Fatacarabina

Fatacarabina

mercoledì 3 dicembre 2008

la lettera - un racconto

Man mano che il livido si allarga sul collo, trasformandosi da un lungo segno rosso ad un ematoma nero, capisco che è ora di andarmene. Ci ho messo una notte, avevo bisogno di pensare dopo un pomeriggio passato a piangere. Forse tu non potrai mai capire, ma ho passato tutta la notte in salotto a pensare di riuscire ad aprir la porta ed andar via. Scendere le scale, raggiungere strada, salire su un qualsiasi bus e taxi. E respirare. Guardavo la porta, la chiave nella serratura e mi immaginavo tutte le azioni. Girare la chiave, aprire, camminare giù per le scale, aprire il portone e respirare. Per questo te lo scrivo, affinché tu sappia e , ma non pretendo tanto, capisca. Sono rimasta tutta la notte a piangere sul divano del salotto. Sognando di andarmene e disperandomi per ogni pensiero che invece mi diceva di restare, perché l'affetto che ancora provo per te mi diceva che saresti cambiato. Ma l'amore a volte è un pessimo consigliere. Quando arriva il presto? Alla fine è solo un concetto adattabile ai nostri personali egoismi. Non è garanzia di cambiamento, non porti addosso alcun certificato di garanzia che mi assicuri che cambierai in uno o due giorni. E io, che per amore potrei resistere una vita, ti dico che quella porta la apro, e vado fuori a respirare. Perché l'amore non è più così importante, perché con gli anni è diventato affetto e abitudine alla tua presenza nel mio letto, ai tuoi gesti poco gentili, alle tue battute sul mio corpo che invecchia. Un corpo che dici di disprezzare ma di cui sei geloso.
Dove l'ho messo l'amore? L'hai ucciso tu, con le tue mani. Giorno dopo giorno, con le tue inutili gelosie, con i tuoi schiaffi talmente ben assestati da lasciarmi rintronata per ore. Schiaffeggi bene, questo potrebbe essere anche un complimento, se non fosse che quei colpi sul mio viso sono sempre stati gratuiti, immotivati. E quando l'altra notte, mi hai stretto forte il collo, io ho smesso di respirare. La paura mi ha bloccato i polmoni, li ha resi immobili ed afoni. Da allora non parlo, non respiro, non vivo. E' questione di sopravvivenza, a questo punto. Un altro minuto, vicino a te, e anche il cuore potrebbe fermarsi. Ecco, cosa significa presto per me. Aprire subito, adesso, quella porta ed uscire a respirare, senza guardarmi indietro. Senza pensare che all'inizio tra noi era amore e passione. Senza sentire le risate dei ricordi. Oggi, in questa casa, c'è il silenzio. E' come se avessi vissuto questi mesi dentro un bicchiere capovolto, in cui non c'è più ossigeno. E l'amore in queste condizioni, muore. Muore la pazienza e non resta alcuna traccia di comprensione. Resta solo un livido nero sul collo.

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