Non la uso spesso quella parola.
Neppure al singolare. E già non troppi anni fa, quando non era inflazionata, la
impiegavo di rado. Quasi che utilizzarla equivalesse a mostrare il fianco, un
lato del proprio intimo e delle proprie debolezze. Un modo di ragionare da
medioevo, d'accordo, ma che aveva rispetto per la parola. Se uno la
pronunciava, si capiva che stava dicendo qualcosa di importante, da prestarci
attenzione. E allora si ascoltava.
Poi i media (in particolare i
talent show e le trasmissioni del primo pomeriggio) iniziarono ad abusarne.
L'omonima canzone di Lucio Battisti era proposta fino alla nausea. Un vero
bombardamento, con conseguente inflazione e perdita di valore. I maligni
riuscirono nel loro oscuro intento. Oramai mi basta sentire quelle otto lettere
perché l'intero discorso che le contiene cada e perda di valore, salvo
eccezioni. E sì, non c'è un sinonimo egualmente efficace. “Sentimenti” è
qualcosa di differente, ha altre implicazioni.
Questo però non significa che non
provi mai nulla e che non abbia nulla da dire in merito. Farlo bene, parlarne
come si dovrebbe, però, non è facile. Né si può sempre essere in vena per
farlo. Ma se ci tolgono pure le parole, che ci resta?
3 commenti:
Tranquillo, le parole non ce le toglie nessuno. È la fonte da cui provengono a determinarne il peso. Una certa parola pronunciata da un reality o da una voce cara non ti sembrerà nemmeno la stessa. Del pari, non trattenerla quando la voce cara sei tu.
ha ragione Raffa, non è tanto la parola, quanto come la usi, come la pronunci, in che contesto. e dilla, dill semopre, ogni volta che ti scappa :)
le parole sono utili contenitori, ma come tali hanno dei limiti: se sono trasparenti puoi intuire con buona approssimazione il contenuto, che, comunque, è sempre una porzione della realtà.
Posta un commento