Fatacarabina

Fatacarabina

mercoledì 31 dicembre 2008

Ma tu cosa sai...

Mi chiedi se va bene, certo che va bene. No, non va tutto bene. Certo respiro, muovo gli arti superiori ed inferiori senza difficoltà. Un infarto non mi ha ancora steso, ma non per questo tutto deve esser perfetto. Tutto deve andare bene per forza? No, non è così. E soprattutto mio caro, non va bene perché tu non hai voglia di preoccuparti, di interrogarti. Su di me. A volte preferirei, caro mio, che non mi chiedessi niente. Tanto non è difficile intuire che è quel che vuoi sentirti dire. Tutto bene, tutto facile. Certo mica è successo niente. Non ho problemi di salute, non sono in difficoltà economiche gravi, un tetto sotto cui vivere ce lo abbiamo, e pure la macchina e il computer. Viviamo sereni, per ora. Ma tu il tuo tutto bene dovresti abbandonarlo nel cassonetto giù in strada quando sali le scale, sempre più tardi la sera, entri in casa, vai in bagno e poi vieni a letto. Senza un sorriso, senza un reale interesse. Non mi vedi, e allora come fai a chiederti se sto bene, se non ci sono? Non ho voglia di polemiche, è tardi, meglio girarsi dall'altra parte e dormire. O almeno far finta mentre il mio stomaco monta come un caffè che esce dalla caffettiera. Non è affatto consolante, questo gorgoglio scuro dentro di me. Il mio corpo esiste e pure il mio cervello, ma senza un tuo sguardo, di fatto mica esisto. Non ci sono qui, in questo letto, che è freddo e silenzioso e non diverte e non rasserena, neanche se ci provi a pensarlo ed auto-importelo, che è una gioia. Non si parla, non ci si guarda, non ci si sente, non ci si vede. Ho pensato fosse utile non fartelo pesare, che stavi male, che non ti sentivi realizzato. Ho pensato di star immobile ad attendere. Ma proprio questa immobilità mi ha reso prigioniera della tua incapacità di vedere, di non sentire che qui accanto in questo letto-galera, non c'è uno scaldino che accendi quando ti serve, ma una persona che ti cerca, ti desidera, che ha bisogno di te. Nello scontro tra bisogno e non bisogno, perde il primo. Tra l'immobile e il mobile, vince chi sta fermo, in amore chi fugge. Vinci tu, che non ci sei. Perdo io che non ci sono.

1 commento:

vix ha detto...

pffff...sbuffo di posti conosciuti, angosce sottaciute e sottaceto, che si rinfacciano, indigeste, afasia apatica e antipatica.
ma perdere no, non è una cosa reale.
la sicurezza è una necessità, non una realtà oggettiva.
si può restare senza, ma anche, essere convinti di averla. e non c'è differenza.
abbandona l'illusione di controllare alcunché della tua vita.
così mi ha detto, un sant'uomo visto una sola volta.
e io lo ringrazio ancora.

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