"È vero, zio Stojil, ho visto una fata che ha trasformato un tizio in fiore." "Meglio così che il contrario," risponde Stojil senza togliere gli occhi dalla scacchiera. "Perché?" "Perché il giorno in cui le fate trasformeranno i fiori in tizi, la campagna diventerà infrequentabile."
Fatacarabina

martedì 25 giugno 2013
Paragoni
"Secondo me, te, fata, sei come un piatto di fegato alla veneziana, cucinato alla trattoria dei tuoi amici"
48 ore
Bastano 48 ore per cambiare il passo. Da lento a veloce.
Per far tornare la fame, quella che senti dal fondo.
Per far tornare lo sguardo birichino verso lo specchio e ricordarsi che la pelle è piena di terminazioni nervose e ognuna viaggia autonoma e sa regalare sensazioni che non ricordavi.
Bastano 48 ore per passare da sasso a cascata di acqua fredda che quel sasso lo modella.
E dopo, avete un desiderio: avete bisogno di ore, di tempo, e di acqua e di sassi.
Per far tornare la fame, quella che senti dal fondo.
Per far tornare lo sguardo birichino verso lo specchio e ricordarsi che la pelle è piena di terminazioni nervose e ognuna viaggia autonoma e sa regalare sensazioni che non ricordavi.
Bastano 48 ore per passare da sasso a cascata di acqua fredda che quel sasso lo modella.
E dopo, avete un desiderio: avete bisogno di ore, di tempo, e di acqua e di sassi.
sabato 15 giugno 2013
Sabato
Inizia il doppio weekend di lavoro. Capita, i turni sono così. Ma la sensazione di non avere una domenica libera comincia a pesarmi. Certo, certo, arriverà subito qualcuno a dirmi che è meglio lavorare che non avercelo un lavoro.
Comprendo, è verissimo, mi tocca far parte di quelli che lamentarsi non possono, perché appena ti giri c'è qualcuno che sta peggio e più si sta peggio, più il lamento diventa comportamento inutile, da stronzi.
E quindi non mi lamento.
Non intendo minimamente provarci.
Sono una privilegiata, io. E taglio la testa al toro subito a chi verrà a dirmi che non mi posso lamentare se lavoro due weekend di seguito.
Avete ragione.
Il punto è un altro.
Leggevo l'altro giorno, non mi ricordo dove, che in Giappone le donne cominciano ad andare al lavoro con la mutanda pannolone perché sono sempre di corsa e anche la pausa pipì è diventata un lusso e allora la fanno lì, nel pannolone, e non perdono in produttività.
Poi quando devono uscire con il moroso ovviamente lo tolgono, il pannolone.
Ecco, leggo la notizia, mi parte un sorriso triste che se per lavorare non si può neanche più pisciare siamo messi male, mi dico, noi che un lavoro ce lo abbiamo e per questo non ci dobbiamo lamentare.
Perché è vero che è peggio non avercelo un lavoro, ma è peggio anche lavorare e sentirsi per questo dei privilegiati in un paese la cui Costituzione dice che la repubblica è fondata sul lavoro e non l'hanno mica scritta a caso quella frase perché lavorando ci si può permettere di essere liberi. Ma io ci aggiungerei, in termini generali, che bisogna lavorare bene. Perché lavorare male significa doversi abituare al concetto, che visto che la merda è generale, chi ce l'ha non si può mai lamentare. E un giorno, magari, andrà al supermercato a fare scorta di mutande pannolone.
Non so se mi sono spiegata.
Comprendo, è verissimo, mi tocca far parte di quelli che lamentarsi non possono, perché appena ti giri c'è qualcuno che sta peggio e più si sta peggio, più il lamento diventa comportamento inutile, da stronzi.
E quindi non mi lamento.
Non intendo minimamente provarci.
Sono una privilegiata, io. E taglio la testa al toro subito a chi verrà a dirmi che non mi posso lamentare se lavoro due weekend di seguito.
Avete ragione.
Il punto è un altro.
Leggevo l'altro giorno, non mi ricordo dove, che in Giappone le donne cominciano ad andare al lavoro con la mutanda pannolone perché sono sempre di corsa e anche la pausa pipì è diventata un lusso e allora la fanno lì, nel pannolone, e non perdono in produttività.
Poi quando devono uscire con il moroso ovviamente lo tolgono, il pannolone.
Ecco, leggo la notizia, mi parte un sorriso triste che se per lavorare non si può neanche più pisciare siamo messi male, mi dico, noi che un lavoro ce lo abbiamo e per questo non ci dobbiamo lamentare.
Perché è vero che è peggio non avercelo un lavoro, ma è peggio anche lavorare e sentirsi per questo dei privilegiati in un paese la cui Costituzione dice che la repubblica è fondata sul lavoro e non l'hanno mica scritta a caso quella frase perché lavorando ci si può permettere di essere liberi. Ma io ci aggiungerei, in termini generali, che bisogna lavorare bene. Perché lavorare male significa doversi abituare al concetto, che visto che la merda è generale, chi ce l'ha non si può mai lamentare. E un giorno, magari, andrà al supermercato a fare scorta di mutande pannolone.
Non so se mi sono spiegata.
martedì 4 giugno 2013
Salvavita
Ho delle domande ma non le farò.
Mi appare strana questa sensazione di avere una domanda che, a volte, mi sale per la gola, mi solletica il palato, stuzzica il cervello.
Di solito mi viene naturale fare domande.
Di fronte ai ricordi, invece, scatta il salvavita.
Lui, il cervello, si mette in moto, fa tutti i suoi giri, valuta la situazione, prende la domanda, la appallottola con velocità, la ricaccia sul palato, trattiene uno starnuto, impone di deglutire.
E io mi metto a fare altro.
Mi appare strana questa sensazione di avere una domanda che, a volte, mi sale per la gola, mi solletica il palato, stuzzica il cervello.
Di solito mi viene naturale fare domande.
Di fronte ai ricordi, invece, scatta il salvavita.
Lui, il cervello, si mette in moto, fa tutti i suoi giri, valuta la situazione, prende la domanda, la appallottola con velocità, la ricaccia sul palato, trattiene uno starnuto, impone di deglutire.
E io mi metto a fare altro.
lunedì 3 giugno 2013
Giugno
Al risveglio c'era un poco di sole. Durato troppo poco, il tempo di alzarmi dal letto, stiracchiare la schiena, entrare in bagno e poi regalarmi una doccia.
Calda. Ho il raffreddore, a giugno.
Come ho messo l'accappatoio il sole era già finito dietro una nuvola, regalando un cielo tra il blu e il grigio lieve. Incerto.
Ho fatto sogni strani stanotte, colpa del kebab che ho mangiato ieri sera dopo il lavoro. Sono sicura che la colpa è del piccante.
Un uomo solitamente scorbutico con cui ho spesso a che fare che si è messo in testa di baciare dolcemente la mia guancia. E io stupita da un gesto così incredibile per un animo tanto duro stavo a vedere che succedeva. Non con piacere ma con evidente stupore, come quando sei al cinema per vedere un thriller e ti aspetti, scena dopo scena, il via al massacro.
Ma non c'è stato massacro.
C'è stata una mano che si è anteposta, la mano, non mia, alle labbra che volevano sfiorare la mia guancia. C'è stato lo sguardo dello scorbutico passato dal dolce mieloso all'infastidito.
C'è stato uno spostamento d'aria che mi ha fatto sentire sicura e un colpo di vento che mi ha fatto alzare dalla sedia per correre ad aprire la finestra e guardare fuori e c'era un cielo come oggi, incerto, tra il blu e il grigio.
Calda. Ho il raffreddore, a giugno.
Come ho messo l'accappatoio il sole era già finito dietro una nuvola, regalando un cielo tra il blu e il grigio lieve. Incerto.
Ho fatto sogni strani stanotte, colpa del kebab che ho mangiato ieri sera dopo il lavoro. Sono sicura che la colpa è del piccante.
Un uomo solitamente scorbutico con cui ho spesso a che fare che si è messo in testa di baciare dolcemente la mia guancia. E io stupita da un gesto così incredibile per un animo tanto duro stavo a vedere che succedeva. Non con piacere ma con evidente stupore, come quando sei al cinema per vedere un thriller e ti aspetti, scena dopo scena, il via al massacro.
Ma non c'è stato massacro.
C'è stata una mano che si è anteposta, la mano, non mia, alle labbra che volevano sfiorare la mia guancia. C'è stato lo sguardo dello scorbutico passato dal dolce mieloso all'infastidito.
C'è stato uno spostamento d'aria che mi ha fatto sentire sicura e un colpo di vento che mi ha fatto alzare dalla sedia per correre ad aprire la finestra e guardare fuori e c'era un cielo come oggi, incerto, tra il blu e il grigio.
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