Fatacarabina

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sabato 6 febbraio 2010

Io e Gabriel abbiam qualcosa in comune, secondo me

Come quello che per prepararsi al tiro con l'arco, prima si pulisce bene il naso, poi prova la respirazione con le orecchie, e stiracchia la retina con uno stretching, così chi scrive a volte ha bisogno di gesti rituali prima di scatenarsi davanti alla pagina bianca. Che se scrivere è un bisogno, anzitutto, anche il rituale lo diventa.
E io mi immagino che la fissa non sia solo mia. Mi immagino Gabriel Garcia Marquez che prima di lanciarsi a scrivere un pezzetto del suo ultimo romanzo, si toglie le scarpe, allenta il collo della camicia e si gratta la testa annusando l'aria di Cartagena, fai te.
Io non penso che son come lui, il Gabriel, ma dico che secondo me io e lui qualcosa in comune ce l'abbiamo, nonostante l'abisso che ci divide. Ed è il rituale ed è il bisogno.
Io quando sento il bisogno di scrivere me ne accorgo perché la storia o il pezzetto di storia comincia a girarmi in testa come una cantilena da bambini. E mi succede che magari sono a cena con gli amici e mi distraggo e allora chiedo scusa, tiro fuori la Moleskine e scrivo due appunti. Ma non basta perché magari mi son esaltata per un dialogo immaginato e quello, seppur abbozzato a penna, continua a restarmi dentro la testa e a me prende una sorta di spissa di andarmene che è simile alla condizione per cui ti scappa all'improvviso quella pipì che la fai e stai bene ma dieci minuti dopo ne senti il bisogno di un'altra. E allora l'unica soluzione è resistere finché puoi, perché non si mollan gli amici su due piedi, non è come andar in bagno, scusate, vai e torni. No appena puoi devi correre a casa. Intendendo per casa un luogo dove nessuno rompe, può essere anche la tromba delle scale di una casa in cui non abiti, in piena notte. Nel mio caso è meglio se vado a casa mia.
Ma mica mi butto subito a scrivere. No, serve areare la stanza e togliersi il più in fretta possibile i vestiti che stringono e restar in ciabatte e maglione o con il kimono se fa meno freddo e sentir l'aria frizzantina che entra dalla porta del terrazzo, anche se fuori c'è la neve, e aver l'acqua, sì, l'acqua del rubinetto bella fredda, da frigo, con il bicchiere vicino. Che non si deve far fatica, sentirsi stretti, aver distrazioni.
E se sai quel che ti serve mica perdi tempo, tanto a sistemar i vestiti e le scarpe ci pensi dopo. Quando ti è passato il bisogno.
E Gabriel mi capisce.

2 commenti:

chiaratiz ha detto...

sappi che se ti dovesse venire la spissa mentre sei con me, basta dirlo e lo capirei :-)

fatacarabina ha detto...

smack chiara :)

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