Fatacarabina

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domenica 25 gennaio 2009

Le mie tasche

Ho le tasche che pesano. Sono piene di sassetti. Alcuni sono verdi come l'acqua del fiume e brillano come solo la soddisfazione può illuminare. Altri sono scuri, quasi neri, detriti degli errori che finisci con il commettere, per scelta o per paura, per incapacità di capire. Svuoto le tasche, conto i sassetti, li divido per colore. Ma non butto quelli neri, e neanche sto a calcolare se sono di più di quelli verdi. Metto in fila i sassolini, ci gioco e compongo un mandala nero e verde. Anche il mio cervello oggi è nero e verde.
Vorrei avere anche io un mandala dentro la testa e non un sacchetto pieno di sassolini, buttati alla rinfusa. Vorrei aver chiaro perché a volte ho la capacità di apparire insensibile, quando invece non lo sono mai.
Vorrei aver chiaro perché a volte chiedo abbracci e ottengo invece schiaffi.
Vorrei aver chiaro perché a volte se parlo finisco con l'infastidire.
Vorrei aver chiaro perché a volte credo di regalare gioia e invece produco solo sterco.
Qualcuno potrebbe dirmi che dalla merda nascono fiori bellissimi. E io invece oggi con questo sacco di letame potrei solo costruire una diga per arginare le emozioni. Ed evitare così che mi inondino.
Sarebbe la via più breve. La ferita che mi sono procurata nell'ultima nuotata nel torrente mi ha lasciato un livido doloroso.
Ma nel facile non è detto che ci sia il giusto e non ho voglia di barriere costruite solo per non vivere come voglio.
La diga non è un mandala. La diga è una barriera e basta, il mandala invece è fantasia della creazione, arte della mediazione.
E allora non li tocco questi sassi neri e questo cumulo di stallatico mentale. Li lascio nelle mie tasche, in un punto preciso del cervello, mescolati ai ciottoli verdi di quello che come donna e persona in questi anni sono riuscita a realizzare, trasmettere, regalare, donare.
Un giorno un mandala prenderà forma da questa confusione.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

C'è tanto, troppo di qualcosa in queste parole. Non so definire bene cosa. Un miscuglio tra
dolore, nostalgia, malinconia. E' come leggere un libro di poesie su una collina deserta e
circondata dalla foschia invernale. Intorno silenzio, ma ogni parola che mandi giù rimbomba
forte e stride e scalpita. Strana sensazione.

fatacarabina ha detto...

Io racconto in questo blog sensazioni ed emozioni, che a volte sono mie e molto spesso invece no. Non serve cercare qui di capire a chi appartengono. E' un esercizio inutile. Perché quando le scrivi, le emozioni diventano di tutti. E uno può ritrovarcisi impantanato dentro oppure sentirle strane.

Anonimo ha detto...

Wrong. Le emozioni non diventano di tutti. Le puoi condividere...al 90%. Il resto, quello che ti preme dentro e ti cade sulla tastiera o sulla carta, è tuo e solo tuo. Nemmeno se sei Neruda riesci a far rivivere in toto quello che senti e che ti spinge ad urlare, piangere e ridere. Ed è giusto così imho.

Anonimo ha detto...

PS: Cercare di capire...non è mai un esercizio inutile ;)

fatacarabina ha detto...

Diventano di tutti, nel senso che ognuno le interpreta a seconda delle proprie esperienze personali.
Io in questo blog scrivo, soprattutto racconti. Così è.

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