Fatacarabina

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domenica 6 luglio 2008

Bei posti

Adoro viaggiare, ma poi , alla fine, torno sempre a casa.
Alla mia Mestre.
Una città brutta, diranno alcuni. Il posto dove sono nata e conto di continuare per un po' a vivere, ribatto io , ma anche uno spazio che è in evoluzione continua e che seppur senza vere tracce del suo passato, nasconde dentro di sè delle scintillanti perle.
Che sono fatte anzitutto dalle persone, che animano luoghi e spazi.
C'è un locale, che è tornato a vivere dopo anni di tristezza.
E' il distributore ed è diventato per noi che lo frequentiamo non solo un pub dove andare a dissetarci e rifocillarci ma anche il ritrovo per incontrarci ed incontrare. Non è pubblicità, non me ne frega farla, ma il "distri" è diventato un po' casa mia perchè qui ci si incontra tra amici e si incontrano persone nuove, che finiscono irrimediabilmente coinvolte in discussioni e battute. Ci sono le birre, i panini buoni. Da qualche giorno anche dei libri. Ci sono moto e auto , quarantenni e poco più che ventenni. Ci sono idee.
C'è una libreria, quella di Billi in via Brenta Vecchia, dove trovi dal libro in voga alla piccola perla editoriale, di quelle per appassionati. Una certezza per chi non fa scelte banali.
C'è un centro culturale, il Candiani, che anche se ha una architettura strana, dentro è sempre pieno di iniziative e di idee.
C'è un parco, l'enorme spazio di San Giuliano, nato sopra ad una discarica ed oggi distesa di verde, in crescita seppur lenta, dove è stato meraviglioso sentir suonare i Police.
C'è un ristorantino, i Pirati, dove vale la visita anche solo bere uno spritz sulla verandina da cui intravvedi Venezia e la laguna, a lato del ponte ferroviario.
C'è uno spazio odoroso, la barena che va da San Giuliano, fino a Campalto e passa oltre fino all'aeroporto Marco Polo e via andare, dove è bello correre in bicicletta nel silenzio della natura.
C'è un forte, anzi più d'uno, attorno al centro città. Luoghi un tempo dei militari, ed oggi non ancora davvero dei cittadini.
C'è Marghera, con la città giardino di Emmer che ti nasconde dai fumi e dai capannoni industriali e dove sembra che la morte chimica non possa esser arrivata. Ed invece sbagli perchè qui ha lasciato il segno.
C'è la pista ciclabile di viale San Marco, oggi intervallata ed infastidita dai cantieri del tram ma sempre ombreggiata.
C'è il giardino intitolato, non dalla toponomastica, ma dal sentire comune della gente, al mio adorato nonno.

C'è la mia vita

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