Fatacarabina

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domenica 18 gennaio 2009

La stella alpina

"Perché sei venuta a letto con me? ". Davide fissava Marta, in attesa di una risposta. Che tardava ad arrivare, troppo. E anche se si trovavano spalla a spalla, nel letto dove fino ad un quarto d'ora fa si erano divertiti, quel silenzio stava costruendo un muro di mattoni marroni per dividerli. Lui non capiva e chiedeva, lei non rispondeva.
Anzi, Marta pensò bene anche di girargli le spalle, ficcando la testa sotto il cuscino e mettendosi a guardar la porta della stanza. Senza rispondere.
Davide, stanco, fece altrettanto. Il sonno li avrebbe ammansiti tra poco, pensò, e domattina avrebbero visto tutto in maniera diversa. Non ci credeva ma voleva crederlo. Marta invece aveva la testa a centinaia di chilometri da quel letto sfatto. Dove? Mica lo sapeva Si tirò addosso le coperte. Aveva freddo e non aveva nessuna voglia di parlare e soprattutto di spiegare perché si ritrovava nel letto di uno che conosceva da poche ore e di cui in pratica sapeva solo nome, età, professione, indirizzo di casa. Lei sapeva che mentre baciava, toccava, sfiorava il corpo di Davide in realtà non pensava affatto a lui, ma a Samuele, che se ne era andato la settimana prima senza un motivo apparente: improrogabili impegni di lavoro. Samuele l'aveva chiamata il giorno prima per avvisarla della partenza, senza lasciarle il tempo manco di un saluto. E finora non si era fatto sentire. Non una telefonata, non una mail. Aveva lasciato nella cassetta della posta del suo palazzo soltanto una busta con all'interno una stella alpina, infilata in un sacchettino di cellophane. Ed un bigliettino. "Quando torno, parliamo".
E Marta aveva passato i giorni seguenti senza parole e lacrime. Tra amici ci si lascia con il sorriso, ci si cerca quando si può. Non si puntano i piedi. Ma c'era quella notte passata svegli a guardar vecchi film e a bere vino rosso, con il plaid condiviso e poi c'erano stati i sorrisi, l'addormentarsi abbracciati sul pavimento, mezzi ubriachi, e poi al mattino, invece dei saluti di rito, mentre Marta, che si era svegliata per prima, si faceva la doccia, Samuele era entrato nel bagno, si era spogliato e si era infilato nella vasca con lei. E avevano fatto l'amore in un modo lieve e delicato, che Marta ogni volta che ci pensava ancora aveva i brividi. Poi Samuele non aveva più detto nulla. Dopo pochi giorni era partito. E lei si era sentita di colpo sola e passava le notti a guardar vecchi film e a bere vino, avvolta nel plaid che non era più condiviso ma solitario. Non perché lei si sentisse abbandonata; no era perché lui non avrebbe condiviso niente con lei. Le risate, le letture, i film, la bottiglia di vino, le discussioni avvincenti su qualsiasi argomento. Era amore? No, era affetto. Marta aveva voglia di chiedere, ma se Samuele non c'era, il dialogo era un monologo assurdo. E lei parlava solo a sé stessa, ponendosi domande senza risposta perché mancava l'interlocutore. E con le domande, cresceva il fastidio per una assenza che pesava. Ad ogni doccia, ad ogni film visto avvolta nella coperta. E nel letto, di notte, quando la fantasia corre veloce prima del riposo, e risenti a volte nitide le sensazioni più piacevoli e forti. Era come se la presa delle sue mani fosse entrata sotto la pelle e fosse rimasta lì, mollando calore poco a poco. Qualcosa Marta doveva fare e la festa a casa di amici con un invito allargato a tutti i conoscenti possibili, le era sembrato il modo migliore di liberarsi dal pensiero di Samuele, dal suo profumo.
Per una sera non ci avrebbe pensato. E infatti fu l'anima della festa, ballò per ore con le amiche con una sana allegria da quindicenni. E poi arrivò Davide con i cocktail, le battute e gli apprezzamenti. E con la sbornia che avanzava, la distanza tra loro si era ridotta. Lei ballava senza pensieri e lui la cercava, la tirava a sé e Marta non aveva voglia di resistere. E si lasciò andare. Quando Davide la portò a casa e la spogliò e poi le accarezzò a lungo il corpo, Marta non c'era per davvero. Lei era di nuovo nel bagno, sotto la doccia, con Samuele. Chiuse gli occhi, fece uno strano sorriso e ricambiò il favore a Davide ma tutto quello che faceva, con la bocca e le mani, non lo faceva a lui, ma a Samuele.
Un gioco perverso di presenza ed assenza, un corpo che agisce scollegato da una mente che si alimenta di un desiderio che in realtà è altrove. Per questo alla domanda di Davide, Marta scelse di non rispondere. Sarebbe stato decisamente difficile dirgli che aveva fatto l'amore con lui solo per non dimenticare un altro uomo.
Si svegliò la mattina più serena, anche se il mal di testa le rendeva difficoltoso il passo. Si avviò in bagno e si spogliò, pronta a farsi una doccia. Aprì la tenda di plastica e rimase a bocca aperta. Nudo, intento ad insaponarsi le spalle, c'era Samuele. La faccia sbalordita di Marta rivelò i suoi pensieri imbarazzati ma anche le mille domande rimaste senza risposta. "Che ci fai qui?", le chiese Samuele.
"No, che ci fai tu qui _ ribatté Marta _ non eri via per lavoro? E che ci fai a casa di Davide?". "Siamo coinquilini, io abito qui _ le rispose Samuele, ridendo _ E sono tornato ieri sera. Ho visto che dormivate e non vi ho svegliato". Marta sentiva la pelle della faccia scottare, come in preda alle febbre e desiderò tanto di esser capace di sparire. Ma non era un super-eroe.
Invece aveva davanti l'uomo che desiderava e che aveva capito benissimo che la scorsa notte lei e Davide avevano fatto sesso. " Ti sei divertita?". Le parole di Samuele le echeggiarono in testa formando un eco, come se sotto la corteccia cranica non ci fosse più materia grigia, ma il vuoto. "Ti piace, Davide?". Samuele proseguiva nelle domande e Marta taceva ma sentiva che erano in arrivo le lacrime. Samuele le posò una mano sulla spalla. "Sì, ci siamo divertiti ma non ho fatto l'amore con lui, nella mia testa l'ho fatto con te", disse Marta con un filo di voce e vergognandosene. "E ti è piaciuto", le rispose Samuele accarezzandole i capelli. "Sì, tanto", replicò Marta oramai incapace di pensare prima di parlare.
Lui la attirò a sé dentro la vasca e la abbracciò. "Dobbiamo parlare, dopo". E tirò la tenda.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

bel racconto, fata, ma parlare dopo?

L'avvocatessa ha detto...

Molto bello. :)

fatacarabina ha detto...

grazie avvocatessa.
Simple, dopo potrebbero anche decidere di non parlare e continuare così. Oppure si diranno tutto quello che vorranno facendo l'amore e sarà come un lunghissimo colloquio, o ancora parleranno fino a notte fonda. Ma il desiderio sarà con loro

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