Ultimamente parlo spesso da sola.
Non mi scompongo, l'ho sempre fatto il parlarmi, solo che ultimamente lo faccio di più. Mi dico parole dolci, a volte mi dico parole dure, mi guardo allo specchio e mi faccio di quei discorsi che sono dialoghi con me.
E' un pochino come faccio con le mie piante, che ci parlo per farle crescere sane.
Non lo so, ora, se sto crescendo sana, io.
So che mi parlo tanto, mi dico cose sottovoce, mi tiro schiaffi o pacche sulle spalle, alla bisogna.
Non che non parli anche con gli altri, io è difficile che non dico quello che sento, ma ci sono dialoghi diversi, diaframmatici, che posso fare solo con me.
E non si chiama solitudine, ma prendersi cura di noi stessi e dei sentimenti che proviamo, che a volte meritano scudisciate, altre volte carezze leggere.
Parlandomi sto imparando un pochino a sopportarmi, a dirmi "ti perdono", come facevo da piccola quando finivo in castigo.
Fossi meno testarda, meno convinta che quello che sento esiste ed è vitale, per me, forse potrei anche invitarmi fuori a cena.
"È vero, zio Stojil, ho visto una fata che ha trasformato un tizio in fiore." "Meglio così che il contrario," risponde Stojil senza togliere gli occhi dalla scacchiera. "Perché?" "Perché il giorno in cui le fate trasformeranno i fiori in tizi, la campagna diventerà infrequentabile."
Fatacarabina
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