Fatacarabina

Fatacarabina

lunedì 30 novembre 2009

Ah dimenticavo

Ci ho io, ci ho, un amico nuovo che mi ha insegnato che aziendalista non è una brutta parola e che mangia la pizza più velocemente di chiunque abbia mai visto mangiar alla Conchiglia.
Ps: lo leggete nel blogroll
:)

Un regalo



Una super-eroina che passa attraverso i muri e le persone, lasciando tutto come è (vedi Invisible sun)
interpretata da il Domi che sbaciucchio.
:)

domenica 29 novembre 2009

Bondiola

Comunque sarà che ieri ho girato con questo albero in macchina, una donazione che arriva ogni due mesi in ufficio da un anonimo, e che stavolta è toccata a me. Sarà che ieri sera dagli amici si è cenato con la bondiola e la mostarda, quella forte, che ti va su per il naso, sarà che ho dormito poco alla fine, ma stanotte ho sognato che vivevo su un albero e che ero piena di cellulite.
Al risveglio, come nei migliori incubi, è rimasta solo la cellulite.

Del giocare

A me giocare piace.
E' un dato di fatto. Non ci posso fare niente, mi scappa di giocare anche se sono stanca e l'occhio è pendulo dal sonno. E' più forte di me. Anche da bambina non volevo mai dormire per non smettere di giocare. E quando dormivo, spesso sognavo che stavo giocando. Ci ho anche scritto un raccontino,tempo fa. Ieri sera ho ancora una volta provato il piacere di giocare. Prima con tre belle bambine, che stan crescendo serene e felici e con le loro piccole età diverse, sono uno spasso. La sorellina, la sorella, la sorellona. E poi io, la zia babbea.

Poi me ne sono tornata a casa, ho acceso il Mac, ho scritto dell'albero di fico in macchina ( quello che ci ha lasciato un signore in ufficio, per l'ennesima volta, e che stavolta è toccato a me portare a casa in omaggio) ed è uscito
questo.
Non vi costringo a leggerlo tutto, non ce la fareste. Un buon psicanalista ci troverebbe spunti interessanti.
Non mi interessa...Ma è la prova provata, che giocare si può, anche da grandi. E il risultato è solo uno: una gioia che rilassa.

sabato 28 novembre 2009

Vieni qui

Vieni qui, davanti allo specchio. Guardati.
Ma li hai visti gli occhi belli che hai?
Li vedi, come li vedo io, questi occhi verdi che ridono?
Ti accorgi della tua pelle che cambia, che si rilassa, che ti fa tornare ai tuoi vent'anni, quando avevi solo fiato nei polmoni e le ossa ti vibravano per la troppa vita che volevi vivere?
Ti rendi conto che non sei uguale a ieri?
Vieni qui, vicino a me. Stacci cinque minuti.
Io li vedo gli occhi belli che hai.
Occhi verdi che ridono, non di me, ma con me.
Una pelle che si rilassa, che scaccia i fastidi e i dolori, che mi fa venir voglia di esserci stata, io, quando tu avevi vent'anni e così tanto fiato nei polmoni e ossa vibranti, di voglia di vivere, di fare, di sperimentare.
Io li vedo gli occhi belli che hai.
E resto ad ammirare la trasformazione. E ne resto folgorata, come una cieca che torna a vedere, dopo anni di buio.
E penso che anche lontano chilometri e decenni, il bene non si sporca, se non c'è malafede e quel basso gioco all'utilizzo della felicità altrui per dar una parvenza di dignità alla propria.

Io li vedo gli occhi belli che hai e sono un antidoto al buio che avanza.

Invisible sun

Sarà che io con tutto questo grigio attorno, grigio meteorologico e umido dentro le ossa, non ci sto bene. Che io da quando me ne sono andata sei anni fa, la prima volta, in Sudamerica, c'ho sempre il sole dentro.
Ma io vivo nel grigio per mesi e a me viene in mente quelli che se ne stanno ancora più a Nord, in mezzo ai ghiacci che han giorni che sono sempre notte e sarebbe carino ma se non hai un pub e una canzone da cantare, cacchio fai?
Non c'entra niente, lo so, ma io sono in questi giorni piena di segnali di invisibilità.
Del sole anzitutto, che qua a Nordest manca da giorni e giorni.
Di abbracci e baci, che questo mica è periodo propizio.
Si finisce col sentirsi invisible woman, specie se ti pigli un educato e gentile due di picche. Ci si annusa, uno dei due scopre che non hai un buon sapore. E te lo dice, che altro può fare. Lo farei anche io se mi trovassi nella stessa identica situazione. Solo che se ci metti slancio, un dolorino addosso ti rimane. Muto.
E allora prima ridevo, pensando a questa donna invisibile con gli acciacchi, che non è proprio una immagine da super-eroina da fumetti. Una super-eroina che passa attraverso i muri e le persone, lasciando tutto come è , senza causar casini e provocar ricordi, e visto che c'è mette pure tutte le cose a posto ( è questo il compito dei super-eroi, no?) ma poi gli tocca fermarsi a riprender fiato, perché c'ha quel doloretto muto dentro che la sfianca un attimino. Chi lo leggerebbe un fumetto così? Nessuno, mi sa. Perché nei super-eroi cerchi una speranza, ma mi sa che di questi tempi anche quella ci han fregato.
E comunque se c'è è grigia. E non è solo una questione meteorologica. No.

venerdì 27 novembre 2009

Evabbè

Oggi è stata la giornata delle prese d'atto.
Di non essere sufficientemente pronta per quello che desidero, di non essere sufficientemente adeguata a stimolare chissà che.
Del resto sono un essere pieno di difetti e limiti. Mi è impossibile nasconderli sotto pelle, quelli escono.
Io non so mica cosa mi ha fatto pensare di essere pronta e di esser adeguata, io.
E' un atto di enorme immodestia, il mio.

giovedì 26 novembre 2009

Seppellitemi in piedi



Se vi capita leggetevelo questo libro ( una descrizione qui) e magari fatevi una idea vera, vostra, su quelli che chiamano zingari, andando a vedere di persona. Perché ve lo dico? Io la notte scorsa in pratica non ho dormito, sono andata a vedere il trasloco dei sinti dal vecchio al nuovo campo della mia città. Quello per cui da mesi ci sono polemiche ogni volta che si riunisce il consiglio comunale, con il carroccio che attacca la giunta e la accusa di regalare la casa ai pochi di buono. Io per carità so bene che ci sono 2 mila e passa persone che attendono una casa dal Comune, è un problema serio per una nazione che svende il suo patrimonio abitativo. So che molti non se la passano bene, ma so anche che in questi anni nelle case popolari c'era chi aveva il macchinone e pagava però affitti da due soldi.
Non è questo il punto.
Il punto è che per questo scontro, una settantina di bambini in piena notte pensavano di dormire in un posto e di notte sono stati trasferiti in fretta e furia nel nuovo campo, ancora non del tutto attrezzato, solo per evitare scontri. Capite? Scontri. E si parla di persone nate in Italia, residenti nella mia città, cittadini italiani a tutti gli effetti.
E di notte, un uomo, uno del campo, mi ha detto: "Adesso vogliamo solo che ci lascino in pace, ci hanno offeso dicendo che dovevamo tornarcene a casa nostra. Ma se casa nostra è l'Italia".

mercoledì 25 novembre 2009

Inquietudine

Io lo so bene cosa mi rende inquieta, cosa mi porta a sentirmi lupa che avanza e ritorna, dentro una gabbia.
Ho sentito l'odore, l'ho sentito benissimo e l'ho lasciato penetrarmi dentro e adesso mi devo abituare all'astinenza.
E invece reagisco, mi innervosisco, scruto l'aria. Irrequieta.

Io e il mietitore

Allora, volevo dirti che vita o morte, io devo scrivere il tempo che basta, per dirti, che vita o morte, o morte o vita, qua non è mica più tutta campagna, ma c’è il sole e a volte dalla finestra la vedo, la campagna, e mi penso che la morte è una cosa lontana, che non mi appartiene, che mi rifugge , che non mi è amica e che non sarà mai mia vicina di casa. Penso questo, guardando dalla finestra, mentre gioco a questo giochetto infernale, per cui o scrivo o sono un kamikaze che si fa fuori con la katana. Almeno fosse di Hanzo sarei contenta, di acciaio lustrissimo e affilato, sarebbe cosa nobile, assai. E invece mica so come sarà questa katana del cavolo, quando arriverà. Chi? Il tristo mietitore senza falce ma con la Katana, e magari indosserà anche un meraviglioso kimono di cotone, e io invece di perder tempo a convincerlo a lasciarmi stare, sprecherò minuti preziosi a chiedergli dove l’ha comperato questo fantastico kimono di cotone. Che io per i kimono cotonati perdo la testa come anche per le infradito brasiliane e giro per casa pensando di far la geisha e poi apro la finestra e saluto fuori , guardando verso quel posto dove c’era tutta campagna e salutando il vicino di casa, mi sentirò una gran figa. E quando capiterà sarò lì in terrazzino, la cicca in bocca, e il kimono addosso e suonerà il campanello e io penso che è il postino. Ma lui suona due volte e se è lei, urla arrivando in motorino che è la postinaaaaaaaaaaa e invece stavolta è solo uno scampanellio, unico, solitario, e io andrò ad aprire la porta e ci sarà lui, tristo, mietitore con katana, ma con addosso il kimono. Lui guarderà me, io guarderò lui, i nostri kimono si riconosceranno e si saluteranno con un lieve fremito delle maniche. Lo farò entrare, gli dirò di sedersi. Lui appoggerà la katana al muro e io andrò a fare il caffè. Che non si muore, senza bere un caffè, specie se in compagnia, e se il caffè è buono ed è quello del Doge che arriva dai monti del Nicaragua, cazzo, fermati, mietitore e bevi un caffè con me. Per morire, c’è tempo… E lui si siede e io andrò a metter su la moka sul fuoco e ci berremo poi un caffè assieme. E lui guarderà il mio kimono e io guarderò il suo, tutto nero, mentre il mio è nero e bianco. E lui mi dirà: bello. E io gli dirò: bello, sì, anche il tuo. E lui mi dirà: vuoi morire adesso? E io gli dirò, aspetta, che ho voglia di parlare. E lui mi dirà di cosa? E io: del tuo kimono che è bellissimo e mi piace. E lui, il mietitore diventerà tutto rosso da bianco morto che è , e mi dirà. perché ti piace ? Perché fa sesso, gli risponderò. E lui diventerà rosso e toccherà la katana e io gli spiegherò che così non va bene. Che rosso e nero, oramai non è più di moda.”

Col giochino infernale

http://writeordie.drwicked.com/

martedì 24 novembre 2009

Parole parole parole

Alla fine cosa faccio io qua? Lancio parole, inseguo sogni, gioco.
Non ho fatto altro, nella mia vita.
Non so fare altro.

Io sono un albero

Mi guardo allo specchio e mi vedo come sono. Solida, non leggera. Io ho i piedi ben piantati per terra, le mie gambe sembrano i tronchi di un albero, massiccio, un ulivo mi piacerebbe pensarle. Sono solida, massiccia, io occupo spazio, non sto in un angolino e se mi vieni addosso, difficile è che mi sposto. Sono salda, grande.
Ecco perché tanti mi dicono che sono perfetta per gli abbracci, quelli che do, perché avvolgo il più delle volte. E quando abbraccio esseri minuti, mi viene quasi paura che a stringerli troppo gli faccio male, loro che sono così fragili che mi paiono non tronchi ben piantati ma rami leggeri che si spezzano con facilità. Ma loro mi dicono che stanno bene, che appoggiati a me si sentono come su un cuscino, di foglie.
Io che sono così solida, poi, mi sento tutto meno che quello.
Perché ho la testa che pare la cima di un albero, fatta di rami sottili, aggrovigliati e con un sacco di foglie. La mia testa è così leggera che fa rumore da quante foglie ci sono sopra. Sarà per quello che io in mezzo al vento sto così bene, non mi sposto manco lì, ma lascio che il vento mi passi attraverso i capelli e faccia tutto il casino che vuole, tanto già ci trova tutto il casino che vuole. A me il vento mi abbraccia e io allora mi sento eterea.

lunedì 23 novembre 2009

Dati di fatto

Faccio colpo sui vecchi.
La mia presenza fisica (ehm) provoca impulsi passionali solo negli over 60.
Ho un futuro da badante assicurato.

domenica 22 novembre 2009

Chinotto

Nella mia serata travestita da figa, con lo stivalone grigio sopra al ginocchio e la gonna stretta, tra salamino di maiale nero con pistacchi, polpettine di baccalà, pasta e fagioli e trippa, proprio mentre tentavo di pulirmi la bocca sporca di sugo, il mio chef di riferimento ha buttato fuori la testa dalla cucina, mi ha fissato a lungo e mi ha urlato: "Mò, basta dimagrire eh".

Gente a cui voglio bene




beh sì, sono bellissimi!

(foto rubata a Mastrangelina su friendfeed)

sabato 21 novembre 2009

Puntina

Mi è risuccesso. L'avevo parcheggiata lì, ne sono sicura. Al cento per cento. O quasi, che oggi con la testa sono altrove, dentro la cuccia, e mi infastidisce che invece sono fuori e lavoro. Ma giuro, l'avevo parcheggiata lì. Poi sono ritornata che mi serviva, e non c'era. Ero di fretta. Avevo un lavoro da fare, sono andata a far il lavoro e tornando verso il parcheggio dove ero sicura che c'era, sono passata davanti alla mia macchina. Il puntino grigio digos non era dove pensavo ma in un'altra strada e per fortuna che ci sono passata davanti altrimenti mica vedevo che si era spostata.
Con quella macchina mica è la prima volta che mi capita. Una sera sono salita in un puntino grigio digos, dopo aver aperto con la chiave, e prima di metter in moto mi sono accorta che gli interni erano neri. Ma la mia ha invece gli interni bianchi. Allora sono scesa, ho chiuso a chiave e mi sono accorta che la mia puntina era quella dietro. E sono certissima che mi ha guardato ghignando. Certissima.

Vivere l'abbandono

Se c'è una cosa che ho imparato in questi ultimi due anni è quella di non reagire più alla malinconia, agitandomi e preoccupandomi e tirandomi addosso gli strali del mondo per il mio carattere all'improvviso aggressivo.
Ho imparato che quando arriva la malinconia, e quella sensazione netta dell'abbandono, dell'esser all'improvviso da soli, non c'è niente di meglio da fare che vederla e non scacciarla, anzi ho bisogno di coccolarla la malinconia, tenerla con me senza pormi troppe domande. Vivere l'abbandono, senza ingigantirlo, ma viverlo con la perfetta coscienza che si è, spesso, degli orfani.

Gategate

Passi che i miei amici si divertano a farmi saltar per aria con qualsiasi oggetto tra le mani, con il giochetto a sorpresa del gategate, ma che seri professionisti ogni volta che mi incontrano in qualsiasi occasione affollata, si divertano a farmi il buffetto alla guancia destra, quel gesto che si fa ovviamente con i bambini ciccetti che han le guance sporgenti, e poi mi mandino pure sms di scuse, spiegando che non riescono a resistere...

venerdì 20 novembre 2009

Amique



Belle :)

Altro che cerini

Qua l'anzyanità avanza e con essa, alcune prese d'atto, di quelle che ti garantiscono un invecchiamento senza disagi, se prima non arriva l'Alzheimer a sistemarmi per benino. Prendo atto che mangio meno, che i miei nipoti oramai sono più alti di me, che mi si sono rimpiccioliti i piedi, e che ogni tanto ho le mani lievemente rugose ( la faccia tiene, ma non so per quanto). E i capelli si fanno più incasinati che sembro la Minerva. Quella dei cerini.
No,mi sto accorgendo che non sono manco più capace di corteggiare, come reazione ottengo sbadigli e "Scusa cosa hai detto?". Io che ho messo in imbarazzo un uomo in una pizzeria fissandolo per due ore dal tavolo vicino, finchè lui non è arrivato alla fine al mio di tavolo, dicendomi: ok quando usciamo?
E' evidente, sto invecchiando. E il prossimo che mi dice che quando si fa una certa, di età, tutto è più bello e sereno e spensierato e vivi le cose con una maturità differente...sì, il prossimo lo incenerisco. Altro che cerini.

giovedì 19 novembre 2009

Mi è venuto un flash

Mi è venuto un flash, all'improvviso. Io ero fuori dall'ufficio a fumare e guardavo la gente che passava. E passa all'improvviso questo tizio che mi oltrepassa come se fossi trasparente. Poi si blocca, si gira, mi chiama. E ride. E io lo guardo e mi dico: "Cazzo hai da ridere?". E lui, come se sentisse, mi dice se mi ricordo di lui, che a quindici anni siamo stati assieme tre giorni, tre.
E io francamente lo giuro, lo guardavo e non mi ricordavo per niente. Che poi tre giorni, tre, cosa sono. A quindici anni sono una vita, a ..enta e passa sono uno sbadiglio.
E allora lui mi ha detto il nome, e io non mi ricordavo per niente. E comunque siamo stati 5 minuti a parlare, e lui rideva, mi diceva che mi trovava bene e che qualche volta si era chiesto in tutti questi anni e ne sono passati un bel po', lo assicuro, che fine avevo fatto. Perché non mi aveva mai mai mai più vista. E io lo ascoltavo e sorridevo e comunque non mi ricordavo chi cavolo fosse, mi ricordavo la strada, la palestra, il parquet dove mi allenavo tre volte la settimana, ma quella faccia e quel nome no, beh insomma vi dicevo, mentre lo ascoltavo e sorridevo, ad un certo punto mi è venuto il flash. Ma perché mi hai mollata? Perché mi hai mollato tu, vero? Cioè il motivo scatenante, quale fu? L'ho chiesto ridendo, buttando in svacco perché sono curiosa e visto che non mi ricordavo francamente manco chi aveva lasciato chi, a quel punto volevo sapere. E lui mi ha risposto, con una smorfia della faccia: "Perché non ti ricordavi mai il mio nome".

Travolta da una insolita pupilla

Lo so che è solo un sogno, che ho sognato quest'uomo così normale da esser bellissimo, ma io sono settimane che son travolta. Primo perché era un sogno così nitido da sembrar vero, secondo perché sognando, c'è stato un momento preciso, che è quel momento, che tutto rovescia, che io gli ho guardato l'occhio a quell'uomo del sogno, e ho visto perfettamente, distintamente, il verde dell'occhio sobbalzar per la felicità e io non ero più in quel sogno ma in mezzo al mare, e io lo so che è tutto una produzione del mio cervello, ma era così bello che all'uomo del sogno gli è pure cambiata la faccia e non sembrava più adulto ma ragazzino. Cioè io in quel preciso istante l'ho visto oltre, l'uomo del sogno, e lui se ne è accorto, mi sa e da allora io vivo come se fossi costantemente sballottata avanti e indietro da un'onda, potente e grande. Vivo travolta. Mi ha fregato.

martedì 17 novembre 2009

Onestà

Io non sono bella, sono più un tipo, ecco.
Si dice così quando una non è una strafiga che fa girare tutti gli uomini che incrocia.
Sei un tipo, cioè, e ci ho messo anni a capirlo, hai una bellezza tutta tua.
Cioè ce l'hai solo tu. Mica è colpa tua se lo stampo con cui ti hanno prodotto, poi l'han buttato. Insomma, sei un tipo? Sei una sorta di prototipo, avete presente, un esperimento, più o meno ben riuscito, dipende.
E se non trovi tuoi simili in giro, poco male. Sei unica.
Il mio tipo dovrebbe star bene in un bosco, non in città. Modello procione, tanto arruffato e poco sexy a meno che uno non trovi sexy qualcosa di selvaggio.
Alla fine son solo gusti.

venerdì 13 novembre 2009

Calze

Stamattina al risveglio, prima ancora del caffè, mi sono messa a lavar le calze. Come se avessi solo quelle tre paia da usare. Poi ho aperto il cassetto e sono saltati fuori decine di pacchettini di calze. Quasi tutte nere, molte con la fascia siliconata autoreggente. Due sono di seta, quelle di una volta, dovrei mettermi il reggicalze per portarle...Ma quante cavolo di calze ho? E' una cosa a cui non pensi, finché non apri il cassetto e ti trovi davanti al fatto compiuto. Sei una calza-dipendente.
Le ultime che ho comperato sono viola. In microfibra, pesantine, da portare con gli stivali e la gonna. Ma io la gonna la metto poco, solo quando ho voglia di essere sexy, perché non so ma io in gonna sembro diversissima.
Un procione gonnato, che gioca a far la sexy, mi diverte assai. E questo gioco me lo concedo quando voglio io, per il resto sono una ragazza che vira dal jeans al pantalone nero. Dal pantalone nero al jeans. E allora di tutte queste autoreggenti che me ne faccio? Sono una calza-dipendente, una collezionista.
Una che si metterebbe l'autoreggente anche sotto i jeans, e l'ho fatto, e lo faccio, perché non so ma mi ci sento bene.
O sono una destinata ad invecchiare accumulando, non rifiuti, ma montagne di calze di nylon e microfibra e seta, che ci potrei fare una fune e finir chissà dove.

giovedì 12 novembre 2009

Amici di refusi

Beh, anche a me capita di incappare in un refuso, nel mio lavoro.
Mi capita, perchè a volte il refuso si insinua tra le righe e io lo vedo solo il giorno dopo bello e stampato. E mi arrabbio. Oppure non lo vedo ma c'è una persona che me lo segnala. Da anni. Prima lo faceva con la mail, poi visto che siamo diventati amici di Facebook (si è ufficialmente presentato venendo a cercarmi lì, forse per farmi capire che era un essere vivente e non solo un segnalatore di errori) usa i messaggi per segnalarmi gli errori che faccio. Per fortuna non capita spessissimo. Ogni volta lui si scusa alla fine del messaggio, che teme di essere petulante.
Beh, stamattina è passato al mio ufficio, questo signore, e ha chiesto se c'ero. E io c'ero. E allora ci siamo fumati una sigaretta in strada, parlando del più e del meno come due amici. Di refusi.

Debolezze

Superman deve star attento alla criptonite, io devo tenermi lontano dal latte e i suoi derivati. Anche i supereroi han le loro debolezze. Per fortuna, così sembrano alla fine umani pure loro.
Oggi il mio intestino, dopo una settimana di dolori e notti in bianco, ha pensato di risvegliarsi, dopo avermi mandato piacevolmente affanculo per il torpore a cui l'ho costretto, colpa la mia golosità.
Stamattina gli ho fatto il caffè, gli ho dato anche lo yogurt di soia, e un bel kiwi. Ha sbadigliato, mi ha guardato e mi ha mandato a cagare. Facendomi promettere solennemente che d'ora in poi starò lontana dal latte come Superman fugge la criptonite.
"Meglio se ti mangi chili di formiche culone", mi ha detto, tutto serio.
Come non dargli ragione...povero colon.

mercoledì 11 novembre 2009

Mate de coca

Preparo l'acqua, la tazza è già sul tavolo ad aspettare. La bustina tra le mie mani. Annuso, sento netto l'odore di erba forte che mi sale su per il naso. Mi vien voglia di tornare là dove l'ho scoperto. E' una voglia mentale e pure fisica, mi manca la visione dell'infinito che si perde, delle Ande piene di colori. Ero felice. Oggi lo sono ancora, ma è diverso.
Adesso l'acqua sta per bollire, spengo subito. Non voglio che l'impatto sia troppo forte tra l'acqua e la bustina, voglio che si incontrino con lentezza e allora verso piano.
Non ho fretta. Allora, sulle Ande, mentre masticavo per la prima volta quell'erba amarissima, per la prima volta dopo anni mi tornai a sentire in pace. Lo sono anche adesso in pace, ma è diverso.
Aspetto che loro due, l'acqua e il mate, si prendano, si abbraccino e si bacino. Il vapore sale dalla tazza, io ci avvicino le mani per scaldarmi. Mi sento una guardona mentre li osservo amarsi, avvinghiarsi lentissimi, poi l'acqua diventa gialla.
E' il colore del loro piacere, mi viene da pensare e ci rido su e mi chiedo che colore è il mio di piacere.
Non è mai stato dello stesso colore. Un tempo era blu notte. Poi è diventato arancione ma virava all'improvviso sul nero.
Adesso io vedo verde il mio piacere che si espande. Anche il mate di coca era verde, lo è anche adesso, ma è diverso.
E finalmente bevo, con calma, senza fretta, che non ho nessuno che mi corre dietro. Rallento e mi fermo, scendo dalla giostra del mondo che corre, e mi fermo a sorseggiare il mio mate.
Qui, adesso, come allora. Ma è diverso

domenica 8 novembre 2009

Tentato suicidio

Io con il mio intestino ci baruffo da anni, devo sempre star attenta al colon che si incazza ed è tutta colpa di questa intolleranza grave al lattosio che mi costringe a tante rinunce e pure a girar con le pastigliette perché il lattosio E' praticamente in ogni cibo che mi piace.
Uno si abitua, sì, ma io sono scema e alle restrizioni ogni tanto reagisco: allora martedì c'è stata la pizza con la bufala ( più 2 pastigliette), ieri sera il risotto al baccalà mantecato ( più 2 pastigliette) e un assaggio di struffoli con il pecorino di fossa ( diosanto lo amo) ma io ero già costipata da giorni, che il cambio climatico mi fa male all'intestino, e allora passo dagli amici del bar e prendo una tisana detox e si parla di acciacchi, come una banda di pori vecchi, e viene fuori che mi dicon: Dai, tieni un bicchiere di latte fresco da portarti a casa, lo bevi e visti i tuoi noti problemi, stai bene subito. Vedrai.
Io che ero stanca, mi son detta, ci provo. Cosa vuoi che sia...
E sono finita alle 4 di mattina con il telefono in mano, decisa a chiamare il 118 per denunciare il mio tentativo di suicidio e supplicare una lavanda gastrica. Ziocanea.

sabato 7 novembre 2009

Blogroll

Si chiama blogroll questa cosa dove nel mio blog ci sono i richiami ai blog di altri. Che sono quelli che io leggo di più, che è gente che mi piace cosa scrivono e quello che raccontano. Ce ne sono altri che mi piacciono, ma per pigrizia anzitutto, non li metto tutti subito nel blogroll.
Ecco, io quando mi prende la curiosità, vado ad esempio sul blog della sidgi, che è amica mia, e arrivo ad altri che lei legge e che mi incuriosiscono. E' successo così con alcuni che oggi sono anche amici e amiche reali, cioè che conosco in carne ed ossa. Che è molto meglio conoscersi così, perché poi quando ti leggi capisci di più.
Il merito non è mio che sono mussa ma della Sidgi, che come ha detto qualcuno più bravo di me è un catalizzatore di affetto. E allora poco importa, volevo dire, se la Sidgi fa bu e il mondo accorre, mentre a me questo non riuscirebbe manco se faccio miao, poco importa _ dicevo _ perché visto che nel suo blogroll ci sono pure io, qualche pigro curioso finisce che passa a trovare me o io vado a trovare lui. Insomma, alla fine è come andar a giocare in un labirinto, divertendosi a scoprire parole e persone nuove.
Ci sono appuntamenti fissi con il mio blogroll.
Vado dalla placida tutti i giorni, anche più volte che mi piace leggermi i commenti di quelli che scrivono da lei.
Vado a vedere che combina Sba e l'ultima dello Zio Bonino, che sono appuntamenti quotidiani.
Passo tutti i giorni da 365albe, soda caustica per l'anima.
Passo dallo Splendido e dalla Chiara ( ah, loro sono nell'altro blogroll, quello dei
racconti. Che loro là non so ci stanno benissimo e so io perché)
Passo da Sergio e dalla Mastrangelina, sbircio sempre quel che fanno Gigi, la Niki e la Simple.

Sono amici miei, anche se alcuni mai li ho visto de musu.

(Non metto i link in questo post perché è bene che andiate a sbirciarlo il blogroll - questo e pure l'altro - e facciate il vostro click pure voi, pigri)

venerdì 6 novembre 2009

Il benefattore

su
Le storie di Mitia
Si ringrazia per l'ispirazione e l'idea crudele
il signor
Dilaudid

Post scriptum

Ps: in una giornata di pioggia, prendi il maglione e l'ombrello e vai a passeggiare un attimo prima di andar al lavoro, che camminare fa bene.
E poi ti fermi davanti ad una vetrina, di un marchio che non ami, ma ti dici che in verde staresti benissimo. E te ne esci con mutande e reggiseno verde muschio e pensi che, non le coccole, ma le Cioccole, quel volersi fondente e umido, di cui parlavi con la tua amica Neropositivo, quando volevamo dare un nome diverso e vero ad una cosa che è roba per telespettatori di una vita finta, è la soluzione.

promemoria per affrontare un giorno di pioggia

1) Le coccole non si chiedono.
2) Mai recriminare, o arrivano o non arrivano (le coccole).
3) Darle fa un effetto analogo ( sì, parlo sempre di quelle)
4) Fuori fa freddo e piove a dirotto, meglio un maglione e un ombrello

giovedì 5 novembre 2009

E intanto mi do allo scambismo

Cosa non si fa per l'immortalità...
Per esempio si gioca con Dilaudid . Siamo gente crudele.

Beh

L'ho scritto alcuni giorni fa del tipo che ha chiamato, anzi è stata della moglie l'idea, il cane Chetamina. Beh, ieri sera era al bancone e l'ho guardato, la faccia da trentenne cresciuto poco e i piercing sul labbro che non lo rendevano mica feroce, solo un pochino mona...E' entrato ad un certo punto, un bengalese con un mazzo di fiori e lui si è rivolto verso di me.
"Mi dai una mano?", mi ha detto.
"A far che", gli ho risposto.
"Voglio portare una rosa a mia moglie, quale scelgo?".
Gli ho dato una mano nella scelta, poi lui ha ammirato la rosa, la teneva ben stretta. Ha pagato la birra e uscendo dalla porta mi ha ringraziato.
"Sai, io mia moglie la amo".
Beh :)

mercoledì 4 novembre 2009

Abbi dubbi

Dubitare, sì, dubitare di tutto quello che riesci a fare, di come lo riesci a fare, di come avresti voluto farlo.
Dubitare, dubitare, sempre.

lunedì 2 novembre 2009

Lei

Lei ha otto anni più di me, è sempre stata la mia vice mamma. Anche oggi, che gli anni sono passati, quando sto male, io scappo da lei. Con lei mi sfogo, con lei urlo spesso, con lei so che posso dire tutto e che mi capisce. A lei racconto la mia felicità in questa vita nuova che sto provando a vivere.
Tutti i cocci rotti della mia vita, li ho scopati via assieme a lei.
E' stata lei a dirmi ad un certo punto che stavo male e che dovevo fare qualcosa e se oggi sto meglio lo devo anche a lei che aveva visto quel che io non volevo vedere.
Quando ha partorito, io ho partorito con lei.
Quando è stata male e rischiavo di perderla, io sono morta prima.
Oggi mentre la guardavo davanti alla commissione d'esame spiegare la sua tesi sulla cartella di analisi del paziente pediatrico, come strumento di aiuto nell'assistenza domiciliare, ho ripensato alle nostre notti da bambine, quando le dicevo buonanotte a ripetizione e mi addormentavo con la paura del buio perché il buio poteva portarmela via.
Mia sorella.

PS: La sorellona oggi a Padova, a 47 anni, si è laureata. Lei, sì, che è una strafiga :)

Solitari

Mi sento sola, in questi giorni.
Cioè non lo sono, sono sempre in mezzo ad un sacco di gente, ma mi sento sola. Mi sento una che è senza un braccio, eppure ci prova ad abbracciare gli altri con un braccio solo. Non ho nulla da recriminare, mi sento così.
Ho come un buco nello stomaco ma se ci metto la mano dentro e cerco di raccontarlo non ci riesco.
Ultimamente mi capisco al volo solo con gli animali. Loro mi guardano, sentono forse che mi sento sola e mi vengono vicino. E' successo con un gatto, l'altro giorno, era piccolo, aveva tre mesi ed era rosso come Isidoro. Tanto che l'ho chiamato così e lui mi si è strusciato contro come se fossi perfetta.
Mi è successo stasera incrociando il capoccione di un pitbull nero, che aveva 6 anni e la testa il doppio della mia, e che portava a spasso una tossica gentile all'una di notte.
Si è sbranato un pacchetto di grissini e mi ha guardato con due occhioni neri, da cane solitario, buono, in un corpo pauroso.
Non siamo tanto diversi, in fatto di crudeltà, noi due.

domenica 1 novembre 2009

Nomi

E' entrato nel bar degli amici mentre facevamo festa, che uno di noi invecchiava. E' entrato con questo orsetto nero e marron al collo, dolcissimo. La testa nascosta nel giaccone del suo padre. Un cucciolo di Rotweiler, si scrive così?, di tre mesi tre. Un amore di cane, insomma.
"Che bello, stupendo questo cane, come si chiama?"
"Mia moglie ha voluto chiamarlo Chetamina".
Poi, il silenzio.
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