Stanotte ho sognato il lenzuolo della mia infanzia, quello sotto cui andavo a nascondermi per leggere e pensare e inventarmi storie, quando ero bambina, e non volevo sentire le discussioni, di là.
Mi nascondevo sotto la stoffa del lenzuolo e mi pareva, lì sotto, che non sentivo più niente e potevo essere quello che volevo. Una fata, una principessa, una dei tre moschettieri, l'amica di Moby dick, la balena; la damina delle commedie di Goldoni, la sperimentatrice dei primi timidi ormoni.
Era come una tenda, quel lenzuolo; era un rifugio. Silenzioso.
Tranne quando mi mettevo, io, a cantare.
Nel sogno di stanotte c'era una voce, però, che mi parlava piano piano e mi diceva di stare tranquilla.
E poi mi ha cantato una canzone.
"È vero, zio Stojil, ho visto una fata che ha trasformato un tizio in fiore." "Meglio così che il contrario," risponde Stojil senza togliere gli occhi dalla scacchiera. "Perché?" "Perché il giorno in cui le fate trasformeranno i fiori in tizi, la campagna diventerà infrequentabile."
Fatacarabina

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