Invece delle liste delle cose da fare, sarebbe meglio appuntarsi sul libretto talvolta anche quello di cui si ha bisogno. Non tanto perché il dovere sia alla fine molto meno divertente del piacere, ed è sacrosanta verità, ma perché è il piacere a connotare chi siamo.
E quindi dobbiamo dircelo, dentro di noi, cosa abbiamo bisogno. Per sapere chi siamo.
Cogito, ergo sum. Desidero, ergo sum, anche.
Mi vengono paragoni forti, ma sto leggendo "American Psyco" in questo periodo, perdonatemi. E quel pazzo che ogni pagina aggiunge uno sclero in più e violenza su violenza, mi elenca solo cose che ha, vestiti, oggetti, corpiduri (che orribile traduzione) che guarda, ma mai che dica in una riga di cosa ha bisogno, cocaina e psicofarmaci a parte.
Mi irrita uno così anche se mi affascina leggerlo tra le pagine di un libro. Forse perché così mi consolo, chiudo il libro e lui resta lì dentro. E invece no, ci penso, che c'è un peso specifico differente tra possesso e bisogno. Il possesso non consola, il bisogno incita.
Forse a lui incita il sangue, il fare male. A me sta molto antipatico ma voglio capire fin dove arriverà.
Io, nel frattempo, in questo periodo ho bisogno di baci. Non sono un dovere, non sono obbligatori, non li ho mai trovati all'angolo della strada, io.
I baci non li comperi al supermercato, non sono cose che trovi in uno scaffale e puoi sceglierne il gusto, con o senza zucchero. Non li puoi catalogare, sono uno diverso dall'altro.
Se il gusto ti piace lo devi scoprire da solo, poi se senti che ne vorresti ancora devi impegnarti a fare in modo che ricapitino sulla tua traiettoria. A volte pensi che sia impossibile, riaverli.
E quando capita, cavolo se capita, io lo so che è come dichiarare una sconfitta.
Un bisogno è così, puoi realizzarlo e coccolartelo; puoi rincorrerlo una vita; puoi tenerlo tra le mani e poi perderlo e lui se ne va, lasciandoti un ematoma addosso.
Adesso che rileggo quel che ho scritto, ci vedo dentro anche tanto il mio personale concetto di libertà.
Una volta ho chiesto ad un mio moroso quale fosse il suo bisogno, lui mi ha risposto: "essere libero".
Non siamo più morosi.
"È vero, zio Stojil, ho visto una fata che ha trasformato un tizio in fiore." "Meglio così che il contrario," risponde Stojil senza togliere gli occhi dalla scacchiera. "Perché?" "Perché il giorno in cui le fate trasformeranno i fiori in tizi, la campagna diventerà infrequentabile."
Fatacarabina
domenica 25 settembre 2011
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3 commenti:
vero!
Ottanta baci ;-)
marco :***
cooksappe : ciao :)
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