Le serate perfette. Quelle che partono che non sai come andranno a finire, e poi ti stupiscono per la piega che prendono. Che è spesso quella di cui avevi bisogno e manco sapevi che ti serviva. Baccalà, frittura, pinot grigio, il caffè di Eddy, le ciacole sul mangiar bene, le sigarette Pueblo da provare che sono senza additivi, la marsala e le meringhe alla liquerizia che ti sciolgono dentro e ti fan venir voglia di far l'amore. Ma è il momento delle risate, delle battute sul ristorante giapponese dove si mangiano attributi sessuali, e il vicino di tavolo, che mangia solo ed ha come compagnia solo il cellulare, alla fine si stanca e se ne va. Infastidito da troppa baldanza. Noi lì si starebbe ore a contarsela, a parlar di miele e vino buono, ma poi arriva la stanchezza dell'oste che conta quattro volte i soldi del conto. Lui è stanco, ma gentile, dice che è colpa mia, che lo guardo e lo emoziono. Sa far bene il suo lavoro, non c'è dubbio. E sa perfettamente che torneremo. Non è finita, non si va a casa. Siamo dei professionisti, ce lo dice lui che lo sa come siamo. E allora, visto che lo sa e lo dice, ci si sposta più volentieri. Di poche centinaia di metri. Interno birreria.
Tre chitarre che spuntano non sai neanche da dove. Quattro birre al profumo di "maria" e geranio da smezzare con gli amici. Sai bene da dove arrivano, sei lì per loro. Rock anni sessanta e settanta di qualità. Sgabelli e bagigi. E tu che ti rilassi e canti, anche se le parole in inglese non te le ricordi tutte. E poi il bancone che diventa il bar del porto, dove la gente passa, saluta , si racconta e va. C'è un sessantenne Elvis che colleziona musica, ha 1400 cd e dischi in vinile, e la musica è la sua vita, dice , ma lui non sa suonare forse neanche il campanello di casa a tempo. C'è il capelluto ragazzone che tra poche ore parte per la Polinesia per gestire un impianto ittico e si ubriaca con gli amici, che lo invidiano un pochino e vorrebbero andarsene come lui. Ma loro qui hanno figli, mica donne, ti dicono proprio io non parto per mio figlio, mentre lui, il capelluto, sorride e ti dice che qui non ha niente, se non i quattro fratelli, pure loro girovaghi, e allora si è licenziato e parte. Perché pescare è tutta la sua vita. E' la sua passione, mi racconta. C'è il ragazzo del Petrolchimico, che invidia l'amico, ma sorride e ti chiede di dove sei e si commuove quando si parla del vecchio cinema di Marghera, il Paradiso. Io ci abitavo davanti , lui nello stabile vicino. Ovviamente, non ci eravamo mai visti prima. Lì sai, mi racconta, ho dato il mio primo bacio ed ora non c'è più. E le tre chitarre vanno avanti, scatenate.
"È vero, zio Stojil, ho visto una fata che ha trasformato un tizio in fiore." "Meglio così che il contrario," risponde Stojil senza togliere gli occhi dalla scacchiera. "Perché?" "Perché il giorno in cui le fate trasformeranno i fiori in tizi, la campagna diventerà infrequentabile."
Fatacarabina
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1 commento:
buffo il fatto che se mai un giorno partirò non sarà nonostante i miei figli ma propio grazie a loro. Questioni di prospettive ;-)
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