Fatacarabina

Fatacarabina

giovedì 31 marzo 2011

Sì, so mi

E' finita nel modo più inatteso: tutte a far la doccia, correndo da uno spogliatoio all'altro, mescolando le due squadre,  per contarsea, raccontarsi. Erano anni che ci non ci si vedeva con alcune. Per la cronaca abbiamo perso.
77 a 45, ma era la prima partita e alcune di noi neanche mai avevano messo piede su un campo prima e giocare la prima partita a 43, 45 anni, e soprattutto averci il fiato, beh insomma, dai, è una soddisfazione comunque. E le avversarie avevano alcune dieci anni di meno e alcune giocano ancora, in divisioni minori. Non per cercar scuse, comunque, che altre avevano la nostra età e si era giocato assieme e contro vent'anni fa. Tipo, una vita fa. E i nomi magari non venivano ma le facce erano tutte riconoscibili, in pantaloncini e  maglietta. Ah noi comunque abbiamo fatto anche una porca figura, con la divisa nuova, gialla e blu e pure i numeretti sulla schiena.
E' finita con una grande foto di gruppo e bambini, i figli di..., che scattavano le foto ricordo.
E' finita con tanto sudore e sorrisi, qualche pacca ben assestata e volti stupiti.
"Ma ti, sitto ti? " urlato sotto canestro in attesa di prendere un rimbalzo. " Sì, so mi". *
E ad ogni pausa,  giù abbracci.
E' il basket, signori.

* (per i non dotati di dizionario veneziano la traduzione è semplice: "Ma te, sei te?", "Sì sono io").

domenica 27 marzo 2011

Outfit


A riguardare questa foto l'ho capito. L'errore più grande con gli uomini è il mostrarmi senza trucco. Che poi guardano me e Arturo e non ci vedono alcuna differenza.
:) Siamo precisi :) 

sabato 26 marzo 2011

Ultimo Amore

Di api e pietre



In questi giorni ho scritto di cicatrici e assicuro che è vera verità e ci metto pure la testimonianza visiva che chi è bravo la vede, sul palmo, sopra l'attaccatura del polso.

E ho scritto anche di cuori di pietra e pozioni contro l'amore perso. A  me l'eliminatore non sta per niente simpatico ma così doveva andare. Mi piace molto, invece, la signora Ersilia.
Mi ricorda quell'ape, se ci penso.

martedì 22 marzo 2011

La mia rete

Io in internet ci sguazzo da poco più di due anni e il mezzo mi permette anche di lavorare e di sapere cose. E in questi giorni che non è facile sorridere pensando al Giappone e alla Libia, che sono proprio fuori da questa finestra davanti alla quale io sto scrivendo, ecco la rete, la mia, che è fatta di persone anzitutto, che spesso poi per strada saluto con un ciao o una stretta di mano, ecco la mia rete mi dice che non è proprio così tutto da buttare, là fuori.
Per tutta la settimana ci sono gli appuntamenti contro il razzismo, un po' qui, un po' lì.
Mercoledì c'è un nuovo reading, il mio racconto non ci sta nella scaletta, va bene lo stesso.
Ci sono soprattutto le due ex dipendenti della libreria Mondadori di Venezia, chiusa nel malumore generale, che sabato a Mestre, di là dal ponte, aprono una loro libreria, di viaggi, e l'hanno chiamata Ulisse. Non so come sarà, se ci entrerò spesso o no, non ho buoni sconto pronti da spendere perché io lo dico ovunque che apre una nuova libreria ed è sempre una occasione di festa. E poi con la primavera i forti ottocenteschi attorno al centro della mia città tornano ad aprire, tutti gestiti da volontari. Gli amici di forte Carpenedo partono con una festa, a forte Marghera riapre con una nuova versione l'osteria dove passare belle serate. E chissenefrega dei musatti.
E poi c'è chi mi dice che ci sono tante cose di cui discutere, dai referendum al nuovo piano di assetto urbanistico alla necessità di un registro comunale dei testamenti biologici.
Ecco, io una rete così proprio la sento come parte della mia vita.

domenica 20 marzo 2011

Non so bene quale sia il nesso, in generale

All'incirca nel periodo in cui cominciai a pensare, da adolescente brufolosa dalla forma della barbabella , che io nella mia vita volevo fare solo una cosa, ovvero la corista dei Pink Floyd, e star lì con loro a spaccarmi l'ugola in giro per il mondo, ecco all'incirca in quel periodo, diciamo alla fine della terza media, quando si doveva scegliere a che scuola superiore andare, e io cinque anni dopo avrei festeggiato la conquistata maturità sulla carta ascoltandoli i Pink Floyd fronte Riva degli Schiavoni, nel più disastroso concerto della storia italiana, forse, moderna diciamo, ecco io all'incirca in quel periodo mi cominciavo allegramente a dar da fare a frequentare adolescenti brufolosi, con la banana in testa. Già allora ero affascinata dagli uomini, chiamarli così era troppo, diciamo i ragazzini. Ci stavo bene con loro, ci giocavo volentieri, facevano un sacco di scherzi e battute e non si tiravano indietro se si trattava di correre in bicicletta. Insomma, mi piacevano. All'incirca in quel periodo, quello della decisione più seria presa in vita mia, prima di prenderle le decisioni serie, io un pomeriggio sono andata a mangiare un gelato con il fratello maggiore di un mio compagno delle medie, che mi invitava sempre.
E io mangiavo il cono sulla panchina, e lui mangiava il cono e poi ha smesso con il cono e ha cominciato con il mio orecchio destro. A me lui  non piaceva tanto. Mi stava simpatico, ma aveva tutti dei modi suoi però mi piaceva che mangiava il mio orecchio. E' andata avanti fino al ritorno a scuola. Non mi ha mai chiesto di essere la sua fidanzata, ma mi prendeva, ovunque fossi, mi faceva anche gli agguati a sorpresa e si metteva a leccare il mio orecchio destro, finché non si tranquillizzava e si andava a giocare con gli altri e a correre in bicicletta.
Quando l'ho rivisto un paio d'anni fa, per caso, lui con la moglie, io con un amico, mi ha abbracciato e ha voluto vedere come stava l'orecchio. Gli ho dato il numero di telefono di una tipa che mi stava antipatica.
Ecco, non so bene, collegare il tutto, ma secondo me un nesso c'è , in questa storia.

Incontri quater

Poi ieri sera ho visto una cinquantenne, mia conoscente, con il suo nuovo fidanzato, sessantenne. Belli, decisamente. Sorridenti in mezzo a un sacco di gente che parlava e ascoltava musica e beveva, si divertivano con gli altri ma con il mignolo della mano si cercavano in continuazione. Lui metteva il mignolo nella tasca della maglia di lei o sullo scollo del maglione. Lei infilava il mignolo nel passante dei pantaloni di lui, tutto così. Facevano quel gesto, involontario, secondo me come se fosse la cosa più banale di questo mondo. E quando il mignolo partiva in spedizione, si lanciavano occhiate soddisfatte. "Ecco, ci sei", si dicevano. Ecco, secondo me l'amore è anche quello: guardarsi e dirsela quella frasetta lì, magari solo in testa.

Incontri - tris

Ieri a pranzo, al baretto, vicino al lavoro c'è una signora seduta vicino a me che mangiava e si lamentava in continuazione. "Questo non mi piace" e " non ho spazio per mettere il piatto e mangiar tranquilla" e "che schifo sta cosa" e "la mia birra diventa calda ma non berla tu". E l'amico che era con lei mi guardava, con una faccia che era un misto tra uno scusami e un toglimi sta cosa di dosso, e io avevo un sorriso e uno sguardo di risposta, tra lo stupito e il compassionevole. Lui avrà pensato di starmi simpatico, io invece pensavo che se a 50 anni devo diventare un caglio di donna andato a male, è meglio l'eutanasia. Sempre.

venerdì 18 marzo 2011

Ah, gli amici :)

 - Non dirò mai più che amo
- Fai come me
- Te che fai?
- Tiro testate ripetute contro pareti decisamente dure, consiglio il marmo
- E poi?
- Se sopravvivo al trauma cranico, finisce che lo dico. Comunque.
- Ah

mercoledì 16 marzo 2011

Tutto - discorso sui semicerchi e i desideri

Ci sono momenti in cui ci si accorge perfettamente che tutto quello che si vuole, per stare bene, ce l'hai davanti. Basta un passo per prenderselo? Teoricamente sì, in pratica non sempre basta.
A volte tutto quello che vuoi ce l'hai davanti e invece ti tocca restare fermo.
Ecco quella sensazione del dover star fermo, finisce che mi agita.
Perché , certo, siamo adulti, adesso, non si può fare mica come i bambini che se ne fregano, spingono avanti la mano e toccano quel che vogliono e magari dopo se la cavano con un scusa. Loro hanno la patente della spontaneità in quanto bambini. Noi invece siamo adulti e allora bisogna imparare che la spontaneità va bene spessissimo ma non sempre perché le vite degli altri non sono spazi in cui allunghi la mano, tocchi, prendi e poi dici scusa eh che ho toccato.
Abbiamo ognuno il semicerchio che si è creato attorno e ognuno  in quello spazio ci fa entrare chi vuole e chi non vuole, no, raus, vai, andale.
E a volte i semicerchi sono perfetti per stare fermi. Immobili, senza scrolloni strani che ti cambiano all'improvviso la posizione. E io mi agito di fronte a questi semicerchi.
Ho lo spirito bambinesco che mi dice buttati e invece poi intuisco che di bambinesco forse oggi ho solo il nome. Che ho da tener in ordine il mio, di semicerchio, portandomelo dietro con il suo carico di vento, e finisce che vorrei mettere il piede oltre quello altrui e invece lì si resta immobili, anche se c'è lo stesso identico vento.
Perché così è stato deciso. E io mi agito, che non son fatta per far finta  di non vedere  che tutto quello che ho davanti è  quello che mi basta, oggi e domani, e per chissà quanto tempo.

martedì 15 marzo 2011

Cento, cento

Che sono cento ma siccome ci sono pure io finita dentro nella lista degli amici lettori di questo blog ( e non so più come togliermi è questo il fatto) , in realtà sono 99 ma è bello pensare al 100 che è tondo e fa una vita, no?
E allora li saluto tutti, uno ad uno, una ad una, specie quelli che non commentano mai e forse anche non leggono mai, che si sa che i blog non li legge più nessuno...
No volevo dirvi che anche se non legge più nessuno, io continuo imperterrita a scrivere. Son cocciuta che ci volete fare. E allora nel blog delle storie ci ho messo  la Cesira e giorni fa invece ci ho messo non cento ma ottanta lettere.

Ciao e grazie

venerdì 11 marzo 2011

Bei modi per cominciare la giornata

Prima mentre venivo in ufficio con la sportina dei libri consigliati dal libraio di fiducia, un conoscente mi ha salutato così.
"Quando ti vedo io sono felice perché mi ricordo di quando ero giovane".
"Eh, semmai eravamo".
"No, io ero giovane. Tu, bambina".

martedì 8 marzo 2011

Bisogna saper a chi dire grazie

Ecco, ci pensavo oggi che bisognerebbe in questo assurdo paese, non dimenticare, tra le tante cose, qualche grazie. Soprattutto a chi ci ha consentito di aver dei bei ricordi da portarsi dietro. Io pensavo oggi, che è martedì grasso, e da me finisce il Carnevale delle migliaia di persone in pellegrinaggio per vedere le maschere a San Marco, che devo dire grazie a questo signore qui se io ho un ricordo nitidissimo dei carnevali tra il 1983 e il 1985 quando andavo al liceo e il martedì grasso si faceva la festa a scuola e poi, tutti in maschera, inventandoci il più delle volte un costume, si andava a ballare in piazza San Marco e nascevano di quei girotondi immensi, sotto il campanile, che io di girotondi così, allegri e divertiti, non ne ho visti più. E forse è per quello, che, da allora, per me il Carnevale è solo quell'immagine. Tutto il resto è vetrina.

lunedì 7 marzo 2011

sabato 5 marzo 2011

C'ho la bora in testa

C'ho la bora nella testa, da giorni. Vabbè che ho l'influenza, ma la bora ce l'ho dentro e sta sibilando a più di cento chilometri orari dalla pancia al cervello, come se dentro non avessi organi e vene e arterie, ma un tunnel del vento. E io? Devo riuscire a starci in piedi dentro in perfetto equilibrio, con un ombrellino in mano, e un foglio di carta nell'altra, attenta a non volar via.

martedì 1 marzo 2011

Vuoi un biscotto?

Diritto di recesso

Nelle faccende d'amore esistono più diritti. Quello alla felicità, quello alla condivisione,  quello al mantenimento della propria identità, quello al progettare. Ma esiste anche un altro diritto, quello di cambiare idea. Di pensare che quel che fino a ieri ci faceva così bene, all'improvviso non ci fa più lo stesso effetto. E poco importa se si pensa così, ora, per paura, comodità o per presa di coscienza. Si esercita un diritto, quello al recesso. Che è una parola che si usa anche per definire luoghi bui e appartati. Come se cambiare idea fosse alla fine qualcosa di cui vergognarsi?
A me  invece il recedere mi ricorda un granchio che va a camminare, a modo suo, verso il mare.
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