà espresse dal paziente nella Dat non sono vincolanti per il medico curante, che non è dunque obbligato a seguirle. In caso di controversia tra il medico e il fiduciario, non è previsto l'intervento di un giudice per valutare la questione.
Tu es fotù, insomma.
Puoi dire quali terapie vuoi, non quelle che non vuoi.
Pensi che arrivati ad un certo punto, quando il corpo non si muove più, idratare sia accanirsi? No, sei condannato al sondino, se qualcuno non deciderà di ascoltare le tue volontà, da rinnovare ogni 5 anni, eh, e se qualcuno non proverà a battersi per te ma gli sarà precluso anche il tribunale.
Tu es fotù.

Rileggo quello che avevo scritto nel 2009, sulle mie scelte, riconfermo ogni parola.
Tu es fotù.
Spero che quando sarà il momento, ci sia qualcuno a battersi a fianco a me.


mercoledì 13 luglio 2011

Pirla di saggezza

Sono morta e (ri)sorta, son prociona e fatacarabina, vago e dico cose. L'istintività è una brutta bestia ma esser crocerossine  è peggio. Almeno con l'istintività ci provi a godere di quello che sei, ad esser crocerossine non gode nessuno ed è tempo sprecato.
Il ti salverò è la più grande bugia che puoi raccontare e le bugie hanno le gambe corte, il naso lungo e secondo me gli puzza pure il fiato. Non dispenso perle ma di orecchini di pirla ho pieno il cassetto.


Tutto questo per dirvi che ci sono in giro tante cose da leggere, tipo queste...

ecudiélle
sempreunpoadisagio
placida signora
sba
storpionimi
calamelli
Pepper mind
niki costantini

E' un primo elenco, ne seguiranno altri...

martedì 12 luglio 2011

Non fare ombra

L'amicizia tra donne e uomini, uh!
Dicono che non esiste, io invece penso che esiste.
Ha una alchimia tutta sua, senza tecniche preconfezionate, senza mezzucci e trucchetti. 
Spesso è sorniona, spesso nasce da un fremito, di piacere. 
Spesso nasce da tutt'altro, una forte condivisione mentale. 
A volte passa per il letto, a volte non ci arriva mai.
Ho amici uomini, vado fiera di tutti e con tutti ho rapporti diversissimi. 
Con ognuno l'amicizia ha avuto una genesi differente e secondo me questo è un valore. 

Con uno ho tentato un bacio e al suo no, ci siamo rimessi a parlare. E non abbiamo più smesso.
Con un altro l'accensione è stata un desiderio fortissimo e poi si è lasciato perdere, perché era meglio continuare a ridere assieme piuttosto che avvelenarci di dispiacere.
Con un altro, ancora, siamo stati vicini al matrimonio e siamo ancora qua a baruffare e sopportarci, perché siamo parte della stessa famiglia.
Con un altro è nato tutto dalla sensazione di odore di mare e io con lui parlo poco, lascio che sia lui a dirmi. E io ogni volta imparo qualcosa.
Con un altro ci si vuole così bene che quando ha avuto bisogno di calmarsi, l'ho mandato a casa mia a cucinare. Mai mangiato meglio in vita mia, in quel periodo. E mangiamo assieme benissimo anche oggi. 
Di tutti, ho visto l'ombra e non ho preso paura. E non ho prodotto timore.
Essere amici, e questo vale anche con le donne, mi viene da pensare adesso che scrivo, significa anzitutto vedere l'ombra dell'altro e non distorcerla in qualcosa che ci terrorizza.
Vi ricordate da bambini, quando si camminava con mamma e papà vicino, le loro ombre sembravano enormi sull'asfalto e, se arrivava un estraneo, noi piccoli si aveva paura di quell'ombra allungata, come fosse un mostro. 
Ecco, da grandi, si può diventare amici con qualcuno o qualcuna se quando ne vedi l'ombra sull'asfalto, non temi che sia un essere pericoloso, anche se ha quella forma allungata che pare un vampiro e le dita sembrano artigli neri. Se non hai paura di quel che vedi e neanche temi l'effetto che farà la tua ombra riflessa sul marciapiede, puoi giurarci che l'amicizia prenderà la forma che aggrada.
Altrimenti tocca fare solo una cosa: smettere di fare ombra. 

venerdì 8 luglio 2011

Plus

Questo è un blog, lo tratto come fosse casa mia, pulisco quando serve e metto i fioretti freschi alle finestre, ma non è che è solo mio, nel senso che è anche posto per gli altri,  come voglio che sia casa mia, quella fatta di muri. E allora se avete qualcosa da dire, ditelo, che son qua a leggervi io stavolta.
Ciao

domenica 3 luglio 2011

Ok, sì

Ciao, parliamo?
No
Una passeggiata?
No
Ti racconto tutto di me e te fai lo stesso?
Uhm, no
Ti porto in giro in bicicletta sulla canna e stai in silenzio quanto ti pare?
No, grazie
Ti racconto una favola e dormi sonni lievi?
No, no
Ti offro da bere?
No, direi di no.
Parliamo?
No
Ti bacio a sorpresa?
Ma no!
Un abbraccio?
No, non posso.
Me ne vado?
Ok, sì

sabato 2 luglio 2011

Sì, meglio di no

E' un bene che ci sia gente che va in giro, senza rendersi conto del carico di energia che si porta addosso.
Meglio non dirglielo, a questi, che hanno la calamita dentro il petto, che mette voglia di provare a sentire
dove si va a finire, stando dentro un loro abbraccio.
Meglio che non sappiano che hanno occhi che, se li osservi, ti viene voglia di usare il nervo ottico
come amaca per vedere che effetto che fa vedere il mondo da lì.
Meglio di no.
E' un bene che questi non lo sappiano, perché tutta quella energia potrebbe dare alla testa.
Con tutta questa potenza addosso, uno potrebbe voler diventare il re del mondo.
O si lascerebbe mettere un cartello al collo e il mistero sarebbe svelato.
 
 

mercoledì 29 giugno 2011

Bonificatio

"La vera felicità è la pace con se stessi. E, per averla, non bisogna tradire la propria natura".

Gironzolavo nel web e ho trovato questa frase di Mario Monicelli e secondo me c'ha ragione da vendere. Perché se uno non è felice con il proprio essere, qui e ora, in questo universo, non credo possa mai apprezzare a fondo quello che gli altri fanno o pensano di fare per lui.
Ho conosciuto persone, donne e uomini, che invece hanno sempre quel modo di fare, quella faccia un pochino così, dell'insoddisfatto cronico che è poi una faccia che quando io la vedo, penso, porcapuzzola questo ha problemi di stitichezza. Però ecco c'è sempre un margine di miglioramento. Io, per esempio, da quando ho scoperto la bonifica intestinale mi sento una persona migliore.

martedì 28 giugno 2011

Ho un fratello

Dicono di me che sono una roccia, poi se mi conoscono vedono che sotto c'è la meringa con la panna.
Se non mi conoscono, continuano a pensare che sono una roccia.
Per qualcuno sono stata uno scoglio, comodo, su cui appoggiarsi per prendere il sole o evitare di annegare.
Io mi sono sempre vista invece come una spiaggia, larga, con il vento che gioca con le onde e la sabbia vellutata dove è piacevole giocare e correre ma anche semplicemente stare distesi a sentire. In silenzio.

Non sono una roccia, ma ho imparato che qualche mia paura, in passato, era stupida. Su una invece non sono riuscita a far alcun tipo di intervento curativo. La paura di dire quello che provo e di non essere sentita.
Sono decisamente la sorella grande di Doro. Quando ne ho scritto, non me ne ero mica resa tanto conto.
Adesso lo so. Io e lui abbiamo la stessa paura.
Di vivere in un mondo che non reagisce, che non risponde, che non dice. Un mondo in cui al no e al sì, si preferisce un silenzio che non è di liberazione ma che serve solo a far finta che non ci siamo.


lunedì 27 giugno 2011

Un antidoto?

Non esiste salvaguardia contro il senso naturale dell'attrazione.
Algernon Charles Swinburne

Segnalazioni


Sull'Unità di oggi e in tutte le librerie c'è l'ultima fatica del mio amico Lele Rozza
E' "Le radici della 'ndrangheta" scritto con Mario Andrigo (Casa editrice Nutrimenti).
Ecco Lele è un omone dal cuore decisamente largo, che dentro secondo me ci stanno tante persone. Ha una bellissima famiglia, che mi pregio di aver abbracciato,  e tanti amici simpatici.
E' anche un pochino oco perché è uno che crede che io abbia qualcosa da dire, spesso.
E' una persona spassosa. E soprattutto è uno scrittore che ha creduto fino all'ultima riga in quello che voleva raccontare. Quindi, io questo libro lo voglio e lo vado a comperare.
E in questo caso, copiatemi pure.

domenica 26 giugno 2011

Lombrosiana

Una volta mi han detto che ero lombrosiana perché c'avevo la fissa delle conformazioni craniche degli uomini. Le ammiravo da lontano, se mi andava meglio potevo passarci la mano sopra  di sfuggita o potevo stare ad analizzarle con calma, se mi andava di lusso. Ce l'ho ancora un pochino la fissa delle conformazioni craniche; ce ne sono alcune che mi mandano in visibilio, direi che non ne capisco i motivi scientifici ma se al tatto sento che è come dico io, non una palla esatta tonda tonda e manco una testa di cono allungata, direi una mezza via, elegante, con all'altezza del cervelletto una lieve protuberanza, lieve lieve, dico, che mi fa dire, ecco quello, il cervelletto sta proprio lì, ecco sono contenta. Il fatto è che secondo me quelli che hanno le teste con le conformazioni craniche così non possono affatto essere stronzi.
Se mi capita tocco ancora. Cerco di farlo senza farmi notare oppure approfitto del giochino divertente del "senti che ho i capelli corti corti", e allora ci passo la mano. A volte mi limito ad osservare da lontano e mi tengo per me la curiosità di accarezzare le nuche e sentire se il cervelletto si fa notare o meno. Ecco, direi che c'era un periodo, quando mi hanno detto che ero lombrosiana, che dicevo queste cose facendomene vanto e invece adesso non è più così. A parte il fatto che Lombroso,  si sappia, mica sempre ci ha azzeccato e anche se lui ha inventato la fisiognomica non è affatto vero che uno brutto o strano o deforme è criminale, anzi, spesso quello, il criminale, ha la faccia da pane comune all'olio, per intenderci.
E poi non è che si può andare in giro a passare per maniacali toccatrici di cervelletti. E bisogna dirlo, qualche esemplare che pareva perfetto, poi si è rivelato stronzo, per la regola di cui appena sopra del pane comune. E per la regola, secondo cui, quello che penso io mica sempre è vero.
Però a me quella fissa è rimasta, come molte altre. Quella dell'ombelico per esempio, che però non vi dico perché non siamo amici così tanto da dirla così, che ci sono cose personali, forse misteri, che a qualcuno va bene di dire e ad altri no. E' il passaggio dalla conoscenza all'amicizia all'intimità. Lo sapete meglio di me...
Poi in realtà di fisse ne ho così tante, come quelle del dire grazie ad ogni bacio e scusa quando mi sento di troppo e a volte mi scappa proprio di dirlo, che io odio se arreco disturbo, e insomma potrei andare avanti ore. Ma avevo bisogno di scrivere cose leggere e forse senza senso,  come il fatto che ho la passione di alcune conformazioni craniche e che per quello volevo studiare anche da criminologa, ( non cercateci un nesso diretto, no), era proprio che c'avevo la necessità di togliere zavorra e allora siamo arrivati qui. Punto

venerdì 24 giugno 2011

Forte Marghera

(foto presa dal sito http://www.fortemarghera.org/)


Per chi non conosce Mestre e pensa solo che sia il posto più brutto messo accanto al posto più bello (Venezia) ecco consiglio, dopo esser sceso dal treno alla desolante stazione ferroviaria o dopo aver parcheggiato l'auto dopo l'esperienza del passante, di fare un giretto oltre che al parco di San Giuliano anche al forte Marghera, uno dei tanti forti militari ottocenteschi che circondano la città di terraferma.
Così si accorge che dal brutto qualcosa di bello sta saltando fuori.
Spazi che il Comune ha acquisito dal Demanio militare e che sono stati in questi anni preservati dal lavoro di tantissimi volontari e appassionati. Forte Marghera è probabilmente il più bello, con la sua forma a stella. Ed è bello perché è un posto vivo. Alla faccia di quelli che pensano è solo passato, mezzo morto, con i capannoni malandati e tanti lavori di restauro da fare, che costano milioni e milioni di euro e allora tanto vale affidarlo ai privati che loro sapranno valorizzarlo in tempi di bilanci comunali all'osso.
Per carità io non ho nulla assolutamente contro l'imprenditoria e la sua capacità innovativa. Però ho passeggiato nei viali del forte e mi sono convinta che questo non è uno spazio a sé rispetto alla città in cui io sono nata e vivo. E' un pezzo di città, nella città, e lo si capisce quando, per scommessa, si è deciso di tenere aperti i cancelli fino a notte. E visto che è un pezzo di città, una specie di quartiere in più che possiamo annettere, ecco, io vorrei che fosse la politica e non l'imprenditoria a decidere e guidare questa definitiva annessione. Sarebbe un bel modo anche di festeggiare i 150 anni dall'Unità d'Italia, non trovate? Da forte Marghera partirono i ribelli contro l'invasore austriaco, da qui può decollare quella ribellione al brutto che i mestrini hanno imparato a conoscere fin troppo bene. E non parlo solo di Urbanistica ma soprattutto di ambiente.
E allora, cara mia politica cittadina, se serve trova tutti gli sponsor  che vuoi ma non cedere al miraggio di una cessione di questi spazi, anche se è costosissimo dire di no e pare più veloce la finanza di progetto. 
Me ne sono convinta, dicevo, passeggiando dentro il forte, ieri sera, con il caldo e le zanzare.  
  Vivi sono gli alberi, che a passeggiarci in mezzo di sera fanno quasi impressione.
 Vivi sono i prati dove passeggiare a piedi nudi e se lo fai di sera ti viene da sussurrare, per rispetto verso le cicale che si chiamano, gli uccelli che cantano e i gatti che vanno in missione.
Vivissimi sono i ragazzi che qui arrivano per passare qualche ora con gli amici, mangiare, ridere, suonare e anche proporre attività culturali e artistiche.
Viva è pure la gente che viene la sera a mangiare ad un prezzo più che equo o magari  passa a bere lo spritz perché si sa che se vai al forte qualcuno che conosci lo trovi di sicuro. Proprio come in piazza. 

  
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