Fatacarabina

Fatacarabina

domenica 3 ottobre 2010

Dalla merda nascono i fiori

Di lui, Zaher ho già scritto un anno fa e lo rifaccio adesso, perché da oggi il mio Comune apre al pubblico il bosco a lui dedicato. Zaher era un immigrato clandestino, è morto due anni fa. Soprattutto, era un ragazzino che cercava una occasione per vivere una vita diversa. Ha rischiato. Ha perso.

Ecco, l'iniziativa del mio Comune è molto bella, è una piccola cosa che lascia un segno e merita in questi tempi bui in cui è diventato facilissimo associare il Nordest al peggio. Certo viviamo in mezzo a fior di esempi  negativi, ma ci sono isole, dove arrivi e non ti prendono a calci in culo preventivamente se dici che arrivi da oltre il Po. Come diceva De Andrè? Dalla merda nascono fiori.  Magra consolazione, vero? Certo, ma dopo tanti quotidiani esempi negativi, eccone uno positivo. Piccolo ma che brilla.
Di quelli che ti fan pensare, che rischiando, si può ancora sperare.
Da oggi chi entra in quel parco, che deve crescere certo e ha gli alberi piccoli,  penserà che quest'area verde, non è dedicata ad un fuorilegge ma ad un ragazzino, che cercava la felicità.
Se passate da queste parti, magari, ci andiamo assieme a far quattro passi. Metti che ci venga voglia a tutti di rischiare di essere felici.
Anche questo è Nordest.  

12 commenti:

Galatea ha detto...

Lo so che sono ripetitiva. Ma se tu scrivi sempre cose belle, io che posso dire se non "bellissimo"? E' colpa tua, sappilo.

fatacarabina ha detto...

Colpa mia? Ok :)

Gilgamesh ha detto...

Diceva dal letame, ma solo per questioni di metrica: un giorno spero di poterti far vedere la maglietta che ho comprato al Porto Antico di Genova in occasione del ViadelCamp; riporta proprio quel verso in bei caratteri bianchi su fondo rosso. Inoltre baci.

Anonimo ha detto...

Letame, vero.
Baci anche da qui

fata

Niki ha detto...

Hai ragione, ma sai cosa succede? Che i fiori in mezzo al letame spesso perdono il loro profumo. Ti faccio un esempio: la scorsa settimana parlavo con mia zia, che abita dalle tue parti. Mia zia ha 11 anni più di me, è sensibile a certe tematiche, non si identifica certo con certi abitanti del nordest eppure, parlando di futuro e di giovani e di come mi sentissi sfiduciata a proposito, mi ha risposto: "Qui lavorano tutti". Ti confesso che sono rimasta un po' così. Se una persona come lei non riesce a non andare al di là di quanto succede nel proprio orticello, a non percepire il quadro generale anziché considerare la singola tessera del mosaico, come possono farlo gli "altri"?
Il parco crescerà, i bambini andranno lì a giocare, ma probabilmente nessuno spiegherà loro il perché si chiama così, e pochi saranno in grado di raccontare la storia di Zaher, perché per cambiare le cose ci vuole la volontà vera e di quella ne vedo pochissima in giro, lì come altrove, specialmente quando si tratta di metter mano al proprio orticello.

fatacarabina ha detto...

Spiace per zia, Niki, ma qui mica lavorano tutti e la questione comincia a risaltare evidente anche a chi si fodera gli occhi di prosciutto. Magari tanti lo dimenticheranno Zaher, ma io continuo a sperare che qualcuno se lo ricordi. O almeno ci sarà qualcuno pronto a farlo. Il rischio, appunto.
Baci

fatacarabina ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Van deer Gaz ha detto...

Essendo che son molto radicato sul territorio, direi "Um pìs. T'ni bòta. burdèl"
(dal romagnolo "Mi piace. Tenete duro, ragazzi.")

fatacarabina ha detto...

Bello Van, da noi si dice "Duri i banchi" :)

Calzino ha detto...

Hai fatto bene a ricordarci che le mosche sono anche bianche. Grazie!

PuntoFranco ha detto...

Zaher e la sua speranza schiacciata, sarà ricordato se noi tutti, che oggi ricordiamo, sapremo non distrarci e continuare a raccontare, troveremo la pazienza per parlare a chi non vuole ascoltare. Fondamentale per questo sarà l'aiuto di chi sa raccontare bene come te.

Sergio ha detto...

Ci porti a me la Iena e la Silly, un giorno?

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