"Volete vivere in eterno? Sì, si può vivere nell'eternità. Io ci credo perché sta scritto qui, nelle Scritture". Mi mancava il predicatore da autobus, con la Bibbia inserita nel porta-libro in similpelle, gli occhiali, la bocca sdentata e lo sguardo perso nelle sacre Scritture. Sto viaggiando dentro un autobus scassato, con le marce che saltano ed un corroborante sottofondo di acciaieria, e all'improvviso sento di non aver scampo. Dentro il bus con me, in viaggio verso un bel parco marino colombiano, c'è il mondo. Nel senso che dentro il mezzo di trasporto ( che non sai come possa ancora muoversi, tanto è mal messo) c'è un numero indefinito di persone. I passeggeri rimasti in piedi, ad ogni posto di blocco, su segnale del bigliettaio, si accucciano a terra per evitar lo sguardo del poliziotto di turno che sorveglia la strada.
Viaggio tra anziani e bambini ed un numero imprecisato di oggetti: un fascio di tondini di ferro della lunghezza di oltre due metri; due materassi arrotolati ( che alla bisogna diventano sedili); svariate valigie di stoffe che tu credevi non fossero più in commercio da decenni; una borsa piena di piante ( alcune se hai sete le puoi usare, strappi una foglia e te la succhi come fa mezzo autobus) e ancora, sedie e tavolini, pacchi dall'odore eccessivo.
Il predicatore da autobus si mescola tra i passeggeri, poi quando il bus è in aperta zona montuosa, tutte curve, si alza, brandendo come una spada la Bibbia nel porta-libro in similpelle nera. E chiede perché non credi che esista una vita dopo la morte, che ci sia l'eternità per chi crede in Dio. E ogni tre parole, parte lo sputino, verso i passeggeri delle prime file, bloccati tra materassi e valigie, incapaci di fuggire.
E io sono in primissima fila e ho in corpo ancora i due Coco-loco che mi sono bevuta la sera prima. Sono ancora alle prese con i conteggi sulla possibile concentrazione di ron che ci può star dentro una noce di cocco piena di latte, e la mia mente , davanti a quelle minacciose parole, si mette a vagare, cercando una via di fuga. E penso cosa potrebbe fare il ragazzino del sedile davanti a me, che va a scuola con un machete attaccato alla cintura, se si trovasse, ancora ubriaco di ron, dentro un bus colombiano stipato di umanità e con il motore che sta tirando le cuoia in salita sulla montagna, in risposta al predicatore che gli urla nelle orecchie che sarà perduto se non crede, come lui, nella Bibbia, solo perché lì c'è scritto che avremo una vita eterna. Me lo immagino come il figlio della Sposa, che alla katana preferisce il più rude machete, assumersi il ruolo di vendicatore indio, per disboscare il bus dal predicatore inopportuno. Invece il ragazzino resta fermo, sicuramente manco ascolta. A me hanno messo il ron nel Coco-loco, a lui avran dato il bromuro per fargli sopportare, tutti i giorni, un viaggio simile.
"È vero, zio Stojil, ho visto una fata che ha trasformato un tizio in fiore." "Meglio così che il contrario," risponde Stojil senza togliere gli occhi dalla scacchiera. "Perché?" "Perché il giorno in cui le fate trasformeranno i fiori in tizi, la campagna diventerà infrequentabile."
Fatacarabina
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