Se c'è un detto veneziano che trovo esaltante, e che è anche un album dei Pitura Freska, per dire, è "Duri i banchi". Lo dicevano i vogatori delle navi veneziane alle prese con gli sballottamenti in mare. "Duri i banchi", teniamoci saldi, insomma, per superare la tempesta.
Per la cronaca, i banchi sono le assi di legno su cui sedevano i marinai.
Bellissimo, ogni volta che lo dico sento l'incitazione dentro che si fa avanti e mi vien da guardare verso la laguna, là dove l'acqua sie ore ea cresse e sie ore ea caa.
Anche oggi che per un attimo mi sono sentita nella tempesta, io, che del vento ho imparato a non avere paura, l'ho detto alla mia passione, che mi stava vicino mangiando un pacchetto di crackers.
"Cara, Duri i banchi". E siamo state là, io e la mia passione, sulla panchina. Le ho raccontato anche di quella volta che sul lago Nahuel Huapi c'era la bora e io ho provato a buttarmi in avanti, a cadere, e il vento mi ha tenuto in piedi.
"È vero, zio Stojil, ho visto una fata che ha trasformato un tizio in fiore." "Meglio così che il contrario," risponde Stojil senza togliere gli occhi dalla scacchiera. "Perché?" "Perché il giorno in cui le fate trasformeranno i fiori in tizi, la campagna diventerà infrequentabile."
Fatacarabina
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